Dragonomics – Alibaba, l’Ipo dei record

In by Simone

Jack Ma diventa l’uomo più ricco di Cina e la sua creatura è ora "too big to fail". Le implicazioni non sono solo economiche e questo cinquantenne con l’aria dell’eterno ragazzo (parecchio nerd) potrebbe assurgere a protagonista assoluto del futuro cinese. Uno status da maneggiare con estrema cura. L’Ipo era già da record, con quasi 22 miliardi di dollari rastrellati e una valutazione iniziale salita a 68 dollari dai 66 previsti solo pochi giorni fa; poi quando le contrattazioni si sono realmente aperte, alle 11:54 ora di new York, le azioni di Alibaba sono immediatamente schizzate a 92,70 dollari, cioè oltre il 35 per cento in più rispetto al prezzo di offerta pubblica iniziale. Venerdì sera, il valore di mercato del gigante dell’ecommerce cinese era stimato oltre i 220 miliardi dollari, il che lo collocava più in alto di Facebook, dopo che Amazon era già stata abbondantemente staccata già in sede di Ipo.
Lunedì mattina, con la collocazione di altre azioni sul mercato, la Ipo è salita a 25 miliardi, divenendo la più grande della storia.

Bisogna tener presente che, tra i clienti retail (cioè i “piccoli”), l’Ipo poteva essere sottoscritta solo da residenti Usa, gli unici legittimati a comprare azioni oltre agli investitori istituzionali (fondi d’investimento, fondi pensione e così via). Ora il mercato potrà finalmente scatenarsi a livello globale e le azioni schizzeranno ulteriormente verso l’alto.
Un analista di Piazza Affari, che è stato di recente a Singapore e ha parlato con brokers locali, ci ha raccontato che nell’ambiente si ritiene che il titolo sia “un po’ tirato”, ma – aggiunge – “questo poco importa, perché questi si chiamano mercati finanziari, non economici; quindi, le valutazioni azionarie rispecchiano più le aspettative e/o le bolle che si creano, piuttosto che reali valutazioni basate sui fondamentali”.

Insomma, Alibaba è l’evento borsistico dell’anno e il suo fondatore nonché presidente, Jack Ma, si è trasformato nel momento stesso in cui è comparsa la valutazione di 92,70 dollari nel più ricco uomo della Cina. La sua quota di azioni – circa il 9 per cento – ha ora un valore di oltre 17 miliardi di dollari che si aggiungono ai circa 800 milioni ricavati dalla vendita di una parte. Possiede inoltre partecipazioni separate in aziende consociate, come Alipay.

Infatti, Alibaba non è solo un sito di ecommerce, ma un sistema integrato.
Ne fa parte Taobao, una piattaforma consumer-to-consumer (C2C), che ti permette di aprire un negozio e venderci quello che ti pare. Negli anni ha figliato, dando alla luce siti più specializzati (Tmall, sper i grandi brand; Juhuasuan, per le vendite flash limitate nel tempo). Poi c’è Alibaba vero e proprio, business-to-business (B2B), e altri siti collaterali. A gestire i pagamenti, ecco Alipay, una piattaforma online tipo PayPal che copre ormai la metà delle transazioni economiche online in Cina.
Chi vive oltre Muraglia, cinese e anche no, è immerso quotidianamente in questo sistema.

La diversificazione messa in atto da Ma non si ferma però solo all’ecommerce: a inizio anno, è nata a Hong Kong la Alibaba Pictures Group, una media company che ha immediatamente comprato quote del leader cinese dei video online, Youku Tudou (il “YouTube cinese”), della televisione via cavo e internet Wasu Media, e del Chinavision Media Group, un’impresa che spazia dalla vendita di diritti cinematografici e televisivi alla distribuzione di giornali, passando per l’entertainment su reti mobile e la pubblicità.
La razzia è così ampia che di recente diversi analisti hanno sollevato il sopracciglio temendo che Jack Ma stesse allontanandosi dal core business. È successo soprattutto la scorsa primavera, con l’acquisto della metà del Guangzhou Evergrande, la squadra di calcio allenata da Lippi. Ma Alibaba è impegnata in una gare a tutto campo: in casa, dove con Baidu e Tencent si contende le start-up più innovative; e all’estero, dove è stato lanciato il guanto di sfida ad Amazon. A casa sua.

Nei giorni scorsi si era diffusa la voce che il fondatore-quasi guru volesse trasferirsi all’estero come fanno tanti ricchi cinesi. Lui nega, giurando amore eterno per Hangzhou, la città dove è nato, cresciuto e ha creato la propria fortuna.
Sarà interessante capire che ruolo assumerà questo ragazzo prodigio, ora cinquantenne, nell’establishment cinese.

Durante la visita di Renzi in Cina, la scora primavera, si aggirava splendente nelle sale dell’Assemblea del Popolo, primus inter pares nel gotha dell’imprenditoria cinese, unico a indossare un abito tipico tra decine di uomini in blazer e regimental.
In quell’occasione eravamo riusciti a intervistarlo e ci spiegò che la sua creatura si sposa perfettamente con le piccole-medie imprese italiane: "Nei giorni scorsi, abbiamo fatto una piccola promozione di prodotti italiani, cibo", ci raccontò entusiasta. "Abbiamo venduto 30mila pizze in tre giorni, il che è incredibile. Trentamila tipi diversi di pasta e altrettante bottiglie di vino; e questa non è che una piccola promozione. La gente ama questo genere di cose – aggiunse – i Paesi che hanno soprattutto piccole-medie imprese sono i luoghi dove noi desideriamo essere".

Ma partendo dalla pizza, si era spinto su più ampie visioni, un proiezione del futuro. "La Cina, come l’Italia, ha una lunga storia. Quando hai tutta questa storia non vuoi andare avanti, ma internet ha ringiovanito la Cina. Quindi pensiamo ci dia molte opportunità e troviamo anche interessante che in Paesi come il nostro internet trasformi soprattutto i giovani. E i giovani cambieranno l’avvenire, quindi abbiamo grande fiducia". Sarà il futuro a dirci se sia un programma quasi politico o semplice marketing.

Si dice che il suo Alibaba sia adesso "too big to fail", come le banche Usa che la Casa Bianca salvò con i soldi dei contribuenti al momento della crisi del 2008. Ma nell’accezione cinese, questo essere troppo grande per crollare può soprattutto significare, per Jack Ma, autonomia rispetto ai giochi delle consorterie che si annidano nel potere cinese. O un ruolo di primo piano nello stesso establishment, status da maneggiare con infinita cura.
Intanto, con le sue forme innovative di pagamento e di credito, Alibaba ha già aperto una breccia nel mondo delle banche di Stato, imponendo maggiore competitività a tutto il sistema. Dopo tutto, è perfettamente il linea con gli intenti riformatori dell’attuale leadership.

Ma restando all’oggi senza voli pindarici, mentre si inseguono i commenti e si strabuzzano gli occhi, gli esiti di questa Ipo ci dicono sopratutto due cose.
Primo: il mondo sta facendo una gran fatica a riemergere dalla crisi economica ma, quando si tratta di mercato finanziario, di soldi in giro continuano a essercene parecchi. Saltano fuori per miracolo.
Secondo: il mondo continua ad aspettare come la manna che la Cina faccia da traino alla ripresa globale, nonostante i dubbi sulle regole, la trasparenza, il sistema politico e così via. E Jack Ma, in questo caso, è il messia.

[Parte di questo articolo è stata pubblicata su Il fatto Quotidiano. Immagine di Ailadi]