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Gig-ology – Quando il governo chiama orde di revisori rispondono

In Gig-ology by Vittoria Mazzieri

In risposta alle richieste del governo il settore dell’auditing di contenuti si è espanso e si è perfezionato, diventando un sistema complesso che richiede una quantità enorme di manodopera. Dopo il decesso di un revisore di contenuti di Bilibili, sul web sono emersi nuovi approfondimenti dedicati a una professione da “catena di montaggio”, ripetitiva e sfibrante. Gig-ology è una rubrica di China Files dedicata al mondo del lavoro asiatico

Video brevi: contenuti tutt’altro che innocui

No alla cultura “sang” (丧). No ad altri neologismi nati negli ultimi anni sul web per descrivere la frustrazione e il pessimismo giovanili nei confronti della società contemporanea e dei concetti di “positività” e di produttività. Lo ha deciso la China Netcasting Services Association (CNSA, in cinese 中国网络视听节目服务协会), che il 15 dicembre scorso ha pubblicato una lista dei “contenuti dannosi” che le piattaforme di video brevi devono preoccuparsi di censurare. Il documento, una versione aggiornata di quello già diffuso nel 2019, introduce nuovi elementi a cui prestare attenzione: tutto ciò che riguarda la “fandome culture”, i contenuti che mettono in discussione i precetti ideologici del Partito e che ne negano lo sviluppo storico, e quelli che compromettono il sistema socialista con caratteristiche cinesi.

Le nuove misure, lo chiarisce un articolo di China Media Project che elenca la varietà dei verbi utilizzati nel documento per intendere il grado di problematicità dei contenuti – da quelli che “negano”, a quelli che “danneggiano”, a quelli che “prendono in giro” e “deridono”, saranno applicate a “ogni aspetto della produzione e della distribuzione dei video brevi, inclusi titoli [..] commenti [..] emoticon, immagini, musica, effetti sonori e così via”. Secondo i dati rilasciati a dicembre dalla CNSA, da gennaio 2019 a ottobre 2020 sono stati più di 30 milioni i video brevi sospettati di violare le linee guida, visualizzati oltre 2,7 miliardi volte.

Sempre a dicembre il Consiglio di Stato ha emesso un nuovo piano quinquennale per l’economia digitale, al fine di costruire un “sistema di big data a livello nazionale”, in cui sono incluse le nuove disposizioni per la regolamentazione degli algoritmi. Le piattaforme, ha scritto Lucrezia Goldin, sono invitate a “diffondere “energia positiva” nella sfera online, promuovere “valori tradizionali” ed evitare di creare “tossicità” tramite l’illecito impiego degli algoritmi”. Una serie di misure che rispondono agli “obiettivi perseguiti dal governo cinese nell’ultimo anno: protezione dei dati, costruzione di una “civiltà digitale sana”, rettificazione morale di utenti e content creators e responsabilizzazione delle piattaforme.”

Se è innegabile che negli ultimi mesi si siano intensificati, gli interventi del governo per il controllo dei contenuti online sono emersi nel 2018 in risposta al boom di video brevi in piattaforme come Kuaishou e Douyin. Già a dicembre dell’anno precedente gli organi regolamentatori avevano criticato la popolare app di notizie di proprietà di ByteDance Jinri Toutiao per offrire contenuti di bassa qualità ai suoi oltre 120 milioni di utenti, punendola con 24 ore di disattivazione.

A luglio 2018 l’implacabile Cyberspace Administration of China (CAC), con il supporto del Ministero dell’Industria e dell’Informazione Tecnologica (MIIT) e di altre tre agenzie governative, ha rivolto la propria attenzione verso 19 app colpevoli di “diffondere contenuti volgari, violenti e pornografici e promuovere una informazione distorta”: tre sono state punite con la chiusura definitiva, dodici sono state rimosse dagli app store per un periodo limitato e le ultime quattro, inclusa la stessa ByteDance – casa madre di WeChat – hanno subito soltanto una serie di controlli e “rimproveri”.

