Dragonomics – Una Cina stanca, ma economicamente centrale

In by Gabriele Battaglia

Nonostante il ritmo di crescita più contenuto dall’ultimo quarto di secolo, la Cina continuerà ad avere un ruolo fondamentale nell’economia globale. Per gli analisti di Hsbc, i mutamenti nelle abitudini dei consumi cinesi e del modello di sviluppo avranno effetti sul resto del mondo. La Cina della «nuova normalità economica» è grande, diventerà ancora più grande ed è in trasformazione. La frenata della crescita non preclude al ruolo che Pechino si sta ritagliando a livello globale. «Se gli Stati Uniti sono ancora la più grande economia al mondo, la Cina è quella più importante», scrivono gli analisti di Hsbc. La relazione tra Pechino e il resto del mondo, sottolineano Julia Wang e James Pomeroy nel documento, stanno diventando allo stesso tempo più complesse: «può trattarsi di un viaggio allo zoo Taroga di Sydney, una trascinante nuova telenovela coreana, un negozio di lusso a Londra, un calciatore multimilionario, un pagamento online con una applicazione, una robot o un auto elettrica. Tutte queste strade conducono, in un modo o in un altro, in Cina. Bisogna soltanto unire i punti».

L’analisi sembra contraddire le letture negative sulle prospettiva cinesi, almeno nel breve periodo. La crescita nel 2015 è stata la più bassa da un quarto di secolo e il Paese è alle prese con una difficile transizione del proprio modello produttivo. Il peso della Repubblica popolare equivale comunque al 12% del prodotto interno lordo mondiale e al 30% degli investimenti globali.

Nel 2015 le operazioni di fusione e acquisizione portate avanti dalle aziende del Dragone hanno toccato i 385 miliardi di dollari, con un aumento del 213% rispetto ai dodici mesi precedenti. E nel primo trimestre di quest’anno il contributo cinese alla crescita mondiale ha contato per il 47%. «Il già formidabile potere commerciale sta cambiando alla ricerca di nuovi mercati e con la creazione di ulteriori canali per far fluire gli scambi», sottolineano i due autori.

I settori tradizionali e l’industria pesante tirano il fiato, affaticati dall’eccesso di capacità produttiva e domanda in calo. Di contro sono già presenti nuovi motori di sviluppo: i social media, il cinema, i viaggi, la ricerca. A trainare questi comparti sono i consumi, compresi quelli di servizi e prodotti non tangibili.

Soltanto ad aprile la serie coreana Descendants of the Sun è stata vista in streaming 2,3 miliardi di volte. E con i telefilm aumenta la voglia dei cinesi per altri prodotti della cultura coreana siano la cosmesi, il cibo, la musica pop. Secondo un calcolo di Hsbc, la sola domanda cinese potrebbe contribuire al pil della Corea del Sud per un ammontare compreso tra i 0,2 e gli 1,8 punti percentuale a seconda di quale sarà il ritmo di crescita della Repubblica popolare.

Entro il 2025, prevedono gli analisti della banca britannica, due terzi della popolazione avrà un reddito medio, calcolato tra i 12 e i 50 dollari al giorno. Per paradosso, la Cina è sia la seconda economia al mondo sia un Paese ancora in via di sviluppo. Un giudizio che la passato dirigenza di Hu Jintao e Wen Jiabao sottolineava quasi ad allontanare da Pechino il peso delle responsabilità che la carature commerciale ed economica comportava, ma che l’attuale presidenza Xi Jinping sembra aver accantonato con un atteggiamento più assertivo. L’economia locale, scrivono gli economisti di Hsbc, dovrà però ancora espandersi di un ulteriore 40% prima di poter essere annoverato tra i Paesi a reddito alto. E questo ovviamente comporterà ulteriori opportunità per quanti puntano ancora sul gigante asiatico. Magari intercettando i nuovi bisogni e le necessità.

Le mutazioni nei gusti dei cinesi si rifletto anche nell’interesse per il calcio, trainato anche dal sostegno governativo all’avanzata nel mondo del pallone. Crescono pertanto le spese per la China Super League, la massima serie locale, le cui squadre hanno fatto concorrenza alle compagini europee nel contendersi i calciatori. Proprio di questi giorni è l’offerta di quattro investitori per una delle più importanti agenzie calcistiche britanniche, il gruppo Stallar.

Ciò che sta avvenendo è lo spostamento verso l’altro della catena di valore. Nel 1995 la produzione ad alta intensità di lavoro come giocattoli e scarpe pesava per il 36% delle importazioni cinesi. Oggi questa percentuale è scesa al 26%, mentre i macchinari e l’equipaggiamento per il trasporto sono saliti nello stesso periodo dal 21% al 46%. E L’ultimo piano quinquennale spinge ulteriormente verso la qualità, l’innovazione, la ricerca e i diritti di proprietà intellettuale.

Ecco perché anche le stesse importazioni cinesi si stanno evolvendo. Un tempo erano soprattutto beni da Paesi in via di sviluppo, in particolar modo materie prime. Ora la domanda è di servizi e valore aggiunto, come può essere il caso dei farmaci o dei dispositivi medici. Ed è qui che si aprono ulteriori spiragli di cooperazione e relazione con l’Occidente.