In Cina e Asia — Cina e India “fanno pace” per il summit Brics

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Le due nazioni più popolose “fanno pace” per il summit Brics

Ci sono grandi “opportunità di cooperazione” per Cina e India. A pochi giorni dal summit dei Brics (3–5 settembre), il ministro degli Esteri cinese Wang Yi tenta di ricucire lo strappo causato da due mesi di tensioni nel Doklam, la regione contesa da Cina e Bhutan in cui Delhi è intervenuta su richiesta del governo di Thimphu. Il summit, che si terrà a Xiamen sotto l’egida del presidente Xi Jinping, vedrà la partecipazione del premier Narendra Modi e servirà a “accrescere la cooperazione reciproca”.

Nelle ultime ore la stampa d’oltre Muraglia ha salutato il ritiro delle truppe indiane dal Doklam come una vittoria cinese. Un incontro tra Xi e Modi potrebbe servire ad oliare il dialogo tra le due parti, ai ferri corti sul versante Pakistan, Dalai Lama, linea di confine e Via della Seta. L’India è il paese che più di tutti finora si è dimostrato reticente ad aderire al progetto lanciato da Pechino per creare sinergie commerciali attraverso l’Eurasia. Un paio di giorni fa il nazionalista Global Times bollava l’Asia Africa Growth Corridor (AAGC) — avviato da India e Giappone — come diretto concorrente della Belt and Road a guida cinese. D’altronde, da anni l’attivismo di Pechino nei porti del Sudest asiatico viene vista a Delhi come una minaccia di accerchiamento.

Da contadini a “imprenditori”: ecco come la Cina vuole risolvere il problema dei migranti

13 città cinesi (tra cui Pechino, Shanghai e Guangzhou) avvieranno un progetto pilota grazie al quale i contadini saranno autorizzati a trasformare le terre — che nelle zone rurali appartengono alla collettività — in progetti residenziali da affittare. Secondo gli esperti “il piano è stato introdotto principalmente per affrontare il problema della massiccia presenza di lavoratori migranti nelle grandi città, tra cui i 200 milioni che ora vivono in baraccopoli urbane o in villaggi suburbani e i sei sette milioni che vivono nei cantieri”. Da tempo gli analisti spingono per un’inclusione degli appezzamenti agricoli nel mercato della terra, finora monopolizzato dallo stato. Seppur sottoposto a quote prefissate, il nuovo progetto dovrebbe da una parte aiutare ad alleviare la sovrappopolazione delle megalopoli cinesi, dall’altra portare profitto nelle tasche dei contadini, finora soggetti al potere decisionale del capo villaggio.

Secondo le proiezioni del governo, entro il 2020 saranno 100 milioni i migranti ad aver lasciato il luogo d’origine per cercare lavoro nelle grandi città.

Le nuove monete digitali preoccupano Pechino

Secondo il settimanale finanziario Caixin, le autorità cinesi avrebbero in cantiere regole ferree per normare le initial coin offerings (ICOs), in attesa delle quali l’intero settore potrebbe addirittura essere bandito. Le criptovalute consentono transazioni anonime peer-to-peer (senza la necessità di passare per le banche) e sono utilizzate anche da società nella raccolta di capitali sotto forma di ICO o initial token offerings (ITO), ovvero offerte iniziali di criptovalute e/o token messe in vendita attraverso il web per finanziare un progetto appena sviluppato.

Stando alle autorità cinesi, a luglio erano 65 le ICO per un valore di 397,19 millioni di dollari e 105mila persone coinvolte. Ieri la National Internet Finance Association ha dichiarato che le offerte iniziali in monete digitali hanno “disturbato l’ordine sociale ed economico creando rischi nascosti relativamente grandi”. L’armonizzazione del settore finanziario è tra le priorità di Pechino per l’anno in corso. A finire nel mirino non sono stati soltanto i grandi istituti bancari, ma anche e sopratutto quelle piattaforme digitali da cui negli ultimi due anni sono partite le principali truffe.

Tokyo e Seul si armano

Il ministero della Difesa giapponese punta all’approvazione di un budget record da 160 milioni di dollari per il suo arsenale missilistico, nell’ambito di una crescita della spesa militare del 2,5% per l’anno che comincerà il 1 aprile. L’incremento, il sesto di fila, andrebbe a cementare le capacità difensive dell’esercito nipponico, con acquisto di sei caccia F-35, quattro V-22 e ben 90 milioni soltanto per lo sviluppo di missili ipersonici. “La ricerca e lo sviluppo sono per la difesa dell’isola” di Okinawa, ha dichiarato un funzionario nipponico, lasciando intendere che il budget è pensato anche a contenere l’assertività della Cina nel mar cinese orientale – oltre alla provocazione nordcoreane. Anche a Seul, l’ultimo test balistico di Pyongyang ha spinto il segretario alla Difesa Usa James Mattis e il suo omologo sudcoreano a riaffermare il loro supporto all’opzione diplomatica, che tuttavia acquisisce credibilità soltanto se puntellata da una “capacità militare effettiva”. Le due parti si sono dette pronte a rivedere le linee guida stabilite nel 2012 — che limitano Seul allo sviluppo di missili con una gittata di 800 km e un carico esplosivo di 500 kg — mentre non si esclude il riposizionamento di armi nucleari americane a sud del 38esimo parallelo. Chissà se è proprio alla spesa sostenuta da Washington nell’affiancare i propri alleati asiatici che allude Trump nel suo ultimo criptico tweet: “”The U.S. has been talking to North Korea, and paying them extortion money, for 25 years. Talking is not the answer!”