(In collaborazione con AGICHINA24) Le dimissioni del vescovo Ma dall’Associazione patriottica cattolica cinese rischiano di far precipitare i già difficili rapporti tra Rpc e Vaticano. Disaccordo sulle nomine e minacce di scomunica sono tornati a caratterizzare la vita dei vescovi in Cina, dove sono stimati 9 milioni di cattolici.
Secondo quanto denunciato in via riservata da diverse fonti cattoliche locali, il prelato e’ stato portato via da agenti di polizia e confinato nel proprio seminario: ai circa mille fedeli aveva appena dichiarato di voler lasciare l’Associazione Cattolica Patriottica Cinese, la Chiesa fedele al regime di Pechino.
Un passo (il primo per i vescovi cinesi) cui era seguito il suo gesto durante l’ordinazione di rifiutare l’imposizione delle mani, la comunione e il vino da parte di monsignor Zhan Silu, vescovo di Mindong (Fujian) non riconosciuto dal Vaticano.
Il giorno precedente – riferisce la Reuters – Ma Daqing era stato nominato vescovo dalla Chiesa patriottica cinese, una carica che evidentemente il religioso non ha mai accettato vista la successiva nomina del Vaticano.
"Ho bisogno di una pausa e ho provveduto con un ritiro personale", avrebbe detto, aggiungendo di trovarsi al seminario di Sheshan, vicino a Shanghai.
Diversa è la versione di Asia News secondo cui “l’Ufficio affari religiosi non ha gradito questo calcio ben assestato, lo ha confinato agli arresti domiciliari nel seminario di Sheshan e costretto a ‘riposare’".
“Sono preoccupato per la sicurezza del vescovo Ma e pregherò per lui” ha dichiarato un membro della congregazione in un post.
Le accuse del Vaticano sono “maleducate e irragionevoli” avevano dichiarato secche le autorità cinesi.
"Il reverendo Giuseppe Yue Fusheng – si legge nel testo – e’ incorso automaticamente nelle sanzioni previste dal canone 1382 del Codice di Diritto Canonico". E "di conseguenza, la Santa Sede non lo riconosce come vescovo dell’amministrazione apostolica di Harbin, ed egli e’ privo dell’autorita’ di governare i sacerdoti e la comunita’ cattolica nella provincia di Heilongjian".
"Confidando nell’effettivo desiderio delle Autorita’ governative cinesi di dialogare con la Santa Sede", la Santa Sede auspica che le stesse Autorita’ "non favoriscano gesti contrari a tale dialogo".
"Anche i cattolici cinesi – sottolinea la Santa Sede nel testo – attendono passi concreti nello stesso senso, primo fra tutti quello di evitare le celebrazioni illegittime e le ordinazioni episcopali senza mandato pontificio, che creano divisione e recano sofferenza alle comunita’ cattoliche in Cina e alla Chiesa universale".
Per la Santa Sede, in questo contesto "e’ motivo di apprezzamento e di incoraggiamento l’ordinazione del reverendo Taddeo Ma Daqin a vescovo ausiliare della diocesi di Shanghai, avvenuta sabato scorso".
"La presenza di un vescovo non in comunione con il Santo Padre – conclude la nota – era inopportuna e mostra mancanza di sensibilità verso un’ordinazione episcopale legittima".
In merito, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha tenuto a distinguere bene le due ordinazioni dei giorni scorsi: quella illecita di Harbin (con scomunica latae sententiae per il neo vescovo Giuseppe YueFusheng e gli ordinanti che non giustificheranno la loro presenza) e quella di sabato a Shanghai. "E’ un momento di dialogo non sempre facile e costruttivo", ha commentato padre Lombardi.
La Santa Sede ricorda nel suo comunicato anche che "i vescovi, che hanno preso parte all’ordinazione episcopale illegittima e si sono esposti alle sanzioni, previste dalla legge della Chiesa, devono riferire alla Santa Sede circa la loro partecipazione alla cerimonia religiosa".
Anche in precedenti analoghe occasioni, infatti, la scomunica latae sententiae dei vescovi ordinanti fu revocata a motivo del fatto che la loro presenza non era libera ma erano stati costretti in vario modo dalla autorità a partecipare alle celebrazioni.
Cina e Vaticano ruppero i loro rapporti diplomatici nel 1951 dopo il riconoscimento da parte di Roma del governo nazionalista di Taiwan, che Pechino considera una provincia ribella da riannettere sotto la propria giurisdizione.
Anche se la Cina e il Vaticano hanno migliorato i loro rapporti negli ultimi anni e la popolazione cattolica cinese è in crescita, il disaccordo sulle nomine resta totale.
[Foto di copertina di Alberi Boccanelli]