Green pass, il rebus degli studenti cinesi residenti in Italia

In Cina, Cultura, Sinoitaliani by Redazione

Lin è venuta in Italia a studiare moda, se ne è innamorata e ha deciso di rimanere qui. Lo scorso anno, durante i vari lockdown, è dovuta rientrare in Cina dalla famiglia ma a luglio 2021 è riuscita a tornare a Milano dove sperava di mettere finalmente radici. Prima di lasciare il proprio paese natale, si era vaccinata con due dosi di un vaccino cinese pensando così di essere protetta e di tornare a fare una vita il più normale possibile. Ma l’entrata in vigore del green pass il 6 agosto 2021 rende la sua permanenza in Italia piuttosto difficile. Infatti, secondo il decreto, solo i possessori del famoso QR code possono accedere ai luoghi al chiuso. In più, dal 1° settembre, se confermato, senza pass non si potranno utilizzare i trasporti e allora, come farà Lin con le trasferte di lavoro? Perché solo chi è stato vaccinato con i vaccini riconosciuti dall’Europa ottiene la certificazione verde e quello cinese non è nella lista degli autorizzati.

Lin non è l’unica in questa situazione, molti altri studenti cinesi, siano al primo anno di studi in Italia o tornati a casa lo scorso anno seguendo le lezioni online e ora rientrati, sono stati vaccinati con vaccini cinesi. Molti anche recentemente e ovviamente non si arrischiano a farne un altro a così poca distanza. Si chiedono a questo punto se dovranno continuare a fare tamponi per poter condurre una vita normale in Italia. E quanto costerà loro.

La questione riguarda un numero di studenti cinesi che in questi ultimi anni è cresciuto molto. L’Istituto per gli studi di politica internazionale, ISPI, in un articolo del 16 dicembre 2020 sottolinea come i dati, almeno prima della pandemia, testimoniassero una forte crescita del contingente degli studenti, in certi casi quadruplicati. Per non parlare del programma Marco Polo Turandot che essendo un progetto ministeriale aveva registrato nel 2018/2019 un aumento del duecento percento dalla sua nascita nel 2008-2009.

E secondo il Rapporto annuale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 2020, che si riferisce alla situazione dell’anno precedente, ben 50,7% delle 8889 nuove richieste di permesso di soggiorno da parte di cittadini cinesi è stato  per motivi di studio ribaltando i dati degli anni precedenti.

Anche i cittadini italiani all’estero potenzialmente subiscono la stessa sorte. E anche qui i numeri non scherzano, solo gli iscritti all’AIRE sono circa cinque milioni. Secondo una circolare del Ministero della Salute del 4 agosto del 2021 ”i cittadini italiani (anche residenti all’estero) e i loro familiari conviventi, indipendentemente dal fatto che siano iscritti al Servizio Sanitario Nazionale o al SASN (Assistenza Sanitaria al Personale Navigante), nonché tutti i soggetti iscritti a qualunque titolo al Servizio Sanitario Nazionale che sono stati vaccinati all’estero contro il SARS-CoV-2 o che sono guariti all’estero da COVID-19, potranno richiedere, se si trovano già sul territorio italiano, il rilascio delle certificazioni verdi COVID-19 per vaccinazione o per guarigione”. Sempre ovviamente che siano “vaccinati con Comirnaty (PfizerBioNtech); – Spikevax (Moderna); – Vaxzevria (AstraZeneca); – COVID-19 Vaccine Janssen (Janssen-Johnson & Johnson).”

Che fare allora? Lin ad esempio, nella determinata ricerca di una soluzione e dopo aver chiamato vari enti tra cui la Regione e appellandosi a strutture pubbliche e private finalmente riceve il suggerimento che forse, facendo un esame sierologico che accerti che il numero dei suoi anticorpi contro il Covid-19 sia basso e facendo successivamente un altro vaccino di quelli riconosciuti potrà ottenere il green pass. Questo sempre che il vaccino cinese non abbia avuto efficacia.

Di Jada Bai