Corea del Nord – Un futuro incerto

In by Simone

La morte attesa di Kim Jong-il apre uno scenario di profonda incertezza sul destino delle Coree. L’intervista alla professoressa Rossella Ideo e l’analisi della disastrosa situazione economica che il Caro Leader lascia in eredità al Grande Successore.
L’ordine per i nordcoreani dopo la morte di Kim Jong il è stringersi attorno alla figura del suo successore. “Rimarrò fedele e rispetterò compagno Kim Jong-un", dice una donna in chiusura di un video diffuso dall’agenzia di Stato KCNA, che mostra decine di persone in lacrime rendere omaggio al Caro Leader stroncato da un infarto.

Una morte attesa, almeno fin dall’ictus che lo colpì tre anni fa e che di fatto accelererà il passaggio di poteri al suo terzogenito. Un’ascesa preparata nell’ultimo anno prima con la nomina del ventisettenne -o ventottenne a seconda delle versioni- delfino a generale a quattro stelle e poi con il suo ingresso nella Commissione di difesa nazionale, l’organismo militare che di fatto rappresenta il vertice della Repubblica popolare democratica di Corea. Per i critici il potere del giovane Kim Jong-un potrebbe essere minato dalla scarsa esperienza politica.

Appena 12 mesi passati affianco al Caro Leader contro i 15anni trascorsi da Kim Jong-il accanto al padre Kim Il-Sung fino alla morte nel 1994 prendendone poi il posto.

Le incognite sono molte. Si sa poco del giovane Kim Jong-un. Neppure quanti anni abbia esattamente, l’unica certezza sono i suoi studi in Svizzera”, ha detto al Riformista la professoressa Rosella Ideo docente di “Storia politica e diplomatica dell’Asia Orientale” a Trieste, “Kim Jong-il ha però provveduto a creare un anello di sicurezza attorno al figlio, composto dalla sorella, Kim Kyong Hui, e dal cognato, Jang Song Thaek. In secondo luogo ha posizionato il figlio in posti chiave”.

Come sottolineato da Mark Fitzpatrick dell’International Institute for Strategic Studies, da quando il Grande Successore -com’è ormai chiamato- è assurto a futuro leader nell’ottobre dello scorso anno, all’interno del sistema non si sono create grosse crepe. Certo si sono levate alcune voci contrarie, come quella del fratello maggiore Kim Jong-man.

In primavera, in un’intervista al Tokyo Shimbum, il primogenito aveva definito il sistema di successione non consono a uno Stato socialista. Ma sulle sue parole pesa l’estromissione dalla corsa al trono per essere entrato in Giappone con un passaporto falso per visitare Disneyland assieme alla famiglia.

Al momento, continua Fitzpatrick, se le divisioni ci sono “sono ben mascherate” e si tratta con ogni probabilità di rivalità tra  Partito, esercito e governo che se dovessero emergere prenderebbero la forma della lotta tra i tecnocrati e quanti vogliono proseguire la linea del Caro Leader che pone davanti a tutto i militari.

Il passaggio “dinastico” troverà davanti a sé gli ostacoli di un’economia ormai al collasso e di una carenza di cibo sempre più grave che fa presagire una nuova carestia come quella che colpì il Paese a metà degli anni Novanta. La crisi non scoppierà però immediatamente, sottolinea Fitzpatrick.

Dovrà passare prima il periodo di lutto che nel caso della morte di Kim Il-sung fu di tre anni durante i quali tutto continuò comunque a muoversi dietro le quinte.  “Bisognerà vedere se Jang Song Thaek e la moglie terranno fede a quanto deciso e se gli altri generali saranno d’accordo”, ha ammonito Ideo, “In questo momento si sta trattando con gli statunitensi per superare lo stallo dei colloqui a sei sul nucleare. Ritengo che il desiderio sia quello di presentarsi all’appuntamento con un fronte unito. D’altronde l’interesse nazionale e quello delle élite al potere coincidono”.

