Il Festival di fotografia di Pingyao. Una panoramica sui cinesi emergenti

In by Simone

Sono giovani, hanno viaggiato e hanno talento. Questi i migliori fotografi che hanno esposto al Pingyao International Photography Festival, in Cina il più grande evento legato al mondo della fotografia. Pingyao è una storica città nella provincia dello Shanxi, centro economico del paese durante le dinastie Ming e Qing e patrimonio Unesco dal 1997. Oggi le sue mura e i suoi monumenti convivono con le fabbriche di carbone, perché Pingyao oltre a essere una città turistica, è soprattutto una città industriale.

L’undicesima edizione del Festival internazionale di fotografia di Pingyao, è stata allestita all’interno di monumenti e templi, ma soprattutto in edifici industriali non più utilizzati come la Fabbrica del diesel , il Cotonificio e il Magazzino dei prodotti locali.

In un paese dove forte è la tendenza a ripristinare e/o sostituire ciò che antico, l’idea di allestire eventi culturali in edifici industriali non più utilizzati e lasciati “integri” è più che apprezzabile.
 
Il Festival, nato nel 2001, si è caratterizzato fin da subito per lo slancio internazionale (la prima edizione ha visto la partecipazione di Marc Riboud, Martin Franck e Susan Meiselas dalla Magnum Picture Agency) e per la forte volontà inclusiva nei riguardi di ogni genere di fotografia (artistica, documentaria, giornalistica, naturalistica, etc.). Ma se da una parte quello di Pingyao è a tutti gli effetti il più grande festival internazionale di fotografia della Cina , dall’altra non lo è dal punto di vista della qualità.

Il famoso aforisma di Nietzsche – Bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante – si presta abbastanza bene a descrivere questo Festival, la cui confusione, come ha affermato un amico e fotografo cinese, rispecchia quella dell’intero paese. In una tale confusione è comunque possibile individuare alcune “stelle danzanti”, che potrebbero in futuro fare la storia della fotografia cinese.
Istante eterno (瞬间永恒) è il titolo dato a questa undicesima del Festival perché  “l’istante è legato al presente, mentre l’eterno è legato alla storia. I fotografi catturano ogni istante, decisivo o no, sperando che possa essere eterno o almeno una sorta di testimone della storia”.

Il 21 settembre la giuria internazionale ha assegnato il primo premio del Festival a Lu Yanpeng 卢彦鹏, artista nato nel 1984 nella provincia del Fujian e oggi attivo a Pechino, che nel giardino del Palazzo dei vecchi governanti ha esposto alcune opere delle serie Aria (空气) e I ricordi di pietra (记亿石头). Le opere della prima serie sono i paesaggi che Lu Yanpeng ha fotografato nella periferia di Pechino e, in un solo caso, a Taiyuan, capoluogo della provincia dello Shanxi. Questi scatti sono capaci di trasmettere, attraverso l’utilizzo di un registro poetico e della tecnica del bianco e nero, il  qi, l’energia. In questa mostra Lu Yanpeng ha utilizzato come supporto per le sue opere gli specchi, in modo tale che, agli occhi dell’osservatore, l’ambiente fotografato potesse confondersi con quello reale. Per quanto riguarda le opere della seconda serie Lu Yanpeng ha ricevuto grande ispirazione dalla recente esperienza di paternità. Anche in questo caso si tratta di paesaggi estremamente poetici in bianco e nero su cui Lu Yanpeng è intervenuto disegnando a mano misteriose figure.

Un’altra talentuosa artista è Zhe Chen 陈哲, nata nel 1989 a Pechino, dove ancora vive quando non è a Los Angeles. Con le sue fotografie, Zhe Chen sembra esprimere la difficoltà che ognuno di noi ha nel mantenere l’equilibrio tra sé stessi e l’esterno e la possibilità che possa farci cadere nell’autolesionismo. È un dolore più che mai fisico, che però ha il potere di coinvolgere l’osservatore nell’anima. Nella suggestiva cornice del Cotonificio, Che Zhen ha esposto alcune opere della serie La sopportazione, in cui la protagonista principale è la stessa artista e la sua necessità di perdersi (e di farci perdere). Sebbene da una parte sfiori la sperimentazione di Gina Pane, dall’altra la sua necessità di procurarsi del dolore proviene da una reale mancanza, che a mio avviso accomuna un’intera generazione di giovani cinesi.

