Finite le indagini, nessuno ci crede

In by Simone

Sono terminate le indagini sulla morte di Li Wangyang, l’attivista arrestato dopo i fatti di Tian’anmen. Per le autorità si sarebbe trattato di suicidio per impiccagione. Ma Li aveva i piedi a terra ed era sordo, cieco e troppo malato per togliersi la vita. Amici e parenti non ci credono, e chiedono le prove. Un’indagine durata un mese sulla morte di Li Wangyang ha confermato che il dissidente – imprigionato per 21 anni in seguito ai fatti di Tian’anmen nel 1989 – si sarebbe suicidato.

Subito sopo il decesso, all’inizio di giugno, si erano diffuse voci secondo le quali l’impiccagione sarebbe stata una messinscena per nascondere un omicidio o un errore della polizia. I risultati non hanno dissipato i dubbi di amici e attivisti.

Li Wangyang aveva passato due decenni a guardare la Cina da una prigione. Era stato arrestato perché, durante le proteste che scossero la Cina nel 1989, aveva appeso un cartello nella città di Shaoyang, invitando i lavoratori a scioperare in segno di supporto alle manifestazioni.

Dopo la repressione e la fine delle proteste, organizzò anche un memoriale per le vittime.

La punizione furono 11 anni di detenzione, poi aumentati a 21 per le sue proteste contro presunti maltrattamenti subiti in prigione. Era tornato libero quest’anno, sessantaduenne, ed era stato ricoverato per problemi di diabete in un ospedale della regione dello Hunan.

Il 6 giugno è stato trovato senza vita nella sua camera, impiccato alla finestra. Le foto diffuse su internet mostrano però che i piedi di Li toccavano terra, e resta un mistero come l’uomo – sordo, quasi cieco e debolissimo dopo la prigionia – sia riuscito a togliersi la vita da solo.

Dopo il decesso e le proteste dei conoscenti, le autorità dello Hunan avviarono un’indagine. I loro rapporti, secondo quanto è stato riportato dal South China Morning Post, “hanno ribadito che Li, cieco, sordo e a malapena in grado di muoversi dopo anni di tortura […] ha strappato un striscia di tessuto dalla lenzuola del suo letto e l’ha usata per impiccarsi alla finestra mentre il suo compagno di stanza dormiva”.

Uno dei documenti resi pubblici, “con un totale di oltre 10mila parole, è entrato nei dettagli per spiegare come Li sarebbe stato in grado di impiccarsi pur avendo i piedi a terra”.

Il rapporto ha anche lodato il lavoro del team di investigazione, poiché “il lavoro sulla scena della morte, l’autopsia… tutto è stato gestito in modo corretto”.

Una delle indagini era però “principalmente basata su una revisione dei documenti stilati durante la prima investigazione della polizia, le registrazioni della telecamera di sicurezza dell’ospedale e alcune interviste con il personale e i pazienti”.

I rapporti ha riportato che l’autopsia sarebbe avvenuta alla presenza di Li Wangling, sorella dell’attivista, e di Zhao Baozhu, marito di quest’ultima.

Contestualmente, è stata anche rilasciata una nota firmata a mano dalla donna secondo la quale le autorità avevano gestito in modo adeguato il caso. Eppure lei e suo marito sono spariti dalla circolazione l’8 giugno, dopo aver protestato per la morte di Li.

Attivisti e conoscenti non ci hanno creduto. Secondo quanto è stato riportato dai media di Hong Kong, “gli amici di Li non sono stati sorpresi dai risultati, ma si sono infuriati. Hanno detto che l’indagine non teneva conto dei dubbi pubblici riguardanti la morte di Li e hanno criticato pesantemente gli sforzi delle autorità dello Hunan per reprimere i suoi amici”.

Avrebbero anche chiesto che i video registrati dalle telecamere di sorveglianza e le informazioni sui parenti dell’uomo fossero resi pubblici.

Se le autorità cinesi sono serie nell’affrontare i problemi delle amministrazioni locali nella gestione del caso, perché i parenti e gli amici di Li [..] non possono rilasciare dichiarazioni alla stampa liberamente?” ha detto Tang Jingling, un attivista per I diritti legali al quale in passato si era rivolto Li.

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.

[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: 500px.com]