Certo, ha aggiunto, la situazione potrebbe precipitare se i militari dovessero optare per azioni più significative del lancio del missile a corta gittata che ha preceduto l’annuncio della morte di Kim e si dovessero ripetere episodi come l’affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan o come il bombardamento dell’isola di Yeonpyeong.

Per la professoressa Ideo sono invece al momento da escludere rivolte sulla falsa riga della primavera araba. Lo sviluppo di internet è un lusso per adesso concesso ai nordcoreani privilegiati e comunque legati al vertice e non esiste infine un’opposizione reale che potrebbe nascere soltanto dentro le élite. Ma non sarebbe vista di buon occhio né dalla Cina né dalla Russia, i più vicini alleati di Pyongyang che soprattutto la prima avrebbero da perdere dal crollo del regime.

[Scritto per il Riformista]

I mercati non amano l’incertezza e vista da fuori nella politica nordcoreana l’incertezza è la regola. All’annuncio della morte del dittatore Kim Jong-il la Borsa di Seul ha perso immediatamente il 2 per cento, con l’indice Kospi che chiudeva la seduta con un meno 3,4 per cento.

Le prove generali di quanto accaduto ieri mattina si erano avute circa un mese fa, quando rumors, poi rivelatisi falsi sula scomparsa del Caro Leader erano stati accolti con perdite. Per molti investitori in oriente, il regime di Pyongyang è da considerarsi un fattore di rischio.

L’arresto cardiaco che ha stroncato l’uomo che per 17 anni è stato al comando dell’ultimo regime stalinista al mondo ha aperto un ventaglio di ipotesi che oscillano dalla più probabile, la successione del terzogenito Kim Jong-un affiancato da una sorta di reggenza composta dagli zii, allo scenario più catastrofico, il collasso della Repubblica popolare democratica di Corea, ricongiunta dopo oltre sessant’anni al ricco Sud filo-occidentale.

L’esperienza, dalla morte di Kim Il-sung nel 1994 alle tensioni militari,ci insegna che i mercati si sono sempre ripresi dopo un calo iniziale”, ha detto al Finacial Times Young Sun-Kwon del Nomura di Hong Kong.

Tuttavia, diciassette anni fa, al momento della successione tra l’Eterno Leader e Kim Jong-il, il potere dell’erede era ormai consolidato. Al contrario, il giovane Kim Jong-un, di cui non si conosce neanche l’età reale, è apparso sulla scena politica da poco più di un anno e la sua scalata al potere è stata accelerata dalle precarie condizioni di salute del padre.

In mano si trova un Paese con l‘economia al collasso, cui l’ultimo colpo è stato inferto dal fallimento della riforma monetaria decisa di punto in bianco nell’autunno del 2010 allo scopo di rallentare l’inflazione ed estirpare il mercato libero, che sei anni prima si era deciso di tollerare, ma che ha dato risultati completamente opposti. Attualmente il reddito pro capite a Nord è meno del 5 per cento degli oltre 15mila euro percepiti dai sudcoreani.

E il valore in dollari della crescita del Pil sudcoreano, spiega Peter Becks dell’Atlantic Council, equivale all’intera economia di Pyongyang. Un divario che ha radici negli anni Settanta ed è diventato una delle incognite di un’eventuale riunificazione della penisola.

Secondo le stime di Becks, in trent’anni l’assimilazione costerebbe a Seul tra due e cinque volte il valore della sua economia, oggi di mille miliardi di dollari.

Contrari a tale ipotesi sono anche la Cina che vedrebbe riversarsi migliaia di esuli che andrebbero ad ingrossare le file della minoranza coreana. E il Giappone che vede in una Corea unita la minaccia di avere accanto una nuova Germania. Non a caso trainate anche Tokyo, Hong Kong e Shanghai hanno chiuso in calo. Rispettivamente dell’1,3, 1,2 e 0,3 per cento.

{Scritto per il Foglio]