Il coronavirus ha finalmente un nome

In Cina, Economia, Politica e Società by Redazione

L’ultimo bollettino dello Spallanzani di Roma, in cui sono ricoverati in terapia intensiva due pazienti cinesi contagiati dal coronavirus, registra un prudente ottimismo. Secondo i medici, i pazienti «presentano entrambi un lieve miglioramento delle condizioni generali. In maniera particolare, il paziente maschio presenta una riduzione del supporto respiratorio, con partecipazione attiva alla respirazione». Il terzo ricoverato positivo al test, il ventinovenne di Luzzara rimpatriato da Wuhan, attualmente non mostra sintomi.

NON SI PUÒ PARLARE di ottimismo a livello internazionale, con un numero di vittime oltre quota mille e 42mila casi confermati. Tuttavia, negli ultimi giorni l’incremento dei casi sembra rallentare moderatamente. Dopo il picco del 4 febbraio con 4mila nuovi casi, negli ultimi giorni il censimento quotidiano degli infetti è sceso sotto quota tremila. Preoccupa però la tenuta del sistema sanitario, in particolare a Hubei.

Secondo documenti in possesso del South China Morning Post, nella sola Wuhan ben 500 persone tra medici e infermieri sarebbero state contagiate dal virus, un’informazione su cui però, secondo il quotidiano, le autorità avrebbero chiesto il silenzio.

L’arrivo di una task force di esperti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe garantire maggiore trasparenza alle informazioni provenienti dalla Cina.

Nel frattempo, alla sede ginevrina dell’Oms ieri si è aperto un forum globale straordinario dedicato al nuovo coronavirus, dove scienziati e decisori politici saranno riuniti per due giorni per stabilire l’agenda degli interventi.

IL FORUM ha dato l’occasione per proclamare il nome ufficiale del virus, che d’ora in poi sarà noto come SARS-CoV-2 (la malattia come Covid-19. Può sembrare una questione secondaria, ma il Comitato Internazionale sulla Tassonomia dei Virus ha impiegato oltre un mese per trovare una denominazione ufficiale che non facesse riferimento a particolari regioni e non desse adito a espressioni discriminatorie. Il riferimento è agli ultimi due coronavirus divenuti epidemici, la Sars, da Sindrome Respiratoria dell’Asia del Sud, e la Mers, Sindrome Respiratoria del Medio Oriente, denominazioni ritenute stigmatizzanti per quelle regioni.

Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Gebresyus ha sottolineato che più che le limitazioni ai movimenti delle persone i paesi devono concentrarsi sulla «preparedness», cioè sulla capacità di rilevare rapidamente e isolare i nuovi focolai.

E PER QUESTO OCCORRE concentrare gli sforzi in investimenti in favore dei paesi in via di sviluppo dove le infrastrutture sanitarie sono più fragili.

«La capacità distruttiva di un virus è superiore a quella del terrorismo internazionale», ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus. «È il nemico pubblico n.1». Le misure da prendere per fermare l’epidemia sono state anche al centro dell’audizione del ministro Speranza presso il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen.

I commissari di Lega e Fratelli d’Italia hanno approfittato dell’emergenza del coronavirus per chiedere ulteriori restrizioni all’immigrazione nonostante l’Italia abbia già preso misure più che radicali, come il blocco dei voli con la Cina. Il leghista Zuliani, seguito a ruota da Ruspandini (Fratelli d’Italia), ha chiesto certezze su «questi individui che arrivano con le barche e negli hotspot», riferendosi ai migranti provenienti dall’Africa dove non è stato registrato alcun caso di Covid-19. Speranza ha ribadito però di non voler sospendere il trattato di Schengen né estendere alle stazioni ferroviarie i controlli oggi in atto negli aeroporti.

Di Andrea Capocci

[Pubblicato su il manifesto]