China Post Rock: tra parole e musica

In by Simone

La Scena Musicale Indipendente Cinese Vista dai Suoi Interpreti: Intervista a Wang Wen (Pubblicato su Alias, il 18 luglio 2009)

 

Occhi fissi sul suono, in mano un piccolo registratore: “Sto volando”.
A dirlo è Bai Lei, 25 anni, cinese della Mongolia interna, grafico, un ragazzo come tanti giunto a Pechino sognando di fare musica e ritrovatosi prima a fare i conti con le esigenze della vita quotidiana.

Sul palco gli Hualun, uno dei gruppi della nuova generazione post-rock cinese, 24 anni di media. Cosa significa musica indipendente a Pechino, una città che ingoia palazzi costruiti pochi anni fa per sostituirli con shopping mall, buisness center e vetrate a illuminare il ritorno da una giornata in ufficio?

Si potrebbe rispondere che non esistono frontiere e che nei locali si incontrano musicisti stranieri e cinesi, che mai visti prima iniziano semplicemente a suonare, ma per il post-rock è diverso. Perché in Cina non esiste una vera industria musicale indie, perché non esiste un pubblico e perché il post-rock è una nicchia nella nicchia della musica alternativa. Certo, la Cina cambia e si internazionalizza. Parlare di post-rock solo un decennio fa sarebbe stato impensabile, ma negli ultimi tre anni una scena musicale sta muovendo i primi passi e diverse band hanno iniziato ad avere un riscontro con la pubblicazione di album e tournée in tutto il paese.

Una risposta importante viene dalla natura vasta ed eterogenea della scena musicale, con la graduale affermazione di gruppi aperti ad influenze differenti. Iniziatori sono da considerarsi Zhaoze, Godot e Wang Wen, tutte realtà già attive alla fine degli anni novanta e caratterizzate da impronte diverse: melodici ed aperti al cantato i primi, più aspri e di impatto rock i secondi, poliedrici e strettamente artistici gli ultimi.

Alle loro spalle altre band crescono da alcuni anni, dal promettentissimo ed introspettivo sound di 21 Grams e Slept in Spray ai più classici modelli di rock strumentale dei Hualun; dalla vena dark e intellettuale dei Fangao alle atmosfere malinconiche degli Ashes on Wednesday fino alle influenze folk dei pezzi di oNEwAY. E dando uno sguardo alla mappa della Cina ci si rende conto della vastità geografica del movimento, che se più attivo nel Sud-Est, raccoglie comunque città da ogni parte del paese.
   
Wang wen nasce nel 1999 a Dalian, una città di provincia nel Nord-Est, è un progetto a cinque che muove dall’amore per il grunge e il rock d’oltre oceano e che nel 2002 si è avvicinato alla musica strumentale divenendo capostipite del post-rock targato Cina. Al loro primo concerto in uno dei locali storici di Pechino andarono non più di dieci persone, ora alle loro esibizioni i locali si riempiono, i giovani cinesi conoscono Mogwai, Sigur ros, Mono e Godspeed you!… ed il gruppo ha al suo attivo una tournée nel Nord Europa vissuta tra Germania, Danimarca e Regno Unito.

Xie Yugang, chitarra, voce e leader del gruppo, non sa spiegare il perché dell’aumento di attenzione nei loro confronti: “In realtà vorrei saperlo anch’io, ma credo che chi fa musica non possa soffermarsi troppo su questi problemi. Ogni persona è diversa dalle altre, durante i nostri concerti è come se raccontassimo una storia che gli spettatori recepiscono a modo loro, e la storia che loro ascoltano non è quella che raccontiamo noi. Questo credo basti. Per me l’importante è permettere alla mia musica ed alle mie idee di esprimersi. Non so se questo cambiamento sia il segno di una maggiore conoscenza da parte del pubblico o di una società sempre più complessa ed eterogenea: prima ti piaceva il metal, il rap o il punk, ora a Pechino e nelle altre parti della Cina è tutto più sottile, puoi apprezzare questo e quell’altro genere, le divisioni fra stili si sono attenuate. Questo è un bene, avere uno spirito sempre più indipendente significa proprio questo, il pubblico è diventato più indipendente, ognuno sa di per sé ciò di cui ha bisogno. Poi se si guarda a Pechino c’è un abbondanza che ti permette di scegliere cosa e quale gruppo vuoi vedere”.

La musica dei Wang Wen è fatta di due chitarre, basso, batteria, tastiere e alcuni oggetti d’uso quotidiano convertiti a strumento musicale. Momenti di stasi, linee melodiche essenziali ed introspezione anticipano esplosioni sonore che non sembrano mai finire di evolversi, fino a lambire un’essenza emotiva per poi acquietarsi pian piano. Tecnica capace commista a sensibilità percettiva e narrativa. Ed una concezione della musica indefinibile, se non nel suo essere profondamente orientale. E’ questo un punto di ritorno puntuale per la musica strumentale cinese: il confronto con l’Occidente, l’essere accostati costantemente a una scena musicale già esistente, l’essere derivati da essa.

