In Cina e Asia – Trump e i pericoli della democrazia

In by Simone

I titoli della rassegna di oggi:

– Cina: «Trump dimostra che la democrazia è pericolosa»
– La ristrutturazione dell’economia cinese non sarà pesante come quella degli anni Novanta
– La Cina vuole il proprio Tribunale del mare
– La Banca centrale cinese stimolerà il mercato, ma con moderazione
– Deregulation e reattori in Giappone
– In Malaysia 820mila persone non possono lasciare il paeseCina: «Trump dimostra che la democrazia è pericolosa»

I disordini di Chicago tra pro e anti Trump? Tipici di un paese in via di sviluppo. E lui, il candidato alle primarie repubblicane? Un populista che sfrutta paure e rancori di un proletariato bianco che si sta immiserendo dopo la crisi del 2008. Un tempo il ceto medio statunitense era garanzia di stabilità. Ma attenzione, anche Mussolini e Hitler salirono al potere così.

Il Global Times, giornale nazionalista cinese, non usa mezzi termini per condannare la «natura caotica della democrazia» che produce fenomeni alla Trump. E ammonisce gli Stati Uniti: farebbero bene a guardare in casa propria e a considerare i rischi che potrebbero recare alla pace mondiale, invece che criticare gli altri paesi.

La ristrutturazione dell’economia cinese non sarà pesante come quella degli anni Novanta

La ristrutturazione dell’industria cinese e la transizione del paese verso un diverso modello economico non porteranno agli stessi licenziamenti di massa che hanno avuto luogo negli anni Novanta, ha dichiarato Xiao Yaqing, il capo della authority che gestisce le proprietà dello stato. A fine anni Novanta, lo smantellamento delle grandi imprese di stato improduttive determinò il licenziamento di 28 milioni di lavoratori.

Nel prossimo giro di ristrutturazioni si prevede che saranno «solo» 5-6 milioni, dice Xiao, secondo cui la struttura economica della Cina è oggi molto più forte e i cambiamenti avverranno mettendo sempre più in primo piano gli interessi dei lavoratori.
Le imprese di stato, in Cina, sono circa 150mila.


La Cina vuole il proprio Tribunale del mare

Nel bel mezzo delle controversie che riguardano i mari che la circondano, la Cina ha deciso di istituire una «sede giudiziaria marittima internazionale» che deve servire a proteggere la propria sovranità e i propri diritti. L’ha detto il capo del sistema giudiziario cinese, Zhou Qiang, durante il suo rapporto di lavoro alla riunione annuale del Congresso Nazionale del Popolo.

Pechino ha avuto oltre 16mila casi che riguardano controversie legali marittime nel corso dello scorso anno e secondo Zhou i tribunali del paese saranno sempre più chiamati a far della Cina una «potenza marittima». Non è dato sapere di quali casi si occuperà la nuova corte, quando comincerà a lavorare e dove sarà ubicata.

La Banca centrale cinese stimolerà il mercato, ma con moderazione

La People’s Bank of China (Pboc) non applicherà stimoli eccessivi per rilanciare l’economia, ma tale politica sarà adottata con flessibilità. Si tiene tutte le possibilità aperte, il governatore della banca centrale cinese Zhou Xiaochuan, secondo cui un eventuale «shock economico» potrebbe far ricorrere a stimoli straordinari.

Zhou ha anche spiegato le cinque politiche monetarie fondamentali della Pboc: «espansiva», «espansiva in modo appropriato», «prudente», «opportunamente rigorosa» e «rigorosa», con la giusta flessibilità ai due lati di ognuna. La Cina, secondo il governatore, ha adottato una politica «espansiva in modo appropriato» dopo la crisi globale del 2008 e dal 2011 si è spostata in posizione «prudente».

Deregulation e reattori in Giappone

Dal primo aprile scatta in Giappone la deregulation dell’energia elettrica. Circa 200 imprese concorrenti potranno lanciarsi sul mercato e competere con le dieci utility regionali che finora avevano un monopolio di fatto. La deregulation è incompleta, perché resta nelle mani delle grandi imprese la rete di distribuzione, ma l’apertura del mercato spiega in parte perché nelle ultime settimane si sia assistito a una corsa alla riapertura delle centrali atomiche.

Appoggiati da un governo connivente, gruppi come Kepco vogliono poter offrire energia a basso costo per scongiurare l’attacco di piccoli gruppi che promettono di sfidar il loro monopolio e così hanno una grande fretta di far ripartire i reattori.

In Malaysia 820mila persone non possono lasciare il paese

Più di 820mila malesi sono su una lista nera che impedisce loro di lasciare il paese, ha detto il ministro dell’Interno Ahmad Zahid Hamidi Datuk Seri.
La maggior parte di quelli sulla lista nera – oltre 200mila – hanno sul groppone qualche fallimento economico, mentre sono 120mila gli studenti che non hanno restituito i prestiti ottenuti per darsi una istruzione. Solo 520 sono coloro che hanno compiuto qualche reato contro «la sicurezza».

[Foto credit: other98.com]