Foxconn – Il tetto che scotta

In by Simone

Circa 150 dipendenti sono stati due giorni in cima allo stabilimento Foxconn di Wuhan. Minacciavano un suicidio di massa  per l’ennesima disputa salariale. La situazione si è normalizzata solo dopo l’intervento dei vertici aziendali e dei funzionari locali del Partito comunista.
L’incidente si è concluso”, recita il comunicato del colosso dell’elettronica diffuso quarantotto ore dopo l’inizio dello sciopero e dopo che le immagini degli operai affacciati dal tetto avevano fatto il giro del mondo.

Tutto “si è concluso in modo pacifico con il dialogo”, ha detto un portavoce del colosso dell’elettronica, che tra gli altri assembla in Cina i prodotti Apple, Acer, Microsoft.

Proprio la società fondata da Bill Gates ha ritenuto necessario rendere pubblico l’avvio di un’inchiesta sull’incidente dopo che in un primo momento si era diffusa la voce che gli operai fossero impiegati nella produzione delle console Xbox.

Al centro della disputa invece il trasferimento di circa 600 lavoratori in una nuova linea di produzione, per i pc Acer, senza un adeguato addestramento. “Abbiamo dovuto iniziare a lavorare impreparati e senza sapere quando saremo stati pagati”, ha detto uno degli operai in sciopero al britannico Telegraph, “La linea andava troppo veloce e dopo una sola mattinata avevamo già vesciche e la pelle nera. Lo stabilimento inoltre era pieno di polvere. Era impossibile stare lì”.

La protesta era iniziata immediatamente. I dirigenti avevano messo gli operai davanti a una scelta:o tornare a lavoro o dare le dimissioni ricevendo una buonuscita. In 45 avevano optato per la seconda possibilità.

D’altronde il capodanno cinese è alle porte e per i lavoratori che dalle fabbriche tornano nei propri villaggi di origine si tratta del principale, se non unico, periodo di vacanza.

Mentre gli altri ritornavano a lavoro, un centinaio di loro ha invece deciso per la linea dura scegliendo una forma di protesta contro cui la dirigenza non poteva rimanere impassibile, costretta perciò a trattare.

Negli ultimi due anni la Foxconn è stato bersaglio delle organizzazioni sindacali e per la tutela dei diritti umani per la serie di suicidi o tentati suicidi di giovani operai.

Dal 2010 in 18 si sono lanciati nel vuoto dai tetti degli stabilimenti o dei dormitori perché non reggevano più le condizioni di lavoro fatte di lunghi turni in linea e disciplina militare. Soltanto in quattro sono sopravvissuti.

L’azienda ha risposto al fenomeno installando reti di sicurezza; con aumenti salariali;  con il trasferimento di alcuni impianti dalla zone coste all’interno, più vicino ai luoghi di origine dei lavoratori migranti, ma anche dove il costo del lavoro è più basso; fino al progetto di impiegare nella propria catena di montaggio un milione di automi entro il 2013.

E da ultimo con una settimana in più di ferie per il capodanno, che cade il 23 gennaio. Una concessione ai dipendenti taiwanesi che lavorano nel continente cui il patron Foxconn, Terry Gou, ha messo a disposizione aerei che porteranno sull’isola 5.000 dipendenti per le elezioni presidenziali fissate per domenica.

L’imprenditore, come molti suoi colleghi, ha apertamente sostenuto il presidente in carica, Ma Ying-jeou e e la politica di riavvicinamento alla Cina, sancita dall’accordo di cooperazione economica (Ecfa) siglato a luglio del 2010, punto più alto delle relazioni tra le due sponde dello Stretto dopo la fuga dei nazionalisti dal continente nel 1949 e la vittoria nella guerra civile dei comunisti di Mao Zedong.

Forse spera che voteremo per Ma”, ha detto un dipendente intervistato dal Sydney Morning Herald, “ma alle urne decideremo di testa nostra”.

Nelle stesse ore in cui sui tetti si consumava la protesta di Wuhan, ha riferito il China Labour Bulletin, oltre 1.000 dipendenti dell’impianto di Yantai, sono entrati in sciopero per chiedere salari adeguati e congrui a quanto pattuito.

Gli operai accusano l’azienda di pagare loro 150 yuan in meno di quanto stabilito a febbraio2011, con salari base di 1450 yuan (140euro circa) che in media dopo nove mesi non superano i 1.600 yuan.

[Scritto per Rassegna.it; foto credits: http://media.photobucket.com]