Il mastodontico progetto di diversione idrica

In by Simone

Proseguono in Cina i trasferimenti di popolazione collegati al Snwd, il ciclopico Progetto di diversione delle acque dal Sud al Nord del Paese. La scorsa settimana le autorità hanno annunciato di aver portato a termine il piano di ricollocazione di 70mila residenti della città di Shiyan, nella provincia dello Hubei, spostati in nuovi centri abitati nelle vicine zona di montagna.

Poche settimane prima, a metà di settembre, altre 60mila persone della vicina provincia dell’Henan hanno subito lo stesso trattamento. Quello delle “migrazioni interne” dei cittadini è, insieme all’impatto sull’ambiente e sulla natura, l’aspetto più controverso del Snwd. I suoi sostenitori considerano questi spostamenti come effetti collaterali necessari alla realizzazione di un progetto che, nella loro ottica, recherà enormi vantaggi economici e ambientali all’intero Paese. I detrattori si concentrano invece sui danni che queste dislocazioni imposte dall’alto causeranno a centinaia di miglia di persone, che da qui a pochi anni saranno sradicate dal loro contesto sociale, culturale e lavorativo; il tutto per dar vita a un colossale sistema idrico i cui vantaggi saranno messi in ombra dagli elevatissimi costi che sarà necessario sostenere.

Ipotizzato già da Mao Zedong come sistema per risolvere il problema della cronica aridità della parte settentrionale del Paese prendendo in prestito le acque dal meridione, afflitto da periodici straripamenti di fiumi e alluvioni, il Progetto di diversione idrica Sud-Nord ha richiesto cinquant’anni di studi e analisi per poter essere concretamente formulato e riportato su carta. In linea con il gigantismo infrastrutturale cinese, le sue proporzioni sono tali da non avere precedenti nella storia umana: la realizzazione prevede la costruzione di una decina di enormi canali divisi in tre direttrici principali (occidentale, centrale e orientale), che una volta completati consentiranno di trasferire 45 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno dallo Yangtze, il Fiume Azzurro, allo Huang He, il Fiume Giallo.

Complessivamente i corsi d’acqua artificiali raggiungeranno una lunghezza di circa 3.000 chilometri, poco meno della metà del raggio terrestre.

La prima direttrice è ancora in fase di studio: le enormi dighe e i lunghissimi tunnel necessari per unire i due principali corsi d’acqua cinesi attraverso le pianure occidentali dello Yunnan e la provincia del Qinghai rappresentano un problema su cui tecnici ed esperti si stanno arrovellando da diversi anni per trovare una soluzione economicamente sostenibile.

I lavori per la realizzazione della direttrice est, invece, sono iniziati nel 2002. Gli ingegneri hanno previsto di prendere l’acqua dello Huang He e convogliarla attraverso un canale verso la città di Jiangdu, nella provincia costiera del Jiangsu. Da qui, grazie a un’enorme stazione di pompaggio, il flusso idrico arriverà al Gran Canale, il fiume artificiale più lungo del mondo (1.776 chilometri), costruito agli inizi del 600 per ordine dell’imperatore Yang Guang, della dinastia Sui, per unire Pechino ad Hangzhou. Nel tratto finale la semplice pendenza del terreno consentirà all’acqua di raggiungere attraverso un tunnel sotto il Fiume Giallo la città di Tianjin.

La direttrice centrale è tale non solo per collocazione geografica ma anche per la sua importanza nell’ambito del progetto. Essa consentirà di prendere l’acqua dal bacino idrico di Danjiangkou, sul Fiume Han, affluente di sinistra dello Yangtze, e di portarla fino all’assetata capitale del Paese. Essendo costruita sulla Pianura Centrale Cinese, potrà sfruttarne la favorevole pendenza verso il nord. La sfida maggiore dal punto di vista ingegneristico è rappresentata dalla necessità di costruire anche in questo caso un tunnel sotto lo Huang He per arrivare a Pechino.

La costruzione è iniziata nel 2004 e le autorità vorrebbero che fosse ultimata entro il 2014, in anticipo sulle altre direttrici. Questa parte del progetto, tuttavia, è quella che presenta i problemi maggiori dal punto di vista sociale ed economico.

