Guerre solari

In by Simone

L’Europa faccia attenzione, dice la Cina, l’inchiesta per verificare se i produttori di pannelli solari cinesi siano imputabili di dumping potrebbe rivelarsi una decisione “poco saggia”. E avere buone relazioni con la Cina è importante. Soprattutto in questo momento storico.
La reazione cinese all’indagine avviata per il ricorso presentato a metà luglio dal consorzio Eu ProSun, che riunisce numerose società del settore, è stata più misurata e cauta di quanto ci si potesse attendere, scrive la Reuters. “Siamo profondamente rammaricati” aveva detto in una nota diffusa giovedì il portavoce del ministero del Commercio, Shen Danyang. 

Ancora a luglio, quando il caso venne alla ribalta i produttori cinesi minacciavano una guerra commerciale esortando il governo a proteggere i loro interessi e a rispondere all’allora ancora ipotetica apertura di un’indagine. “Le barriere per i prodotti cinesi non minerebbero soltanto gli interessi delle industria  cinese ed europea, ma indebolirebbero lo sviluppo globale del settore del solare e delle energie pulite”, ha aggiunto Shen. 

Nel 2011 la Repubblica popolare ha venduto pannelli solari e componenti all’Unione europea per un valore pari a 21 miliardi di euro, ossia il 60 per cento delle esportazioni cinesi nel settore.

Le società europee accusano le concorrenti cinesi di vendere al di sotto dei prezzi di produzione. Le perdite sarebbero poi coperte con un accesso al credito praticamente illimitato e a tassi d’interesse favorevoli, concesso dalle banche che dipendono direttamente dallo Stato.

La conseguenza per le società europee è la difficoltà a tenere il passo dei cinesi, con diverse aziende costrette a chiudere negli ultimi anni. Il caso simbolo è quello della Q-cell, azienda tedesca leader del settore che lo scorso aprile è stata costretta ad avviare la procedura di insolvenza.

D’altra parte anche tra gli europei c’è chi ritiene i prodotti made in China indispensabili per la diffusione del solare e per il raggiungimento dell’obiettivo di produrre il 20 per cento dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2020 fissato dalla Ue.

Su questo fa leva la risposta cinese. “Senza i prodotti di alta qualità e a basso costo della Cina la strategia europea avrà difficoltà a proseguire perché l’Ue sarà costretta a pagare di più per gli stessi prodotti”, si legge in un commento dell’agenzia ufficiale Xinhua, “In breve la decisione dell’Unione di monitorare i prodotti cinesi con misure protezionistiche è poco lungimirante e potrebbe trasformare in vittime i 27”.

Per il China Daily, che ricorda come la Cina sia il principale partner commerciale dell’Ue : “L’Europa è alle prese con la più grave crisi finanziaria degli ultimi decenni, occorre usare un approccio più costruttivo e razionale”. 

Approccio che i commentatori e la stampa cinese riconoscono a Angela Merkel. In visita nella Repubblica popolare, la cancelliera ha sposato la linea morbida sull’argomento ed esortato le parti al dialogo senza cadere in tentazioni protezionistiche. Questo sebbene alcune delle aziende più danneggiate siano proprio tedesche.

Come ricorda il New York Times, citando un rapporto del European Council on Foreign Relations, con l’Europa in crisi i Paesi emergenti – e la Cina in particolare – sono diventati uno sbocco per l’export tedesco. L’anno scorso gli scambi bilaterali hanno raggiunto i 169 miliardi di dollari, il 19 per cento in più rispetto al 2010. Da una parte c’è il bisogno tedesco di mercati, dall’altra quello cinese di tecnologia. 

Tuttavia, sottolineano gli autori del rapporto dell’ECfr, le società cinesi potrebbero presto diventare le principali concorrenti per quelle tedesche aumentando il rischio di guerre commerciali. Al momento le relazioni tra Pechino e Berlino sembrano però prioritarie.

Ancora nel 2007 incontrando il Dalai Lama, Merkel fece infuriare la dirigenza cinese . Con il trascorrere degli anni e con incontri con i leader cinesi le relazioni, nota Der Spiegel, la cancelliera ha sempre più limitato le dichiarazioni in tema di diritti e i rapporti sono diventati di conseguenza sempre più cordiali. Con un percorso, continua il settimanale, che sembra riprendere la politica del suo predecessore Gerhard Schroder: gli affari prima di tutto.