Giappone – Banche, hotel e ospizi: la carica dei robot

In by Gabriele Battaglia

Come è noto il Giappone è una delle società con il tasso di invecchiamento più veloce del mondo. Per far fronte all’emergenza, qualche grande azienda pensa ai robot per colmare le lacune nella forza lavoro nazionale. Iniziando dalle banche fino alla cura degli anziani. Sull’isola di Odaiba, nella baia di Tokyo, il visi­ta­tore può farsi un’idea di quanto i robot siano parte inte­grante dell’immaginario col­let­tivo circa il Paese-arcipelago.

Di fronte a un cen­tro com­mer­ciale situato su que­sta stri­scia di terra recla­mata al mare alla fine del XIX secolo, a pro­te­zione del porto della capi­tale — qui ven­nero infatti posi­zio­nate bat­te­rie di can­noni eli­mi­nate defi­ni­ti­va­mente solo negli anni ’70 del secolo scorso — si sta­glia un automa alto 18 metri.

Per gli appas­sio­nati di manga e anime giap­po­nesi è un «volto noto». Si tratta di una ripro­du­zione in scala 1:1 di uno dei modelli di robot pro­ta­go­ni­sti della popo­lare serie Gun­dam creata a fine anni ’70 da Yoshiyuki Tomino.

Eretto nel 2009 per il 30esimo anni­ver­sa­rio della sua nascita, l’Rg1/1 Rx-78–2 nell’arco di qual­che anno, potrebbe ini­ziare addi­rit­tura a muo­versi. Que­sto almeno è il sogno dell’Associazione Gun­dam Glo­bal Chal­lenge, che in vista del 40esimo com­pleanno di uno dei robot più famosi della cul­tura pop nip­po­nica, sta rac­co­gliendo pro­po­ste e pro­getti per «atti­vare» il gigante metal­lico.


[Foto credit: flickr.com]

I robot uma­noidi in Giap­pone sono già a tutti gli effetti una realtà tan­gi­bile. Alcune grandi aziende giap­po­nesi, come Soft­bank, lea­der della tele­fo­nia mobile, ci scom­met­tono un discreto quan­ti­ta­tivo di ener­gie e capi­tali.

L’accelerazione è stata data a marzo del 2012, quando l’azienda di Masayo­shi Son ha annun­ciato l’acquisto della mag­gio­ranza delle azioni di Alde­ba­ran Robo­tics, azienda fran­cese lea­der del set­tore per circa 100 milioni di dollari.

In un col­lo­quio con il Finan­cial Times, Bruno Mai­son­nier, fon­da­tore e ammi­ni­stra­tore dell’azienda pari­gina, ha espresso tutta la sua fidu­cia nelle pos­si­bi­lità di mer­cato dei robot: «Ci sarà un mer­cato nelle case di riposo con carenza di per­so­nale infer­mie­ri­stico. I robot potreb­bero accom­pa­gnare i pazienti affetti da Alz­hei­mer e aiu­tarli a ritro­vare la strada verso le loro stanze».

Niente di più adatto al Giap­pone di oggi e, soprat­tutto, di domani. L’intuizione di Son, pre­si­dente e ad di Soft­bank, non­ché uomo più ricco del Giap­pone, potrebbe essere pre­miata. Anche in virtù del fatto che il Paese del Sol levante è già uno dei prin­ci­pali mer­cati per gli automi, con un giro d’affari sti­mato in quasi 8 miliardi e mezzo di dollari.

Son è uno che ha dimo­strato di vederci parec­chio lungo, quando si tratta di pro­fitto. Quin­dici anni fa, fu tra i primi a scom­met­tere sul «guru» dell’ecommerce cinese Jack Ma inve­stendo 20 milioni nell’allora neo­nata Alibaba.

Non c’è solo intuito nella stra­te­gia di Sof­bank. In un periodo in cui si ini­ziano a sen­tire i primi segni dell’invecchiamento a ritmi soste­nuti del paese — la neces­sità di soste­nere le cure dei cit­ta­dini più anziani e una cro­nica carenza di mano­do­pera — i robot potreb­bero rap­pre­sen­tare una solu­zione ideale.

Anche in con­si­de­ra­zione delle poli­ti­che restrit­tive sull’immigrazione: solo l’1,1 per cento della forza lavoro giap­po­nese è costi­tuita da stra­nieri, spesso reclu­tati in paesi come Cina, Viet­nam e Filip­pine e assunti, ai limiti dello sfrut­ta­mento, come appren­di­sti con sti­pendi da fame e nes­suna garanzia.

