Giappone – L’Iva degli altri

In by Simone

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha annunciato oggi che dal primo aprile 2014, la tassa sui consumi (l’equivalente della nostra Iva) subirà un aumento. Una scelta, per il governo Abe, coraggiosa ma quanto mai necessaria per tentare di ridurre un debito pubblico enorme.
L’aliquota – la più bassa dei paesi Ocse – passerà dal 5 all’8 per cento. “È una mia scelta”. Così Shinzo Abe ha difeso la decisione del suo governo di aumentare la tassa sui consumi. “Abbiamo portato avanti misure economiche audaci, ridando una spinta positiva alla nostra economia. Per questo motivo, dobbiamo rafforzare da un lato la ripresa economica dall’altra la stabilità finanziaria dello stato”, ha dichiarato il primo ministro giapponese durante la conferenza stampa ufficiale.

Come ha spiegato lo stesso Abe, lo stato giapponese fatica a trovare i fondi per finanziare il sistema di previdenza sociale. “Terremo alta la fiducia nel nostro paese e garantiremo la stessa previdenza sociale di oggi alle future generazioni. È una responsabilità che il mio governo si è assunto”, ha spiegato Abe davanti ai giornalisti.

Il governo ha poi promesso un nuovo programma di stimoli da 5.000 miliardi di yen che dovrebbe servire a ridurre l’impatto sui consumatori.

La mossa del primo ministro va a rompere, come scrive il Japan Times, un vero e proprio tabù politico durato più di 15 anni. Era infatti dal 1997 che l’imposta non veniva toccata. Allora l’aumento causò a fine politica dell’ex primo ministro Ryutaro Hashimoto e il Partito liberal democratico oggi guidato da Abe perse consensi.

Poco dopo l’approvazione dell’aumento dell’aliquota, il Giappone fu investito da una crisi bancaria che portò alla bancarotta diversi istituti finanziari che avevano vissuto di profitti gonfiati, frutto di anni di speculazione. Che quella crisi fosse stata o meno tutta colpa dell’aumento d’imposta, la scelta del governo di Tokyo non porta certo con sé ricordi positivi.

Sarà anche per questo che in 17 anni nessun primo ministro – nemmeno Jun’ichiro Koizumi, unico premier a concludere un mandato nell’ultimo decennio – sia riuscito dove è riuscito oggi Abe. Il primo ministro giapponese si trova in una posizione privilegiata rispetto ai suoi predecessori: la decisione di aumentare la tassa sui consumi arriva all’apice della popolarità.

La politica economica aggressiva Abenomics ha ridato vigore alle imprese nipponiche e la nomina di Tokyo a città olimpica per il 2020 ha riacceso gli animi dei giapponesi.

Tuttavia, l’ufficilità dell’aumento della tassa sui consumi arriva poche settimane dopo l’annuncio che il debito pubblico giapponese ha toccato il quadrilione di yen (oltre 7.500 miliardi di euro).

Secondo Takero Doi, esperto di politiche fiscali all’Università Keio di Tokyo intervistato dal Japan Times, aumentare l’imposta sui consumi dal 5 all’8 per cento non risolve il problema del debito sul lungo periodo. Il governo dovrebbe approvare un aumento del 15 o addirittura del 20 per cento “per mantenere un regime fiscale stabile, un sistema di previdenza sociale sostenibile e la stessa crescita economica”.

Critiche sono arrivate in particolare dall’opposizione. Il nuovo regime fiscale in vigore dal prossimo aprile favorirà soprattutto le grandi aziende. Nel pacchetto di stimoli che cercherà di limitare i danni dell’aumento della tassa sui consumi, è stata esclusa una tassa speciale sulle aziende i cui proventi sono stati usati come fondi per la ricostruzione del Nordest del paese colpito dalla tripla catastrofe del 2011.

“(Abe) ha messo in secondo piano le zone terremotate”, hanno spiegato i rappresentanti di diversi partiti dell’opposizione in una conferenza stampa congiunta. L’aumento del costo della vita a partire dal 2014 avrà infatti un peso rilevante sulla popolazione della regione che fatica a vedere la luce alla fine del tunnel.

[Foto credit: scmp.com]