Hillary accusa, Pechino risponde

In by Simone

L’intervento di Hillary Clinton contro la censura su internet è «imperialismo dell’informazione». La Cina non ha gradito il discorso tenuto mercoledì  dal segretario di Stato americano nel quale ha apertamente criticato Pechino per le limitazioni imposte all’utilizzo della rete, Le prime reazioni cinesi arrivano proprio dalla rete. A parlare sono gli «esperti», interpellati dal quotidiano filo governativo Global Times che, nella sua versione in inglese, attacca a testa basta il governo statunitense, reo di estendere la propria influenza «sui server di tutto il mondo».

La risposta ufficiale di Pechino alle accuse della Clinton arriva poco dopo, affidata ad una nota del portavoce del ministero degli Esteri cinese Ma Zhaoxu. «Accuse irragionevoli – denuncia Ma – negano la realtà e danneggiano le relazioni tra i due paesi». Tra la Casa Bianca e Zhongnanhai è ormai finita la luna di miele, iniziata con la visita del presidente Barack Obama lo scorso mese di novembre? Apparentemente no, almeno da parte di Pechino, che pur nella durezza della sua replica alle accuse che vengono da Washington, afferma di non voler rinunciare al proseguimento del dialogo. Un rapporto sempre più spesso messo a dura prova. Prima dalla vendita di armi americane a Taiwan che, nonostante il riavvicinamento tra Pechino e il governo a guida nazionalista di Taipei, la Cina continua a considerate come una «provincia ribelle»; poi dalla disputa tra il governo cinese e il gigante informatico Google, deciso a sfidare la censura e i filtri imposti da Pechino alla rete, anche a costo di uscire dal mercato del Paese di Mezzo.

Così alle accuse di segretario di Stato americano, che accosta la Cina agli altri paesi – Iran, Egitto, Uzbekistan, Vietnam – dove la libertà d’espressione non viene pienamente garantita e chiede a Pechino una «minuziosa» e «trasparente» inchiesta sui casi di pirateria informatica denunciati dal colosso di Mountain View, Pechino risponde citando i numeri della rete cinese: 384 milioni utenti,3,68 milioni di website e 180 milioni. Cifre che farebbero della Cina «il paese più attivo nello sviluppo» di internet». Il tutto naturalmente in accordo con «le leggi cinesi» e rispettando le «tradizioni culturali». Così spiega il quotidiano Global Times, nella rete dalle «caratteristiche cinesi» bisogna tutelare gli utenti che, «ancora vulnerabili», possono subire l’influenza del «multiforme flusso di informazioni» che arriva dalla rete, soprattutto quando questo può creare «disordine sociale».

Un influenza made in Usa, contrattacca ancora il giornale, utile ad imporre i propri valori nel nome della democrazia. Un concetto che il Quotidiano del popolo, organo ufficiale del Partito comunista cinese, sintetizza in un termine oggi forse considerato un po’ vintage: egemonia. Nella piazza virtuale intanto gli utenti cinesi si dividono. Su Google docs, circola già una versione in cinese del discorso della Clinton. Per molti internauti il segretario di Stato americano è una novella dea della libertà. E per dimostrare la loro gratitudine scomodano Eugène Delacroix. Così, grazie ai programmi di foto ritocco, il volto di Hillary Clinton si sostituisce al volto della «Libertà che guida il popolo»,nel celebre dipinto del pittore francese. «Un discorso importante al pari di quello sulla Cortina di Ferro» scrive entusiasta il blogger cantonese Wen Yunchao che, paragonando la Clinton al premier inglese Winston Churchill,  vede nel discorso l’inizio di una nuova guerra tra «le nazioni libere e l’autarchia».
Più cauto il commento di un altro blogger, Lian Yue che, citando la Clinton, sottolinea come «Internet libera sia una bene per l’umanità», ma saluta anche, come un evento positivo, l’attitudine «al compromesso mostrata da Pechino» nel gestire lo scontro con Google.

Non mancano le voci più filo governative e dai forti accenti antiamericani «Gli Stati Uniti sono un paese terribile. Ovunque vadano c’è il terrore» commenta un lettore del Quotidiano del popolo. Posizioni diverse che indicano comunque la vitalità della rete cinese e dei suoi utenti, spesso molto più attivi e soprattutto creativi di quanto i media tendano a rappresentarli. La «guerra del web» è però appena iniziata e più delle parole contano i fatti. Come la causa legale intentata da Baidu, il principale motore cinese della Cina, contro il provider americano che si occupa del suo dominio internet, «colpevole» di non essere riuscito ad evitare un’incursione informatica che la scorsa settimana ha bloccato i suoi servizi.

[Pubblicato su Il Riformista il 23 gennaio 2010] *urlodichen.blogspot.com