Come hanno reagito in Giappone l’industria musicale mainstream e la musica underground al disastro di Fukushima? Prendendo spunto da un reportage del The Atlantic, ecco una panoramica sugli effetti del nucleare nella musica giapponese.
In Italia abbiamo avuto gli sciacalli che ridevano la notte del terremoto dell’Aquila, mentre in Giappone c’è stato chi ha pensato di sfruttare le radiazioni di Fukushima. Come? Inventandosi l’ennesimo gruppo pop di ragazzine e collegandolo alla città di Kashiwa, emersa alle cronache perché, nonostante una discreta distanza dalla centrale di Fukushima, si sono registrati alti livelli di radioattività nel sottosuolo.
La brillante idea è venuta a un imprenditore locale, deciso a non lasciarsi sfuggire i 15 minuti di celebrità del suo territorio. A gennaio il manager ha lanciato un sito web per il casting, dove spiegava che il gruppo aveva lo scopo di “migliorare l’immagine delle zone a rischio attraverso la danza e la musica”.
Si cercavano talenti tra ragazze di età compresa fra i 10 e i 22 anni. Il nome della band, ammiccante e ambiguo, sarebbe stato “Hot spots” e il primo singolo, il cui debutto era previsto ad aprile, si sarebbe intitolato “1 Millisievert Fever” (!?).
Ma il progetto ha suscitato polemiche a non finire e l’avventato manager ha dovuto abbandonare i sogni di successo.
Forse si tratta di un esempio estremo. Ma è comunque utile per illustrare la pesante eredità che la tragedia dello scorso anno ha lasciato nel mondo della musica giapponese. Il magazine The Atlantic ricostruisce in modo accurato il panorama e le attuali tendenze, spiegando che, come già in passato, le risposte della musica pop mainstream e di quella underground sono state profondamente diverse.
Gli artisti pop hanno scelto la via consolatoria e ottimistica, celebrando la musica nella sua funzione di collante sociale nel momento di bisogno, o hanno ignorato quasi del tutto il tema, laddove i musicisti più indipendenti hanno levato potenti critiche sia nei confronti del governo per la gestione delle emergenze, sia nei confronti dei colossi energetici nazionali come la Tepco.
Nella prima categoria rientrano i gruppi pop Perfume o le AKB48. C’è bisogno di qualche parola per descrivere queste band che rappresentano fenomeni peculiari del Giappone.
Le Perfume sono un trio di avvenenti ragazze, nato nel 2000 e asceso al successo in patria nel 2007. La Reuters si è occupata recentemente di loro, quando la band ha firmato con la Universal music. Le Perfume potrebbero essere la testa di ponte del pop giapponese in occidente: fino a oggi la penetrazione di questa musica è stata limitata, anche perché l’”occidentalizzazione forzata” degli artisti non ha prodotto i risultati sperati.
Con le Perfume si vuole però fare l’operazione opposta: mantenere le artiste nell’alveo della loro cultura di appartenenza, restituendo un’immagine di “ragazze-bambola misteriose, futuristiche, robotiche, che si muovono con articolate coreografie e raggi laser sullo sfondo”.
L’enorme seguito di pubblico – secondo la Universal le Perfume hanno venduto a oggi 1,3 milioni di copie dei loro album – deve aver suggerito prudenza alla band: nel loro ultimo disco JPN è presente solo una canzone che pare vagamente alludere al terremoto e allo tsunami.
Le AKB48, invece, sono state definite “il più grande gruppo pop del mondo” e l’etichetta sembra calzante: ben 48 ragazze, doverosamente abbigliate da scolarette, costituiscono quella che sembra l’ultima parossistica incarnazione delle band musicali femminili. L’idea in questo caso è di consentire a ogni fan di trovare il suo idolo all’interno del gruppo: con 48 possibilità la scelta è parecchio facilitata!
Le AKB48 hanno scelto di dare ulteriore lustro alla loro immagine organizzando all’indomani dell’incidente di Fukushima – quando tutti gli eventi musicali erano stati annullati e per il settore tirava una brutta aria – una serie di concerti di beneficenza, grazie a cui hanno guadagnato milioni di yen.
