Elezioni Pakistan – Dopo il sangue domani si vota

In Uncategorized by Simone

Seggi aperti domani in Pakistan per le legislative. Ieri si è conclusa una campagna elettorale segnata dalla violenza. Il risultato del voto è incerto. Favorito è l’ex premier Nawaz Sharif. Ma la sorpresa della tornata potrebbe essere l’ex stella del cricket Imran Khan.
La campagna elettorale più sanguinosa del Pakistan è terminata. Domani 86 milioni di pakistani andranno ai seggi per le legislative indette dopo che a marzo, per la prima volta, una legislatura è arrivata alla propria scadenza naturale senza essere interrotta dall’intervento dei militari. Da un governo civile a un governo civile. Anche per questo la tornata è vista come un passo per consolidare la democrazia nel travagliato Paese dei puri. Dei 342 scranni dell’Assemblea nazionale, 272 saranno assegnati direttamente dagli elettori, mentre i 60 riservati alle donne e i 10 alle minoranze in base alla percentuale di voti presi dai partiti

Ieri i leader delle forze politiche in corsa hanno fatto gli ultimi appelli al voto, nello stesso giorno in cui uomini armati attaccavano una manifestazione elettorale del Partito del popolo pakistano e rapivano il figlio dell’ex primo ministro Yusuf Raza Gilani. Ali Haider Gilani è uno dei candidati del Ppp, forza di maggioranza nella passata legislatura.

Non l’ultimo atto dell’offensiva talebana e di altri gruppi contro il processo elettorale. I morti in tre settimane di campagna sono stati almeno 117. Nel mirino dei talebani pakistani, che sono cosa diversa rispetto agli studenti coranici in turbante nero e armi afgani, sono stati principalmente il Ppp e i suoi alleati laici, come l’Awami National Party, formazione in maggioranza legata ai pashtun e il Muttahida Quami Movement.

Ma gli attacchi non hanno risparmiato neanche lo Jamiat-e-Ulema Islam, una delle principali forze religiose, e neppure la Pakistan Muslim League-N dell’ex premier, Nawaz Sharif, favorito per la vittoria sebbene i sondaggi dicano che nessuno dei principali partiti avrà una maggioranza certa.

Per garantire la sicurezza del voto l’esercito, attore di peso nella politica pakistana, schiererà 70mila soldati e 50 elicotteri. Nelle scorse settimane in piena campagna elettorale settori militari non hanno mancato di far sentire il proprio disappunto per il trattamento riservato all’ex presidente, generale, dittatore e capo delle Forze armate, Pervez Musharraf.

L’ex uomo forte del Pakistan era tornato dall’esilio di Dubai per partecipare alle elezioni. Nelle sue intenzioni avrebbe dovuto salvare il Paese e risollevare l’economia pakistana, dovrà salvare invece sé stesso dai processi che lo vedono coinvolto per aver violato la Costituzione e imposto lo Stato d’emergenza nel 2007 e per non aver garantito adeguata protezione all’allora leader dell’opposizione ed ex premier, Benazir Bhutto, uccisa in un attentato durante un comizio elettorale.

Un omicidio cui potrebbe essere legata l’esecuzione del procuratore speciale incaricato delle indagini sul caso, quel Chaudry Zulfiqar Ali che indagava anche sull’attentato di Mumbai del novembre 2008, freddato da sicari la scorsa settimana.

 “Queste elezioni sono la volata finale per il nostro Paese”, ha detto concludendo la tornata elettorale l’ex campione di cricket prestato alla politica Imran Khan. Un discorso, quello del leader del Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI), tenuto dal letto dell’ospedale dove è ricoverato per i traumi della caduta di mercoledì durante un comizio.

Khan, 60 anni, è precipitato da una piattaforma che lo stava portando sul palco, da un’altezza di circa 4 metri, fratturandosi una costola e tre vertebre. Nell’intervento durato nove minuti ha esortato tanto gli abitanti delle aree tribali quanto i cittadini del Belucistan, provincia ferita dalla violenza separatista, a recarsi ai seggi e votare. Una stoccata è andata al Ppp della dinastia Bhutto e del vedovo di Benazir, nonché presidente uscente, Asif Ali Zardari. Quante altre volte vi venderete a loro, ha chiesto agli abitanti della provincia di Sindh.

Khan si propone come forza alternativa ai due partiti che dominano la scena pakistana: il Ppp dei Bhutto e la Pakistan Muslm League-N di Sharif. Con il suo tsunami elettorale ha conquistato le simpatie dell’elettorato e soprattutto dei giovani, in un Paese in cui il 60 per cento della popolazione ha meno di 30 anni. Personaggio controverso, a detta di molti un populista, è guardato con sospetto dagli Stati Uniti per le sue posizioni sulla necessità di dialogare con talebani e militanti islamici. Allo stesso tempo è considerato un sostenitore delle “lobby ebraiche” dai partiti religiosi. 

Tra i punti del programma mette la lotta contro alla corruzione, l’opposizione ai bombardamenti statunitensi con i droni nell’ambito di una lotta contro il terrorismo che non risparmia i civili e chiarezza sulla necessità di pagare le tasse in un Paese dove soltanto una minoranza lo fa e quasi nessuno tra quanti siedono in Parlamento o sono al governo.

La stessa caduta che gli è costata il ricoverò è segno della sua vicinanza alla popolazione, della presenza fisica ai comizi, contrapposta ai discorsi trasmessi su video dal giovane leader del Ppp, Bilawal Bhutto, 24enne figlio di Benazir e Zardari, messo alla testa del partito alla morte della madre, che guida la campagna elettorale dal Dubai per motivi di sicurezza.

Tema quest’ultimo di primaria importanza per il Paese assieme all’economia. Come ha scritto Ahmed Rashid sul Financial Times, sono stati in pochi a ricordarsi che il Paese rischia di scivolare verso la bancarotta, stretto tra scarse entrate e pesanti uscite, in gran parte per ripagare i debiti con il Fondo monetario internazionale. Nessuno, scrive il giornalista, sembra avere un’agenda chiara al riguardo.

In compenso nessuno si è esentato da qualche attacco all’Occidente, alla Nato e agli Stati Uniti “per guadagnare popolarità”. Lo stesso vale per il tentativo di fomentare separatismi etnici al fine di arrivare ad alleanze. Resta da ultimo il nodo principale del sistema pakistano, il rapporto tra il governo civile e i militari, cui di fatto è appaltata la politica estera sia nel rapporto con l’India sia con gli Usa sia con l’Afghanistan. Manca una posizione al riguardo. Nel mentre a Bruxelles all’incontro tra il segretario di Stato Usa, John Kerry, e il presidente afgano, Hamid Karzai, il Pakistan era rappresentato dal capo delle Forze armate, generale Ashfaq Pervez Kayani.

[Foto credit: rferl.org]