Sempre all’interno della Fabbrica del cotone  troviamo la serie Paesaggi cinesi (中国式风景). Luka Yang 杨圆, artista nata nel 1989 a Pechino, dove vive se non è a Londra. Nelle sue fotografie Luka Yang sembra indagare il legame tra memoria individuale e collettiva, tra realtà e irrealtà, tra coscienza e incoscienza.Nella serie Paesaggi cinesi, con cui ha vinto il Bar-Tur Award, l’artista, che si trovava da lungo tempo all’estero, ha scelto il formato tradizionale del rotolo cinese. Voleva ricostruire il paesaggio del proprio paese, un paesaggio irreale, perché legato alla storia, e allo stesso tempo reale, perché legato a problemi più che mai attuali, come l’inquinamento, la grande quantità di rifiuti, etc. La stessa artista li ha definiti come “moderni paesaggi dell’assurdità”.

Nella stessa sede l’artista e curatrice Lian Zhiping 连芷平, nata nel 1974 nella provincia del Fujian e attualmente attiva tra Xiamen e Berlino, ha scelto di esporre alcune opere della serie Agronomy (搁浅之地), che costituiscono una riflessione dai colori vividi sull’utilizzo in senso estetico degli oggetti.

Nella Fabbrica del diesel Huang Zhenwei  黄臻伟, artista nato nel 1986 e attualmente attivo a Xiamen, ha esposto alcune opere della serie Day Dreamer. Si tratta di paesaggi che Huang Zhenwei ha fotografato nel centro e nella periferia di Edinburgo, città dove ha vissuto per lungo tempo, realizzati per analizzare ciò che di normale e di anormale c’è nella realtà quotidiana dei suoi abitanti. In seguito Huang Zhenwei ha adoperato la stessa fredda oggettività, così tipica della scuola tedesca di fotografia, per analizzare il paesaggio urbano cinese e, in particolare, il paesaggio della città costiera di Xiamen, dove forte è il contrasto tra le piccole case tradizionali e i grandi palazzi moderni.

Nella stessa sede Zheng Jianhong 郑建宏, artista nato nella provincia dello Shanxi, ha accompagnato le sue fotografie di Dongguan, città nella provincia del Guangdong dove vive, con una registrazione audio dei suoni provenienti da quella stessa città. Attraverso questo allestimento Zheng Jianhong ha voluto esprimere la trasformazione della quotidianità degli abitanti di una città storica che oggi è divenuta una “fabbrica del mondo”.

Riscoprendo la fotografia (返回原点) è il titolo della mostra principale del Festival. I suoi sei curatori hanno voluto così riflettere su “come la fotografia mantenga il suo valore sotto le mutate condizioni sociali e la grande diffusione della tecnologia digitale”(1). Ren Yue 任悦 ha curato una mostra che ha dato l’opportunità ad alcuni giovani artisti di esporre. Alcune delle loro opere sono particolarmente innovative. Ad esempio, Nan ha esposto alcune opere della serie Still Life (与我同在), in cui ha fotografato, su sfondo neutro, diversi gruppi di tre persone vestiti nella stessa maniera, indagando il concetto stesso di visione fotografica.
 
Infine, nel Magazzino dei prodotti locali, grande spazio è stato dato alle scuole e alle università dove viene insegnata la fotografia: Shanghai è sicuramente tra i primi posti. Di particolare valore l’Istituto per le arti visive dell’Università  Fudan di Shanghai  (复旦大学上海视觉艺术学院), che ha esposto opere di artisti come Shen Linghao 沈凌昊 e Ma Haoran 马浩冉. Shen Linghao, nato nel 1988 a Shanghai, ha realizzato delle fotografie in bianco e nero che incantano per la loro atmosfera rarefatta e poetica. Ma Haoran, nato nel 1989 a Luoyang, nella provincia dell’Henan, disegna con la luce.

In definitiva, malgrado la confusione, l’entusiasmo e la varietà di modalità espressive che ho potuto apprezzare durante i sette giorni del Festival internazionale di fotografia di Pingyao non possono che far sperare per il meglio per il futuro della fotografia cinese.

Note:
(1) Zhang Guotian, “Rediscovering Photography”, in AA.VV., 2011 China Pingyao International Photography Festival, China Photography Publishing House, Pechino 2001, p. 11.

* Viola Morisi è nata nel 1984 a Bologna, si laurea all’Università di questa città nel 2007 in Dams Arte e  ancora, nel 2009, in Lingue e culture dell’Asia e dell’Africa, con la tesi Li Xianting e la Gaudy Art. Dal 2009 compie ripetuti viaggi in Cina e, in particolare, a Pechino, città di cui apprezza l’atmosfera culturale (forse l’unica respirabile). Attualmente svolge una ricerca sulla fotografia contemporanea cinese e collabora con il Three Shadows Photography Art Centre.

[Photo credit: http://blog.sina.com.cn/u/1272378425]