Giappone – Lattine d’artista per Fukushima

In by Gabriele Battaglia

Più dibattito e più informazione sul disastro del 2011. Questo è ciò che chiede uno studente, chiamato dai media giapponesi col solo nome di Atsu, che si è inventato un modo originale di raccogliere fondi per la ricostruzione del Nordest del Giappone.Provo a vendere l’aria di Fukushima. La mia iniziativa mi farà guadagnare sia supporto che critiche e provocherà dibattito. E dal dibattito nascerà interesse”, ha dichiarato il giovane al quotidiano Asahi Shimbun.

Atsu, studente diciassettenne originario di Tokyo appassionato di arte dall’infanzia, ha deciso di trascorrere parte delle sue vacanze estive dell’anno scorso nelle zone della provincia di Fukushima colpite dal terremoto e dallo tsunami del 2011 e interessate dalle fughe di materiali radioattivi provenienti dalla centrale Daiichi.

Qui ha dato spazio alla sua creatività e ha creato le “Tohoku Cans” (lattine del Tohoku) in cui ha sigillato l’aria delle località che ha visitato nel suo viaggio. Non prima, però, di averne opportunamente calcolato i livelli di radiazione con due dosimetri.

Il risultato è stato sorprendente: l’aria delle aree visitate dal ragazzo quest’estate conteva tante particelle radioattive quanto nel pieno centro di Tokyo – tra gli 0,05 e gli 0,09 microsievert all’ora nella provincia di Fukushima contro gli 0,03 rilevati a Shinjuku.

Atsu non puntava, però, solamente a sfatare alcuni miti circa la radioattività di alcune zone circostanti la centrale protagonista del peggior incidente nella storia dell’industria nucleare. Suo obiettivo principale era infatti stimolare nuovo interesse nel Paese nei confronti della situazione del Nordest del paese dove continuano, a rilento, le operazioni di ricostruzione e bonifica dell’impianto di Daichi.

Ci vorranno almeno 40 anni, ha ammesso nei mesi scorsi Tepco, la società elettrica di Tokyo che gestisce le operazioni di bonifica della centrale nucleare, per il completo smantellamento dell’impianto.

Qui il problema principale è l’enorme quantità di acqua usata per il raffreddamento delle barre di combustibile ancora contenute nei reattori, quindi carica di materiali radioattivi, e stoccata in cisterne, da cui in passato si sono verificate perdite finite nel terreno e in mare. Per arginare il problema è stata avviata la costruzione di un “muro di ghiaccio” sotterraneo, su cui però rimangono alcuni dubbi riguardanti tenuta e costo sul lungo periodo.

“La gente pensa che l’incidente nucleare sia qualcosa di passato, eppure continua a non comprare le verdure coltivate a Fukushima. È chiaro che l’incidente non sia mai davvero finito”, ha spiegato ancora il ragazzo che, con i proventi delle sue opere, sostiene la Croce rossa giapponese che da tre anni assiste la popolazione delle aree colpite dal triplo disastro.

Intanto il governo Abe, tramite l’Agenzia governativa per la ricostruzione ha messo a punto da un anno un piano in cinque punti chiamato “Atarashii Tohoku” (Nuovo Tohoku), in cui si punta l’attenzione su salute delle nuove e delle vecchie generazioni in un ambiente a prova di disastro naturale.

Una mossa più di immagine che altro: oggi, a poche settimane dalle elezioni per la camera bassa che hanno riconfermato Abe alla guida del paese, il dibattito politico è infatti dominato dalla necessità di nuove riforme economiche – l’ormai celebre “abenomics – mentre la ricostruzione sembra rivestire sempre più una parte di contorno.

Dati riportati a settembre 2014 ancora dall’Asahi Shimbun, dicono che sono circa 180 mila gli sfollati che da quasi quattro anni vivono in case temporanee o abitazioni pubbliche e private concesse in affitto.

[Scritto per Lettera43; foto credit: fukushima-diary.com]