Giappone e difesa: la linea strategica da Abe a Kishida

In Asia Orientale, Relazioni Internazionali by Redazione

Ieri si sono svolte le elezioni generali in Giappone. Per l’occasione, pubblichiamo un estratto del lungo articolo di Alice Dell’Era per il mini e-book n° 7 di China Files, interamente dedicato al Giappone. L’incremento, seppur non estremo, del budget difensivo è una risposta alle attività cinesi nella regione. Alcuni rappresentanti giapponesi si sono espressi a favore della difesa di Taiwan. Ciò conferma l’emergere di un consenso tra la leadership di Tokyo sul cosiddetto “pericolo cinese”

Nell’ultimo decennio il Giappone ha progressivamente ampliato il raggio d’azione della propria strategia militare e di difesa. Tale processo, noto come normalizzazione del paese e volto a trasformare Tokyo in un attore dalle capacità militari “normali”, si è verificato soprattutto sotto la spinta dell’ex primo ministro Abe e del suo successore Suga. L’inaspettato ritiro di Suga dalla rielezione alla presidenza del Partito Liberal Democratico (Pld) accende una serie di interrogativi sul futuro della strategia difensiva del paese.

La normalizzazione del Giappone

L’inasprimento dell’assetto securitario asiatico negli anni 90, legato al programma nucleare e missilistico nordcoreano e all’ascesa della Repubblica Popolare Cinese (Rpc), spinsero Tokyo a ripensare la propria linea strategica in campo di difesa. Tale processo di normalizzazione del paese accelerò con l’elezione di Abe, il cui obiettivo era quello di rafforzare la sicurezza nazionale attraverso un ulteriore avvicinamento agli Stati Uniti, il potenziamento delle forze di autodifesa (Sdf), e l’abbandono di una serie di costrizioni giuridiche, tra cui l’articolo 9 della costituzione, che limitavano la partecipazione del Giappone in campo internazionale.

Già nel 2007, Abe trasformò l’Agenzia di Difesa giapponese in ministero, un passo che elevò il ruolo del settore difensivo all’interno dei disegni politici di Tokyo. È, però, durante il suo secondo mandato (2012/20) che le principali trasformazioni strategiche presero una forma più concreta. Nel 2013, Tokyo emise la prima National Security Strategy, ed abbandonò il bando sulle esportazioni di armamenti, sostituendolo con 3 nuovi criteri per il trasferimento di equipaggiamenti e tecnologia di difesa. L’iniziativa principale fu, però, la reinterpretazione dell’articolo 9 attraverso cui il governo riconobbe la possibilità di esercitare il diritto di autodifesa collettivo sulla base di 3 scenari. In seguito a tale ripensamento, vennero approvate nuove leggi per la sicurezza e nuove linee guida per la cooperazione con gli Stati Uniti, misure che ridimensionarono il raggio d’azione del paese negli affari internazionali.

Queste manovre furono accompagnate da iniziative volte a potenziare le capacità difensive del paese. Dal 2013 il budget di difesa è rimasto in costante crescita. Tokyo ha convertito le portaelicotteri classe Izumo in portaerei, e vuole migliorare la capacità di deterrenza e intercettazione di missili balistici. Inizialmente, Tokyo aveva pensato di installare sistemi Aegis Ashore, un progetto che è però stato abbandonato a causa di costi eccessivi. Tali trasformazioni interne sono state, infine, accompagnate da una maggiore collaborazione con partner regionali e non, in particolare attraverso la visione strategica FOIP, lanciata da Abe nel 2016, e il rilancio del Quad.

[Continua sul mini e-book n° 7  di China Files – Giappone Disponibile qui]

di Alice Dell’Era
Florida International University; Centro Studi Geopolitica.info