Fare affari. Il tour africano di Li Keqiang

In by Simone

Il premier cinese Li Keqiang ha offerto nuovi aiuti all’Africa per almeno 12 miliardi di dollari, promettendo anche di condividere avanzate tecnologie per sviluppare ferrovie ad alta velocità nel continente nero. Li ha promesso tale finanziamento supplementare in un discorso tenuto presso la sede dell’Unione Africana di Addis Abeba, in Etiopia, prima tappa di un tour africano che toccherà quattro Paesi.
La Cina aumenterà le linee di credito all’Africa di 10 miliardi di dollari e incrementerà il fondo di sviluppo Cina-Africa di altri 2 miliardi, portandolo a un totale di 5, riporta Xinhua, senza fornire ulteriori dettagli. Li “ha espresso il sogno che tutte le capitali africane siano collegate con treni ad alta velocità, in modo da favorire la comunicazione e lo sviluppo pan-africano”, dice l’agenzia ufficiale cinese.

La Cina potrebbe anche offrire 100 milioni di dollari in aiuti per la tutela della fauna selvatica, gesto da leggersi come una specie di risarcimento ideale per tutte quelle specie a rischio estinzione proprio a causa dei consumi cinesi, come i rinoceronti, cacciati a causa dei loro corni d’avorio.
È questa la prima visita di Li in Africa in qualità di premier, e segue un viaggio nel continente di Xi Jinping, avvenuto nel marzo dello scorso anno. In quell’occasione, il neoeletto presidente confermò un’offerta di 20 miliardi di dollari in prestiti per l’Africa tra il 2013 e il 2015.

E mentre la politica fa il suo mestiere, il business avanza. In contemporanea con l’arrivo di Li in Nigeria, seconda tappa del suo viaggio africano, la China Civil Engineering Construction Corporation, filiale della China Railway Construction Corporation (CRCC), ha firmato un contratto quadro drl valore provvisorio di 13,12 miliardi dollari con il ministero nigeriano dei Trasporti per la costruzione di una ferrovia costiera di 1.385 chilometri.

È il modello win-win di espansione commerciale cinese, che spesso viaggia su rotaia. Analoghi contratti per la costruzione di infrastrutture sono stati firmati in passato in Sud America (Argentina) e nel Sudest Asiatico. La Cina offre un pacchetto prêt-à-porter che va dai binari alle locomotive, competitivo nei costi rispetto a eventuali concorrenti occidentali. In cambio, materie prime.

Questo era il modello win-win finora, ma il viaggio di Li sembra (o vorrebbe) inaugurare un diverso rapporto con il continente nero dopo che le critiche al “neocolonialismo” cinese sono piovute non solo dai tradizionali media corporate occidentali (da che pulpito), bensì anche dagli stessi partner africani.

L’anno scorso, il governo dello Zambia ha sequestrato una miniera di carbone cinese a gestione privata sostenendo che il management aveva del tutto omesso di occuparsi della sicurezza, della salute dei lavoratori e dell’impatto ambientale. Nel 2010, sempre in Zambia, due manager cinesi furono accusati di avere sparato ai minatori durante una controversia di lavoro, Gli scontri successivi causarono la morte di un operaio cinese e il ferimento di altri due.

Funzionari di Pechino si sono dunque affrettati a precisare che il viaggio di Li non sarebbe semplicemente finalizzato a stipulare accordi energetici, bensì a migliorare gli standard di vita locali. E lui, il premier, alla vigilia del viaggio ha esortato le imprese cinesi a rispettare rigorosamente le leggi e i regolamenti locali, assumendosi la responsabilità per la qualità dei progetti e delle merci, e nei confronti delle comunità locali e dell’ambiente.

Ha anche invitato i Paesi africani a proteggere i diritti legittimi e gli interessi delle imprese cinesi, nonché la sicurezza dei loro dipendenti. Il governo di Pechino è stato infatti messo sotto crescente pressione dai cinesi stessi, affinché tuteli i loro diritti all’estero .

Nel 2013, gli interscambi Cina-Africa hanno raggiunto i 210 miliardi dollari e oltre 2.500 aziende cinesi operano nel continente, riporta Xinhua. Ma esistono tensioni per le accuse di costruzione scadente e di incuranza per la situazione occupazionale e le leggi locali. C’è poi la sensazione diffusa che la presenza pervasiva del Dragone in Africa sia una nuova forma di colonialismo.

Desidero assicurare i nostri amici africani in tutta serietà che la Cina non potrà mai perseguire un percorso colonialista come alcuni Paesi hanno già fatto o permettere che il colonialismo, retaggio del passato, ricompaia in Africa”, ha dichiarato il premier prima della partenza.

Sta di fatto che Li visiterà comunque due Paesi che esportano petrolio alla grande e dove la presenza cinese è già massiccia: Nigeria e Angola, che fanno parte del tour con Etiopia e Kenya.

Li ha auspicato che parte dei prestiti offerti siano utilizzati per sostenere le piccole e medie imprese africane, aggiungendo che lo sviluppo economico del continente offre enormi opportunità a entrambi i partner. E su questo c’è da credergli: il modello di sviluppo economico come strumento principe per risolvere anche i problemi politici e sociali è quello preferito da Pechino, applicato anche entro le mura domestiche, non solo nella Cina “han” (dal nome dell’etnia maggioritaria) ma anche i luoghi come lo Xinjiang e il Tibet. C’è da dire, che a volte funziona e a volte no, come i recenti episodi violenti connessi all’indipendentismo uiguro rivelano.

[Scritto per Lettera43; foto credits: gbtimes.com]