In Cina e Asia – Coronavirus: casi in netto calo. Lo Hubei ricambia i metodi di calcolo

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Appena 349 contagi. E’ il bilancio dei nuovi casi rilasciato giovedì dallo Hubei, in drastico calo rispetto alle quasi 1700 infezioni del giorno prima e il valore più basso dal 25 gennaio. Mentre i numeri sembrano confermare il trend rassicurante degli ultimi giorni, il disavanzo giunge all’indomani dell’ennesima modifica nella metodologia adottata per calcolare i casi. Solo una settimana fa, le autorità locali avevano deciso di includere sia le infezioni diagnosticate con i test kit sia quelle rilevate con la TAC. Una correzione che aveva innescato un improvviso boom di casi (15mila in un giorno solo). Ma nella giornata di ieri anche lo Hubei ha adottato la pratica nazionale che prevede solo una distinzione tra casi  “confermati” e “sospetti”, eliminando la categoria diagnosticata tramite tomografia computerizzata. Mentre il cambiamento sembra finalizzato a una maggiore precisione di calcolo, gli esperti giudicano i frequenti cambiamenti inusuali e fuorvianti. A ridimensionare il calo dei contagi si aggiunge uno studio del New England Journal of Medicine. Secondo i risultati preliminari (quindi da confermare), covid-19 si comporterebbe più come una comune influenza che come gli altri coronavirus e questo ne spiegherebbe la trasmissibilità anche in assenza di sintomi. Di parere simile Wang Chen dell’Accademica cinese delel Scienze mediche per il quale “questo nuovo coronavirus può diventare una malattia a lungo termine, proprio come l’influenza”. Intanto, l’epidemia sembra prendere piede in Corea del Sud, dove i casi sono più che raddoppiati in un giorno solo raggiungendo quota 104. Dei 35 nuovi contagi, 28 sono collegati a una chiesa della città di Daegu frequentata da quello che il Centers for Disease Control and Prevention definisce come paziente n°31, un possibile “super-spreader”. [Fonte: Bloomberg, Reuters]

Il coronavirus “fa bene all’ambiente”

Non tutti i mali vengono per nuocere. Nonostante le già evidenti ripercussioni economiche, anche il coronavirus qualche aspetto positivo ce l’ha. Secondo la no profit Carbon Brief, le restrizioni sui trasporti e le attività industriali finora hanno già ridotto le emissioni di CO2 di 100 milioni di tonnellate metriche, quanto inquina in un anno il Cile. I dati, che coprono le due settimane a partire dal decimo giorno di vacanze per il Capodanno lunare, mostrano come quest’anno le emissioni si siano mantenute sui 300 milioni di tonnellate rispetto ai 400 milioni del 2019. La riduzione è dovuta principalmente al rallentamento della produzione presso le raffinerie e a un utilizzo più contenuto di carbone, combustibile utilizzato nelle acciaierie e le centrali elettriche. Ma anche se il trend dovesse rimanere tale – prospettiva improbabile considerati gli stimoli destinati alla costruzione di infrastrutture -, secondo stime di Bloomberg, le emissioni annue diminuirebbero di appena l’1% . [fonte: Bloomberg]

Coronavirus: a rischio il settore farmaceutico mondiale

L’epidemia di Covid-19  potrebbe causare una carenza di antibiotici a livello mondiale. A lanciare l’allarme è  il presidente della Camera di commercio europea Joerg Wuttke, secondo il quale le misure restrittive impiegate per contenere il contagio stanno compromettendo l’industria farmaceutica cinese, mettendo a rischio le forniture globali.  Mentre l’Europa è uno dei principali produttori mondiali di medicinali, le materie prime utilizzate provengono spesso da Cina e India. Al momento, la European Medicines Agency non ha ricevuto segnalazioni allarmanti, ma se la situazione si dovesse protrarre “per diverse settimane o più mesi, potrebbero insorgere problemi di approvvigionamento”, spiega Adrian van den Hoven della lobby Medicine in Europe. Senza contare le difficoltà incontrate nel condurre le ispezioni necessarie a garantire che la produzione avvenga nel rispetto delle norme internazionali, sopratutto dopo il rilevamento di impurità nei farmaci a base del principio attivo valsartan prodotti dalla  Zhejiang Huahai Pharmaceuticals. [fonte: Reuters, Politico]

Il coronavirus contagia la Belt and Road. La Cina cerca il sostegno dell’Asean

Tra le vittime del coronavirus c’è anche la Belt and Road. E’ quanto suggeriscono le ultime notizie provenienti dai paesi coinvolti nel progetto, dove le restrizioni sulla mobilità adottate in Cina stanno ritardando la costruzione delle opere infrastrutturali. Con il personale cinese e le attrezzature bloccati in patria dopo il ritorno dalle vacanze per il Capodanno lunare, i lavori lungo la nuova via della seta procedono a singhiozzo. Tra le vittime più rilevanti ci sarebbe la ferrovia Jakarta-Bandung, un progetto da 6 miliardi di dollari che vede coinvolto il gigante statale  China Railway International Group. Secondo fonti Reuters, l’azienda avrebbe vietato il ritorno in Indonesia di un centinaio di dipendenti. Anche in Cambogia, l’interruzione delle forniture dalla Cina sta rallentando i lavori di sviluppo della zona economica special di Sihanoukville, fiore all’occhiello dell’attivismo cinese nel paese, mentre in Bangladesh sono diversi i progetti infrastrutturali in ritardo compresa la centrale di Payra. Solo pochi giorni fa il segretario generale della State-owned Assets Supervision and Administration Commission aveva ammesso una certa difficoltà nel portare avanti le attività all’estero. E’ proprio ai partner della BRI che il ministro degli Esteri cinese si è rivolto stamane in occasione di un meeting straordinario convocato da Cina e paesi Asean. Definendo la crisi ormai “sotto controllo”, Wang Yi ha chiesto agli amici asiatici di allentare le restrizioni sui viaggi verso e dalla Cina [fonte: Reuters, Reuters]

Il coronavirus e il flop della propaganda cinese

Mentre, per quanto controverse, le misure restrittive adottate da Pechino per contenere l’epidemia si stanno rivelando fruttuose, la strategia comunicativa si sta rivelando piuttosto catastrofica. Negli ultimi giorni, la propaganda cinese inciampata almeno due volte: prima con la pubblicazione di un video pensato per glorificare il sacrifico del personale ospedaliero. La clip, dal titolo “le nostre guerriere più belle”, mostra una decina di infermiere rinunciare alla propria chioma per prevenire infezioni durante il lavoro. Una trovata che su Weibo è stata definita “umiliante” e artificiosa.  Il secondo scivolone è avvenuto lunedì, quando la Lega della gioventù comunista è ricorsa al Twitter cinese per presentare due influencer virtuali:  Hongqiman and Jiangshanjiao,  coppia animata in  vestiti tradizionali che avrebbe dovuto conquistare l’attenzione dei giovani cinesi e ravvivare il patriottismo in questi giorni di crisi. Il tempismo, tuttavia, è parso a molti fuori luogo. Il post è stato cancellato dopo poco al sopraggiungere delle critiche dei netizen.  [fonte: SCMP]

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