Per la prima volta nel giro di due settimane, sabato scorso, la giornata è trascorsa senza che in Corea del Sud siano stati registrati nuovi casi di Mers. All’apparenza un segnale del fatto che, forse, Seul, sta venendo a capo dell’epidemia di sindrome respiratoria mediorientale, capace di mettere in crisi il sistema sanitario della quarta economia asiatica. Si tratta di un passo avanti cui tuttavia fa da contraltare il primo caso registrato in Thailandia, che rischia di far riemergere la psicosi in Asia nonostante le rassicurazioni.
Venerdì c’è stato il venticinquesimo decesso legato al diffondersi dell’infezione dal nuovo coronavirus in Corea. L’ultima vittima in ordine di tempo è un uomo di 63 anni, che aveva manifestato i primi sintomi lo scorso 30 maggio, pochi giorni dopo essere stato al Samsung Medical Center per visitare la moglie.
Nei giorni scorsi la direzione del gruppo è stata costretta a chiedere pubblicamente scusa per come ha fatto fronte all’emergenza, aprendo la strada a una ripensamento del sistema di gestione delle crisi. Da quando il paziente zero fu segnalato lo scorso 20 maggio, un uomo di 68 anni di ritorno dalla penisola arabica, il totale dei casi accertati in Corea è salito a 166, con un’incidenza della mortalità attorno al 15 per cento, contro il 36 per cento a livello globale.
Le persone in quarantena o sotto osservazione in tutto il Paese sono invece circa 6.700. La crisi, che ha addirittura spinto la Banca centrale sudcoreana ad abbassare i tassi di interesse per tamponare le possibili ripercussioni economiche, poteva essere contenuta con maggiore efficacia. Come segnalato dall’Organizzazione mondiale della sanità, tra i fattori che hanno contribuito alla trasmissione ci sono stati la mancanza di consapevolezza della malattia degli operatori sanitari; le carenze ospedaliere nel controllare e prevenire l’infezione; il fatto che pazienti con la Mers non siano stati prontamente isolati; l’abitudine di parenti e amici di stare a contatto con i pazienti infetti.
Un mala-organizzazione di cui ha approfittato la propaganda nordcoreana. L’agenzia ufficiale Kcna batte lanci sulla «disastrosa infezione» che attanaglia il Sud e in risposta annuncia la riuscita sperimentazione di un vaccino che sarebbe una sorta di panacea per prevenire diverse infezioni virali, dalla Mers all’Ebola.
Detto ciò, a differenza di quanto paventato nelle scorse settimane, in Corea del Sud il virus non ha sviluppato cambiamenti genetici evidenti rispetto ai casi registrati nella penisola arabica, dove l’infezione si è manifestata per la prima volta nel 2012. C’è tuttavia «un gap di conoscenza riguardo la trasmissione da persona a persona», ha sottolineato l’Oms. Per l’organizzazione con sede a Losanna, la Mers non costituisce però al momento un’emergenza di sanità pubblica internazionale, pertanto non raccomanda di eseguire test ai viaggiatori nei punti di ingresso né di esercitare restrizioni a viaggi o a rotte commerciali
Intanto venerdì scorso la Thailandia ha confermato un primo caso di sindrome respiratoria mediorientale nel Paese. Si tratta di un uomo di 75 anni in arrivo dall’Oman per ricevere cure mediche. Una pratica comune, quella del turismo medico verso il Paese degli elefanti. Secondo quanto riportato dal ministero della Sanità, l’uomo è entrato in contatto con almeno 175 persone. Il ministro Rajata Rajatanavin ha cercato di rassicurare la popolazione. Il caso è stato isolato, ha spiegato, e non si ripeterà quanto successo in Corea.
La psicosi tuttavia è già partita. Sui social network si è diffusa la notizia di un secondo caso a Chiang Mai, un turista di ritorno proprio dalla Corea sarebbe risultato positivo. I rumor sono stati prontamente smentiti.
«L’uomo ha avuto soltanto un brutto raffreddore», ha spiegato Surasing Vissarutrat, vicedirettore dell’ufficio sanitario provinciale citato dal Bangkok Post, «Se ci pensate», ha aggiunto «è difficile prendersi ora la Mers in Corea con tutti controlli che ci sono».
Venerdì tuttavia la conferma del primo caso ha affossato le azioni di compagnie aeree e catene alberghiere. Un altro colpo per il turismo che già risente delle tensioni politiche degli anni passati e dei contraccolpi del golpe senza militare colpo ferire andato in scena un anno fa.
[Scritto per il manifesto; foto credit: io9.com]