Un recente stu­dio dell’Istituto nazio­nale per le ricer­che sulla popo­la­zione e la pre­vi­denza sociale di Tokyo ha dimo­strato che entro il 2060 la popo­la­zione giap­po­nese – che oggi conta 128 milioni di per­sone – potrebbe ridursi di un terzo, con gli ultra­ses­san­tenni a costi­tuire oltre il 40 per cento della popo­la­zione totale.

Un altro stu­dio scien­ti­fico ha sti­mato che nei pros­simi dieci anni un 65enne su cin­que sarà affetto da demenza senile per arri­vare a uno su tre nel giro di poco più di 40 anni. Con riper­cus­sioni impo­nenti sulla spesa pub­blica e sull’intero sistema pro­dut­tivo giap­po­nese: sono più di 5 milioni di lavo­ra­tori con oltre 65 anni ancora in atti­vità una vera e pro­pria «bomba ad oro­lo­ge­ria» — per citare un arti­colo pub­bli­cato tempo fa da Bloom­berg — per il sistema pen­sio­ni­stico nazionale.

Non a caso il governo Abe ha pre­di­spo­sto una spesa record di 31,53 mila miliardi di yen (poco più di 230 miliardi di euro) per il bud­get dello Stato del 2015. Per ovviare alla pro­ver­biale «fred­dezza» degli automi, a giu­gno 2014 Soft­bank e Alde­ba­ran hanno pre­sen­tato un modello in grado di inte­ra­gire con le emo­zioni umane.

Pep­per, que­sto il suo nome, sarà com­mer­cia­liz­zato il mese pros­simo ed è dotato di un soft­ware per il rico­no­sci­mento fac­ciale e un numero di videocamere, sen­sori e regi­stra­tori audio. Prezzo di mer­cato: circa due­mila dollari.

«Il nostro obiet­tivo è svi­lup­pare robot capaci di affe­zio­narsi e in grado di far sor­ri­dere le per­sone», ha spie­gato lo stesso Son durante la con­fe­renza evento di pre­sen­ta­zione del robot. Pochi mesi dopo Pep­per ha tro­vato il suo primo ingag­gio: ven­dere la mac­chine del caffé Nespresso in oltre mille punti ven­dita in tutto il Giappone.

Sem­pre tar­gato Softbank-Aldebaran è Nao, l’androide che acco­glierà i clienti delle filiali tokyoite della Mitsu­bi­shi Ufj, la prima banca giap­po­nese. Pro­gram­mato per rispon­dere in 19 lin­gue, il robot, alto poco meno di 60 cm, indi­cherà ai clienti della banca il ban­co­mat o lo spor­tello giu­sto a cui rivol­gersi per chie­dere un mutuo.


[Foto credit: chillingspace.com]

«Nao è carino e ami­che­vole, siamo sicuri che i nostri clienti lo ado­re­ranno», ha spie­gato il respon­sa­bile It di Mitsu­bi­shi Takuma Nomoto a Bloom­berg. A seconda del feed­back, la banca deci­derà se aumen­tare il numero di Nao nelle sue filiali, con un occhio alle Olim­piadi del 2020 che por­te­ranno, negli auspici del governo giap­po­nese, un flusso ingente di turi­sti pro­ve­nienti da tutto il mondo nel Paese-arcipelago.

Tra poco più di 6 anni, nem­meno l’offerta alber­ghiera potrà essere al di sotto delle aspet­ta­tive. L’annuncio della prima banca del Giap­pone di impiego di robot in ausi­lio al per­so­nale umano delle sue filiali, arriva negli stessi giorni in cui l’azienda che gesti­sce il parco a tema Huis Ten Bosch, una rico­stru­zione di una città olan­dese nella pro­vin­cia meri­dio­nale di Naga­saki, ha annun­ciato l’apertura per la pros­sima estate di un albergo quasi inte­ra­mente gestito da automi.

Niente più chiavi da lasciare alla lobby, ma aper­tura delle stanze dopo una scan­sione fac­ciale del cliente; staff in mag­gio­ranza robo­tico con il sup­porto di una decina di umani: così lo Henna Hotel (let­te­ral­mente lo «strano» hotel) si pro­pone come una strut­tura all’avanguardia, impe­gnata a «soste­nere l’evoluzione con­ti­nua» dell’ospitalità alber­ghiera, nella mas­sima effi­cienza e nella più totale sicurezza.

Cosa che, per qual­cuno, solo l’assenza di umani può garantire.

[Scritto per il manifesto; foto credit: japantimes.co.jp]