Del celebre avvocato e dissidente cinese Gao Zhisheng i media occidentali si occupano oramai da anni, ma il suo caso è tornato alla ribalta sin dai primi giorni del nuovo anno. Il 15 gennaio infatti l’Economist ha riportato la notizia della sua “scomparsa”. Dopo essersi recato dalla polizia per aver notizie di Gao Zhisheng, il fratello si è sentito dire da un poliziotto che egli “è scomparso mentre era fuori per una passeggiata” già dal 25 settembre 2009.
La notizia è subito rimbalzata tra i diversi giornali. Il 16 gennaio l’inglese Indipendent pubblica un articolo dove ipotizza la morte dell’avvocato a causa delle torture subite durante la sua detenzione nelle carceri cinesi.
“Uno dei migliori dieci avvocati del paese”. Così fu definito Gao Zhisheng dal Ministero della Giustizia cinese nel 2001. La sua carriera fu però destinata a capitolare non molto tempo dopo.
Nato nel 1966 nella provincia dello Shanxi, Gao Zhisheng è stato prima minatore e poi soldato del glorioso Esercito di Liberazione Popolare nella regione autonoma del Xinjiang. È qui che ha studiato da autodidatta per diventare avvocato, superando gli esami nel 1995.
Sin da subito si copre di fama per un notevole numero di cause vinte. E sempre a fianco dei comuni cittadini contro la corruzione dei quadri locali. Riceve numerosi premi e riconoscimenti, in patria e non solo. Personaggio divenuto presto scomodo, muove nel 2000 a Pechino, dove apre lo studio legale “Shengzhi” in compagnia di altri avvocati. Qui continua ad occuparsi di intrigati casi giudiziari, soprattutto in difesa dei diritti delle comunità religiose cristiane e del Falun Gong. Sensibile ai temi della repressione e della tortura, viaggia per il paese per conoscere più a fondo le diverse realtà delle comunità. Spesso non si fa pagare per il suo lavoro.
È nell’ottobre del 2005 che scrive una lettera al presidente Hu Jintao e al premier Wen Jiabao, denunciando abusi e torture contro alcuni membri del Falun Gong. A novembre la sua licenza di avvocato è revocata. A dicembre esce dal Partito Comunista, giustificando la sua scelta come un atto dovuto contro la corruzione e le ingiustizie di cui si fanno autori i suoi membri. Ricorda quel giorno come “il più glorioso” della sua vita.
Prende parte a numerose lotte per i diritti umani in Cina e diventa così, al tempo stesso, uno degli attivisti più noti ai media stranieri, da un lato, e alle forze di polizia cinese, dall’altro. Arrestato e rilasciato più volte, continua a denunciare le torture subite, anche di persona, nelle prigioni cinesi. Nell’agosto del 2006 è condannato agli arresti domiciliari. Nel settembre 2007 scrive una lettera a Edward McMillan-Scott, vice presidente del parlamento europeo, invitando al boicottaggio delle Olimpiadi del 2008 a Pechino.
Viene prelevato dalla sua casa il 4 febbraio del 2009 e da allora non si hanno più notizie di lui. Alla moglie e ai due figli è stato concesso asilo politico negli Stati Uniti. Dopo la denuncia della sua “scomparsa” ad opera del fratello Gao Zhiyi su informazione della polizia, la reazione del governo cinese non si è fatta attendere. Secondo The Guardian, il 21 gennaio un funzionario cinese per le relazioni con l’estero, Ma Zhaoxu, ha affermato che Gao Zhisheng è ancora sotto la custodia della polizia cinese.
“Le autorità giudiziarie competenti hanno già deciso per questo caso, e possiamo dire che questa persona, secondo la legge cinese, è dove dovrebbe essere” ha detto Ma Zhaoxu ai giornalisti. “Quanto a cosa stia facendo esattamente, non lo so. Potete chiederlo alle autorità competenti”, ha poi concluso.
Li Fangping, uno degli avvocati di Gao, sostiene invece che a quasi un anno dal suo arresto, nessuno della famiglia sa con certezza dove si trovi Gao Zhisheng. “Il suo caso è indice della situazione dei diritti umani in Cina”, ha detto Li.