In Cina e Asia – 5G: L’Ue lascia aperta la porta a Huawei

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

L’Unione Europea si allinea alla posizione di Londra in materia di 5G. Secondo quanto stabilito dalle ultime linee guida rilasciate ieri, Huawei potrà avere accesso alla rete dei 27 fatta eccezione per gli asset sensibili e la tecnologia “chiave”.  Nello specifico, la Commissione chiede agli Stati membri di restringere, proibire e/o richiedere condizioni specifiche per la fornitura, la realizzazione e il funzionamento delle reti 5G. Tra le varie raccomandazioni (non vincolanti) c’è la necessità di valutare “il profilo di rischio dei fornitori” e di applicare “restrizioni” a quelli considerati “ad alto rischio”. Saranno quindi opzionabili “esclusioni finalizzate a limitare in modo efficace i rischi” per gli “asset chiave” dell’infrastruttura 5G, sopratutto quando ad essere coinvolti saranno paesi terzi “non democratici”. Gli Stati membri sono invitati a procedere all’attuazione delle misure raccomandate nelle conclusioni del pacchetto di strumenti entro il 30 aprile 2020 e a preparare una relazione congiunta sull’attuazione in ciascuno Stato membro entro il 30 giugno 2020. L’anno appena cominciato – che vede in agenda due importanti vertici bilaterali – potrebbe rivelarsi tanto determinante quanto ostico per le relazioni con Pechino. Secondo un sondaggio del Merics condotto tra 150 specialisti di cose cinesi residenti in Europa, risulta che il 59% degli intervistati prevede un peggioramento delle relazioni con il vecchio continente nel 2020.

Intanto Huawei risponde a un recente articolo del giornale tedesco  Handelsblatt , secondo il quale gli Stati uniti avrebbero condiviso con Berlino informazioni confidenziali che incastrano  l’azienda, rivelando senza dubbio alcuno i suoi rapporti tossici con il governo cinese. Da Shenzhen hanno replicato che si tratta di “affermazioni vecchie e infondate senza prove concrete di sorta.” [fonte: Bloomberg, SCMP SCMP]

Baidu, Alibaba e Tencent scendono in campo contro il coronavirus

I big tech cinesi hanno stanziato milioni di dollari nello sviluppo di cure, strutture e servizi medici per contenere la crisi innescata dalla misteriosa epidemia di Wuhan. Domenica, Baidu ha annunciato di aver istituito un fondo da 300 milioni di yuan (43 milioni di dollari) per sostenere la ricerca e lo sviluppo di trattamenti, oltre a diffondere informazioni sulla salute pubblica. Una nuova funzione di Baidu Maps permette inoltre di monitorare il movimento dei viaggiatori in tutta la Cina al fine di contribuire a contenere la diffusione del virus. Ammonta invece a un miliardo di yuan il fondo istituito da Alibaba per munire gli ospedali di Wuhan di nuove forniture mediche, mentre Alibaba Health ha cominciato a fornire servizi di telemedicina gratuiti ai residenti dello  Hubei, consentendo ai pazienti di accedere a consultazioni mediche gratuite tramite l’app Alipay. Non è da meno Tencent che, dopo aver donato 300 milioni di yuan ad alcune delle aree più colpite, sta ora lavorando con le autorità sanitarie nazionali per realizzare mappe  WeChat in grado di geolocalizzare gli ospedali specializzati nel trattamento del coronavirus in più di 300 città cinesi. Va inoltre menzionato il coinvolgimento di Huawei nella realizzazione dell’ospedale Huoshenshan, struttura in costruzione nella periferia occidentale di Wuhan per far fronte all’inaspettato numero di infezioni. Proprio grazie al colosso di Shenzhen il complesso sarà munito di servizi 5G. [fonte: caixin]

Coronavirus: stop a partite di calcio e majong

Per arrestare la trasmissione del virus, quest’oggi la Chinese Football Association ha annunciato la sospensione di tutte gli incontri calcistici su suolo nazionale. Il team femminile volato in Australia per le qualificazioni alle Olimpiadi si trova ora in quarantena presso un hotel di Brisbane. La partita, che inizialmente si sarebbe dovuta disputare proprio a Wuhan, era stata prima spostata a Nanjing e infine a Sydney. Le atlete non potranno lasciare la stanza d’albergo fino al 5 febbraio. Le autorità sportive cinesi hanno deciso di rimettere mano alla programmazione di varie competizioni dallo sci al badminton passando per il tennis e il basket. Intanto nella provincia del Sichuan, un ordine dall’alto ha imposto la chiusura di tutte le sale da majong, uno dei passatempi più amati dai vecchi cinesi. [fonte: Reuters, Global Times]

La Hollywood di Cina è in crisi

Hengdian, piccola cittadina del Zhejiang, viene considerata la Hollywood di Cina. O almeno è stato così finché, circa un anno fa, un inasprimento del quadro normativo abbinato a una stagnazione degli investimenti hanno causato un progressivo congelamento delle attività. Una vera batosta per l’industria dell’entertainment cinese, considerando che circa un quarto di tutti i film cinesi e un terzo delle serie TV  sono state girati proprio negli studios locali di Hengdian. Secondo il database   Tianyancha, nel 2019, il numero di spettacoli televisivi girati in Cina è crollato del 27% mentre 1.884 compagnie cinematografiche hanno interrotto le attività. E’ un trend cominciato nel 2018, quando il settore è finito sotto il controllo diretto del Consiglio di Stato. L’emissione di regole più selettive per l’approvazione dei programmi ha coinciso fortuitamente con un’agguerrita campagna antievasione costata all’industria milioni di investimenti. Il coronavirus rischia ora di assestare il colpo di grazia. Con la chiusura di molti cinema, tutti e sette i film in uscita per il Capodanno cinese – quando normalmente si affollani le sale – sono rimasti in standby. [fonte: Sixth Tone]

Coronavirus: proteste anche in Corea del Sud e Hong Kong

La gestione della crisi non è motivo di malumore solo in Cina, dove il web chiede la testa dei funzionari locali accusati di aver sottostimato la portata del contagio. A Hong Kong, i sindacati in rappresentanza del personale ospedaliero e ferroviario minacciano scioperi a meno che il governo non provveda a chiudere ermeticamente il confine con la Cina, ritenendo insufficienti le misure intraprese finora: ovvero la sospensione dell’alta velocità e del collegamento marittimo con la mainland in vigore da oggi. Giorni fa, un grattacielo disabitato destinato al trattamento dei malati in quarantena è stato dato alle fiamme. Al momento, dieci sono i casi accertati nell’ex colonia britannica, di cui uno grave. Levata di scudi anche in Corea del Sud, dove ieri un gruppo di manifestanti ha utilizzato dei trattori per bloccare l’accesso alle strutture designate come centri di quarantena nelle città di Asan e Jincheon, circa 80 km a sud di Seoul. Il presidente Moon Jae-in ha invitato alla calma, condannando la diffusione di notizie infondate. Intanto, l’ufficio inter-coreano di collegamento a Kaesong, al Nord, sarà chiuso fino a quando l’epidemia non sarà domata. In Corea del Sud il virus ha contagiato quattro persone.[fonte: Reuters, Reuters]

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