Gaza, vista da Pechino

In by Simone

Di fronte all’ennesima offensiva delle forze israeliane nella Striscia di Gaza, la Cina si è da subito impegnata per favorire un immediato cessate il fuoco e il ristabilirsi di un tavolo di trattativa tra le due parti. Gli sforzi messi in atto fin ora sono caduti nel vuoto, e perfino la risoluzione 1860 votata all’ONU con la sola astensione degli Stati Uniti non è stata accettata da nessuna delle due parti. Tuttavia va considerato che nell’ambito della diplomazia internazionale in medio oriente, il profilo mantenuto dalla Cina resta piuttosto basso, giocandosi su un terreno politicamente molto delicato per Pechino.


I rapporti che la Repubblica Popolare intrattiene con Israele e Palestina sono, da sempre, piuttosto complessi. La Cina è uno dei pochi paesi ad avere un rapporto amichevole con la popolazione ebraica che risale già alla fine dell’Ottocento, quando gli ebrei in fuga dai pogrom degli zar vennero accolti nel Celeste Impero. Questo particolare rapporto ha condizionato positivamente lo sviluppo delle relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele sin dalla sua nascita. Gli scambi commerciali e militari si sono sempre mantenuti ad un alto livello, persino durante la guerra fredda, (quando la Cina aveva ormai rotto i ponti con l’Urss).
Ciò nonostante non sono pochi i motivi di frizione tra le due parti, in particolar modo riguardo la politica estera che i due Paesi adottano. I forti legami tra Israele e Stati Uniti rappresentano una delle preoccupazioni di Pechino. Il ruolo strategico di influenza nell’area ha acquistato sempre più importanza anche per il gigante cinese bisognoso di risorse energetiche, e la necessità di conquistarsi un ruolo in quello scacchiere è diventata fondamentale. Proprio alla luce di questo, crescenti si fanno i rapporti con gli stati arabi causando in questo modo il malcontento di Tel Aviv, in particolar modo per le relazioni con l’Iran, primo partner commerciale della Cina in medio oriente. D’altra parte anche le relazioni tra Israele e Taiwan irritano il governo cinese causando dei momenti di raffreddamento nei rapporti tra le due parti. A tutto questo si aggiunge anche la condanna da parte cinese della politica israeliana di occupazione dei territori palestinesi, e il sostegno al rispetto della risoluzione ONU 242 del 1967, che Israele si è sempre rifiutato di rispettare.


Per quanto riguarda le relazioni con la Palestina anch’esse risultano piuttosto complicate. Già dal  periodo maoista la Cina, nel nome della lotta internazionale dei popoli, ha sostenuto l’OLP e da allora ha continuato a schierarsi a favore della formazione di uno stato indipendente palestinese, con un costante aiuto alla popolazione. Tuttavia il quadro attualmente assume una forma diversa: la Cina non agisce più nel nome dell’ideologia, ma si ritrova ad indossare i panni di potenza mondiale seduta al tavolo dei grandi.  Per questo, si ritrova a giocare in un ambito di equilibrismi diplomatici diversi. In secondo luogo all’interno del movimento palestinese si è fatta crescente la componente religiosa che sicuramente non può essere appoggiata da Pechino. Seppure continuano le relazioni con Hamas e gli aiuti economici alla popolazione, la Cina rifiuta in toto la politica del movimento di resistenza islamico, soprattutto in funzione della lotta al terrorismo internazionale alla quale Pechino prende parte da tempo.
In questo scenario vanno collocate le dichiarazione delle autorità cinesi e il loro impegno nella risoluzione di quest’ennesima crisi. La Cina affacciatasi sul golfo persico da poco, non ha ancora sviluppato una forte capacità incisiva e l’interesse a poter diventare un protagonista attivo la portano per ora ad assumere delle posizioni piuttosto equidistanti.