I revisori di Bilibili e le recenti polemiche

Tra le società coinvolte anche la piattaforma Bilibili, fondata nel 2009 dal programmatore Xu Yi come sito per streaming di anime dedicato alla Gen Z e divenuta poi una delle maggiori piattaforme di video brevi. La società si è arricchita tanto da essere quotata in borsa, ha scritto Yang Zeyi su Protocol, “una volta aver capito che il gioco mobile era il modo migliore per monetizzare la fedeltà dei suoi fan di anime”. Il sito offre ai circa 270 milioni di utenti mensili una serie di contenuti che variano dal live streaming, ai videogiochi, ai video di fashion o lifestyle, fino a film e documentari. Conosciuta come B zhan, “stazione B”, la società è stata capace di captare gli interessi di un pubblico di età varia tanto quanto investimenti consistenti.

È tra le poche aziende del tech cinese, infatti, ad avere l’appoggio di entrambi i giganti di internet: Alibaba e Tencent. Ma la sua fama non ha evitato che nel 2018 venisse punita con la cancellazione dagli app store per circa un mese, dopo le critiche mosse dalla CCTV alla presunta generica “volgarità” dei suoi contenuti. La risposta è stata celere: l’azienda si è dichiarata del tutto disposta a collaborare con le autorità, migliorare i meccanismi di regolamentazione interna e “fornire migliori servizi agli utenti”.

Non solo. Ha annunciato l’intenzione di raddoppiare il personale di controllo e di istituire nella città di Wuhan un centro dedicato alla moderazione di contenuti – con 886 revisori al 31 dicembre 2020, secondo i report aziendali. Alla forza lavoro impegnata nell’auditing che alla fine del 2020 contava 2.400 lavoratori, pari a circa il 30% del suo organico totale, di recente la società ha comunicato l’intenzione di affiancare altri 1.000 revisori. Una dichiarazione rilasciata a seguito dell’ondata di indignazione emersa per un nuovo decesso imputato al superlavoro, proprio nel centro di content screening di Wuhan.

Un giovane venticinquenne a capo di un team di revisori di contenuti è morto il 4 febbraio per emorragia cerebrale, pare a seguito di un turno di dodici ore. L’azienda è stata criticata, tra le altre cose, per aver nascosto la vicenda e averla comunicata solo una volta che era già venuta a galla sul social Weibo grazie ai post dell’influencer Wang Luo Bei. E, soprattutto, per aver smentito sin da subito che l’uomo fosse impiegato in turni di lavoro così sfibranti. Peccato che nel giro di poche ore sia stato condiviso un po’ ovunque un annuncio per una posizione nel suo stesso ufficio di Wuhan, che richiede ai candidati una grande capacità di “sopportare la pressione” e di lavorare 12 ore filate.

La discussione, come ci può immaginare, si è estesa riportando al centro del dibattito le posizioni che negli ultimi anni hanno recriminato alla cultura del superlavoro tutta una serie di problemi fisici e mentali, nate in particolare negli ambienti dell’high-tech, dove un esercito di programmatori, sviluppatori e moderatori hanno condiviso le proprie esperienze personali e hanno fare rete “nel tentativo”, ha scritto Simone Pieranni in Red Mirror, “di uscire dalle catene atomizzanti del lavoro immateriale”.

L’auditing di contenuti: lavoro da catena di montaggio

Più e più voci sul web, infatti, hanno raccontato le condizioni di una professione considerata ormai marginale, uno tra o tanti ingranaggi della “catena di montaggio” di internet. Azioni robotiche e sempre uguali, svolte, nel caso di Bilibili, durante tre tipi di orari di lavoro: turni diurni per cinque giorni a settimana, turni di dodici ore da mezzogiorno a mezzanotte, o ancora turni dalle due di pomeriggio alle due di notte e dalle nove di sera alle nove di mattina, a seconda delle esigenze. In risposta alle richieste del governo il settore dell’auditing di contenuti si è espanso e si è perfezionato, diventando un sistema complesso che richiede una quantità enorme di manodopera.