Per far spazio a canali, invasi e dighe, il governo ha stabilito di procedere al trasferimento di 330mila persone: 180mila nella provincia dello Hubei e 150mila nel vicino Henan. Si tratta del progetto di ricollocazione più importante mai intrapreso dal Paese della Grande Muraglia dai tempi delle Diga delle Tre Gole, per la costruzione della quale un milione e 300mila cittadini sono stati obbligati a lasciare le proprie città e i propri villaggi.

I piani predisposti dalle autorità però, non incontrano quasi mai il consenso dei cittadini, costretti ad abbandonare abitazioni, terreni e altre proprietà in cambio di indennizzi che nella maggior parte dei casi reputano irrisori.

Nell’ultimo periodo il fronte dei contrari si è notevolmente allargato, e non sono mancate comunità che hanno istituito appositi comitati per tentare di opporsi agli spostamenti. In alcuni casi questo rifiuto è stato mal tollerato dal governo centrale e dalle istituzioni locali. Xie Chaoping, autore di un libro di critica nei confronti della ricollocazione, è stato messo agli arresti per diversi mesi per «aver condotto affari contrari alla legge».

Solo a metà settembre le forze dell’ordine hanno annunciato il suo rilascio su cauzione, «non avendo trovato sufficienti prove per supportare l’accusa».

Ai problemi sociali si intrecciano quelli economici. Contadini e industrie del Hebei dovranno ridurre drasticamente il proprio consumo di acqua, per consentirne appunto la diversione verso il Nord, con una conseguente riduzione della loro produttività. E sono già in molti a lamentare il fatto che già un terzo della corrente del Fiume Han venga deviata verso altre zone.

Pechino intanto ha sempre più sete e le scarse precipitazione del Nord non sono l’unica causa del problema. La città sta pagando il consumo eccessivo delle risorse idriche sotterranee degli anni passati, cui si aggiunge una gestione non esattamente oculata delle vicine riserve d’acqua di Miyun e Guanting, ridottesi di 2 miliardi di metri cubi.

Una situazione paradossale, se si considera che la capitale è circondata da una quarantina di campi da golf, alcuni estesi centinaia di ettari, sempre verdi e perfettamente irrigati. Il risultato è che il livello medio delle acque intorno alla capitale è passato da 24 metri sopra il livello del mare ad appena 11 nel giro di un decennio e oggi la capitale necessita di 400 milioni di metri cubi di acqua ogni anno.

Le autorità assicurano che il problema sarà presto risolto grazie al Snwd. Eppure ai problemi sociali ed economici legati al progetto si è aggiunto quest’estate anche l’allarme sul pessimo stato di salute delle acque interne cinesi lanciato dal ministero dell’Ambiente, che potrebbe rendere del tutto vano il trasferimento delle risorse idriche.

Una direttiva del Consiglio di Stato ha imposto agli enti locali interessati dal passaggio delle direttrici di raggiungere il grado 3 di (su un totale di 5) di purità dell’acqua, il minimo per poterla considerare potabile una volta trattata. Migliaia di fabbriche non in regola che sversavano i loro rifiuti nei fiumi e nei laghi e nelle falde acquifere sono state obbligate a chiudere, ma molto del lavoro resta ancora da fare. Nei prossimi mesi dovrebbero entrare in funzione stazioni di osservazione del livello di inquinamento idrico, cui si accompagnerà la realizzazione di invasi e canali di contenimento per favorire la purificazione delle acque.

L’impegno affinché il progetto possa essere realizzato, dunque, non manca. La sua riuscita, però, non si tradurrà automaticamente in un progresso. Perché ciò avvenga i leader cinesi dovranno mostrarsi in grado di contemperare le esigenze di sviluppo del Paese con i bisogni e le richieste che giungono, sempre più insistenti, dalla sua popolazione.

*Paolo Tosatti -Laureato in Scienze politiche all’università “La Sapienza” di Roma, dove ha anche conseguito un master in Diritto internazionale, ha studiato giornalismo alla Fondazione internazionale Lelio Basso. Lavora come giornalista nel quotidiano Terra e per il settimanale Left-Avvenimenti.