Analogo discorso vale per le canzoni nate per raccogliere fondi: a distanza di qualche mese dall’incidente di Fukushima, il gruppo Exile è balzato al primo posto in classifica con gli speranzosi testi del singolo Rising sun, mentre la storica boy band Smap ha prodotto una raccolta dei suoi successi, cedendo parte del ricavato alle aree colpite (uno sforzo risibile, secondo Time Out Japan, visto che si trattava solo del 5% del prezzo di copertina).
Tra i cantanti più popolari solo Kazuyoshi Saito ha osato attaccare il governo: lo ha fatto modificando le parole di una sua canzone del 2010 e postando il video on line (prontamente ritirato dalla sua etichetta).
Più interessante il panorama della musica indipendente, che ha trovato ampia risonanza su Youtube. Come il video di You can’t see it, and you can’t smell it either che nasce dalla collaborazione tra Rankin’ Taxi e Dub Ainu Band. Il testo, oltre a essere una ripetizione ossessiva del concetto espresso dal titolo che si potrebbe tradurre sommariamente con un “il nucleare non guarda in faccia nessuno”, se la prende con le campagne di informazione pubblica che hanno sempre presentato il nucleare come un’energia sicura.
C’è poi la cantante rap Coma-Chi che ha partecipato alle diverse manifestazioni anti-nucleare che si sono tenute nel paese e ha riscosso consensi con l’eloquente canzone Say no! Anche la musica d’annata ha ripreso vigore ed ecco che i testi del grupo Rc Succession che criticava il nucleare all’indomani di Chernobyl sono tornati attuali.
Il punk non poteva certo restare estraneo al fenomeno: come riporta sempre The Atlantic, la canzone humanERROR del gruppo di Kyoto (ignoto fino a poco tempo fa) Frying Dutchman – una lunghissima tirata contro la brutalità del nucleare e le ragioni economiche dietro di esso – è divenuta una sorta di inno del movimento antinucleare giovanile.
E di recente il Japan Times ha descritto New Epoch, l’ultimo lavoro del musicista dubstep Goth-Trad, come il primo, vero album post-disastro. È lo stesso musicista a spiegare che il terremoto è accaduto mentre lavorava al disco. Gli eventi lo hanno turbato e indignato e voleva che fossero in qualche modo riflessi nella sua musica.
Goth-Trad dichiara di apprezzare chi cerca di infondere ottimismo attraverso la musica, ma lui ritiene che la sua arte sia uno strumento per riflettere su ciò che accade: “è come Guernica di Picasso”.
Senza dubbio, scrive The Atlantic, il fenomeno più curioso è costituito dalla canzone Free from nuclear plant del gruppo Seifuku Kojo Iinkai (che, tradotto, significa “comitato di miglioramento in uniforme”). Nel video su Youtube, compaiono le solite ragazze in divisa che cantano sopra a una scontata base sintetizzata perfetta per il karaoke.
Le parole raccontano però qualcosa di diverso. Le ragazze sorridono e ballano a ritmo, ma intanto scandiscono frasi come “è una storia imperdonabile”, o “andate voi a viverci se dite che è sicuro”, “i politici non funzionano in casi come questi”, “non vi vergognate?”.
Su Youtube hanno registrato 140.000 contatti. Fa un certo effetto sentire queste fanciulle in divisa e calzettoni al ginocchio cantare di cesio e millisievert: segno che qualcosa si sta muovendo anche nella pacata opinione pubblica giapponese?
[Foto credit: asienspiegel.ch]
* Benedetta Fallucchi, dopo una parentesi di attività nel mondo editoriale, si è dedicata al giornalismo. Collabora con alcune testate italiane e lavora stabilmente presso la sede di corrispondenza romana dello "Yomiuri Shimbun", il maggiore quotidiano giapponese (e del mondo: ben 14 milioni di copie giornaliere).