I revisori non devono solo seguire le linee emanate da autorità che scelgono cosa è consono o meno che appaia sullo schermo degli smartphone, ma anche, entro questi limiti, rispondere ai feedback degli utenti, che si adeguano gradualmente alle linee guida governative e finiscono per emulare essi stessi l’azione di rettifica. “Come un filtro, i revisori si confrontato quotidianamente con una pletora di pornografia, violenza, messaggi pubblicitari, immagini e contenuti video che attraversano la retina e stuzzicano i nervi”, riporta un lungo articolo in cinese del sito LatePost dal titolo “Il mondo dei revisori: sono indispensabili ma a nessuno importa”.

Agli autori un uomo a capo di una squadra di moderatori ha raccontato dell’enorme pressione che pesa su ogni membro del team e che finisce per incanalarsi nella figura del supervisore, i cui compiti prevedono anche di registrare il costante monitoraggio delle prestazioni dei sottoposti: il numero di contenuti moderati all’ora, quello degli errori commessi, le ore di formazione svolte e pure il livello di employee retention (nell’articolo è riportato come 人才保有率), espressione che sta a indicare la capacità dell’azienda di non far fuggire i propri dipendenti. Tutti i parametri devono essere registrati, incrociati con altri e infine inviati a un dipartimento apposito.

Di base, al lavoratore è richiesto di moderare tra i 2 mila e i 4 mila contenuti al giorno, la maggior parte dei quali non sono argomenti sensibili ma spam. Un altro intervistato raccolta che un suo collega impegnato in video più lunghi revisiona dagli otto ai dodici contenuti video, aperti contemporaneamente sullo schermo del computer e sparati a velocità 8x. Altri sono capaci di leggere fino a 3 mila commenti all’ora. “Il tempo è il più grande lusso”: se in generale le società si aspettano un certo rendimento dalla squadra, non sono rari i casi in cui sullo schermo del moderatore, in basso a destra, appare un timer che scandisce i secondi a disposizione per ogni contenuto.

E al tempo che scorre si aggiunge una enorme pressione psicologica. Gli errori si pagano con la detrazione di punti individuali, con il rischio di finire agli ultimi posti della lista che si stila giornalmente con i livelli di prestazione di ogni membro del team. E a pesare sulla loro condizione c’è anche la scure dell’outsorcing. Come in altri settori vige il subappalto, elemento chiave della gig-economy: Tencent, ByteDance e Bilibili hanno spostato i loro revisori in città di secondo e terzo livello e li hanno affidati a società terze che in un primo momento si sono concentrate sopratutto a Tianjin facendole guadagnare il titolo di “capitale della revisione dei contenuti”. Ma negli ultimi due anni i costi della città si sono alzati comportando un generale trasferimento delle sedi di auditing a città come Jinan, Xi’an e Chongqing.

Se il lavoro umano è ora indispensabile per integrare quello dei computer, ci si domanda se l’intelligenza artificiale riuscirà prima o poi a sostituire del tutto l’azione dei revisori, visto che negli ultimi cinque o sei anni si è assistito a un generale miglioramento delle prestazioni delle macchine, che ora sono in grado di approvare alcuni contenuti (in genere messaggi o post sui social media) con un basso livello di complessità. Sarà difficile, tuttavia, che l’intelligenza algoritmica si specializzi fino a riuscire a captare del tutto le varie sfumature linguistiche espresse in video, messaggi, commenti e quant’altro.

Il ruolo degli uomini-revisori è, quindi, ancora necessario agli scopi di censura. Ma non responsabile delle decisioni prese delle autorità. Lo ha ricordato tale MariosBB – autore e anche reatore di video per YouTube su temi attuali – in un articolo su Matters, una piattaforma in lingua cinese che incanala molte voci “critiche” e di sinistra, criticando gli svariati commenti di persone che si sono sincerate per la dipartita del revisore di Bilibili, in quanto uomo impiegato in un lavoro “malvagio”, espressione della censura di internet e quindi raffigurazione del male assoluto. Nel sistema capillare di censura di internet, ha scritto l’autore, la mano di un revisore non cambia il fatto che un contenuto venga bloccato o meno. Non si può non mostrare empatia per un individuo che non è altro che un misero ingranaggio della catena lavorativa.