Giappone: Quakebook, il libro nato su Twitter

In by Simone

Cosa fare quando tutto ti frana– letteralmente – addosso? Un libro, per esempio. Che raccolga le testimonianze proprio di chi si è visto spazzare via il mondo conosciuto.

O di chi non ha potuto far altro che assistere addolorato e inerme. Ma non un instant book o una chiamata alla armi di celebrities pronte a fare beneficenza: piuttosto una creatura di Twitter. Dietro cui c’è Our Man in Abiko. Our Man in Abiko è lo pseudonimo su Twitter di un quarantenne inglese che risiede in Giappone da quattro anni. Precisamente ad Abiko, prefettura di Chiba.

È da lì che, pochi giorni dopo l’11 marzo, nel pieno della commozione e dello sconforto seguiti al terremoto e allo tsunami, lancia la sua modest proposal. Come lui stesso racconta, è un’idea “elaborata in doccia da un insegnante inglese residente nei sobborghi di Tokyo e sbocciata poi in qualcosa di enorme”. Modest nella forma ma grande nei risultati. Inattesi, insperati. Tutto nasce quando il progetto si trasforma concretamente in un appello su Twitter.

Our Man in Abiko invita a mandare qualunque genere di materiale abbia a che fare con l’esperienza del terremoto dell’11 marzo. Domande semplici cui rispondere: dove eri nel momento della catastrofe? Come ti sei sentito? Come è cambiata la tua vita da quel momento? Poche restrizioni: vanno bene testi, foto, disegni, anche tweets; la lunghezza dei pezzi è libera, non vincolata, se non dalle personali esigenze espressive. Non esiste una scadenza: la dead-line è subito.

Per l’inglese il progetto diventa una specie di ossessione. Il tempo una questione chiave: “In momenti come questi non possiamo permetterci il lusso dell’attesa. Ci sono decine di migliaia di persone senza casa, senza cibo, senz’acqua, non possiamo certo dire loro: ‘Mi spiace, non riusciremo a raccogliere fondi attraverso il libro perché sarò in vacanza la prossima settimana e, comunque, che volete farci, ci vuole sempre almeno un anno per pubblicare un libro’. Questo è inaccettabile”.

Nell’arco del primo giorno Our Man in Abiko riceve più di 70 contributi. Inizialmente da stranieri che vivono in Giappone o da giapponesi espatriati. Poi la lista si allunga. Compaiono testimonianze dirette, giornalisti che hanno seguito da vicino l’evento e anche nomi celebri, come Yoko Ono e lo scrittore cyber-punk William Gibson. Infine sono più di 200 le persone coinvolte. Il fenomeno monta come una gigantesca – e prodiga – onda. Our Man, infaticabile, raccoglie contributi da una parte all’altra del pianeta, lavora all’editing con altri volontari arruolati su Twitter, realizza il prodotto finale: 2:46 Aftershocks: Stories from the Japan Earthquake, anche conosciuto semplicemente come Quakebook

 
L’ebook viene dunque rapidamente messo in vendita su Amazon, nelle prime due settimane incassa 25.000 dollari, tutti destinati alla Croce Rossa giapponese. E non è finita: Our Man in Abiko riesce a convincere anche Amazon della necessità di stampare il libro per garantire sopravvivenza al progetto. Sarà un print-on-demand, presto disponibile anche in olandese, in tedesco e in una doppia edizione giapponese-inglese.

Quakebook è un libro, ma è anche il successo di una comunità. Coagulatasi su Twitter, separata da distanze fisiche e da identità mai rivelate, ma unita dal raggiungimento di un obiettivo condiviso.

Benedetta Fallucchi, dopo una parentesi di attività nel mondo editoriale, si è dedicata al giornalismo. Collabora con alcune testate italiane e lavora stabilmente presso la sede di corrispondenza romana dello «Yomiuri Shimbun», il maggiore quotidiano giapponese (e del mondo: ben 14 milioni di copie giornaliere).