C’è chi, come il batterista dei Hualun Li Jin, sostiene che il post-rock nasca come un genere musicale internazionale più che occidentale, pensa al ruolo che gruppi come i Mono  hanno avuto nello sviluppo del genere, dando una forte impronta ‘orientale’ ripresa da molte altre formazioni. Ma soprattutto, di fronte alla musica, non ci si deve soffermare su questioni di forma, occorre andare dritto all’individualità che questa racchiude. Poi ci sono i migliori gruppi che pur partendo dalla propria interiorità e da una data esperienza culturale riescono a trascendere frontiere e riuscire a comunicare a tutti un sentimento universalmente condivisibile.

Anche Xie Yugang la pensa allo stesso modo: “Credo che tutti gli artisti, se si riconosce il fatto che la musica rock sia una forma d’arte, abbiano un valore in quello che fanno. Nella musica rock la forma è una forma occidentale, ma il contenuto è creazione, cioè legata all’artista e al musicista. La forma, lo stile, il ‘rock’, il ‘post-rock’, il ‘bla-bla-bla rock’ viene tutto dall’Occidente, ma il contenuto è dell’artista, dell’individuo. Penso che nella vera arte la forma non debba sovrastare il contenuto, è solo una cornice in cui poni il quadro con quello che hai dipinto, con un contenuto. E la vera arte viene dalla vita, il contenuto viene dalla vita. E la vita? La vita viene dalla Cina, io sono cinese, il mio è un gruppo cinese e viviamo in Cina. Poi magari viene qualcuno e mi dice che faccio qualcosa di occidentale, che faccio le stesse cose dei Mogwai, dei Godspeed you! Black Emperor, o degli Explosions in the Sky; ognuno ha le proprie sensazioni, ed io credo che l’ascoltatore possa capire cosa sia un copiato e cosa no; se si assume una forma e ci si aggiunge un proprio contenuto credo non sia copiare, perché il contenuto viene dall’esperienza individuale. Per questo quando voglio capire se una canzone mi piace o no, vado a vedere se una musica è vera o falsa, e se una musica è vera capisci subito che viene dall’interiorità di una persona, a prescindere dalla forma”.

In Cina la crescita di una scena musicale indipendente non ha cambiato le carte in tavola, per fare musica ognuno continua ad avere il proprio lavoro e poi si incontra in sala prove la sera. Niente showbiz, niente egotismo ed idealizzazione della rockstar. Andare ad un concerto dei Wang Wen è come stare fra persone che non vedono nella figura dell’artista una proiezione di ciò che vorrebbero essere, ma che si aspettano di ricevere qualcosa. E sul palco i musicisti cercano di offrirlo: “In realtà non esiste alcun eroe rock del cazzo, e la musica rock non può cambiare assolutamente nulla. Il rock è solo un qualcosa che io amo e che tu ami, tu ami ascoltare e io amo ascoltare e fare. L’anno scorso eravamo a Glasgow, dove abbiamo suonato in un locale con altre quattro band locali molto preparate, ho notato che il loro pubblico somigliava molto a quello di Dalian, avevano molta familiarità coi musicisti, chiacchieravano con loro; è questo il rapporto che preferisco, voglio dire un rapporto fra uguali”.
Musica e società. Musica e potere di cambiare le cose. Quella dei Wang Wen e della maggior parte di gruppi post-rock cinesi non è mancanza di coscienza sociale. Il confronto con la realtà sociale e politica cinese è inevitabile per un artista, proteso per definizione verso una creazione libera. E nella Cina d’oggi si fa un gran parlare di democrazia e criticismo occidentale. La libertà a volte diviene un concetto idealizzato per un artista cinese, spesso una sfida, quando non coscienza di un limite o addirittura di un senso di inferiorità. Nelle parole di Xie Yugang c’è la speranza che la dialettica fra Occidente e Cina si possa generare uno sviluppo, che dal confronto venga un innalzamento. Ma se si parla della Cina occorre parlare anche dei cinesi, interrogarsi sulle priorità della gente comune: “Se qualcuno mi dicesse di voler rovesciare il partito direi ok, ma vi chiedo chi potrebbe gestire una realtà di un miliardo e duecento milioni di persone e come si potrebbe garantire un miglioramento delle loro condizioni di vita. E se qualcuno dicesse cazzo, freghiamocene dell’economia e garantiamo a tutti libertà e democrazia? Ok, ma vi chiedo quanta gente c’è in Cina che la pensa così, quanta gente vi sentite di rappresentare?”.
Intanto la musica alternativa sembra avere trovato una sua strada, senz’altro controllata in alcuni limiti inviolabili, ma comunque percorribile a proprio piacimento. Una dimensione in cui si muove chi crea e chi ascolta, chi produce e chi organizza. Un ambiente in cui c’è quella sensazione di voler fare, costruire, sviluppare e mettere la propria passione al servizio di un fermento. E se la musica non può cambiare la società, non resta che restituirla alla sua natura più immediata, quella ispirata ed emotiva dell’atto creativo: “Credo che la musica dei Wang Wen a livello di sensazioni sia avvicinabile a quella elettronica, perché vuole esprimere uno stato d’animo, un’atmosfera; credo che la vera musica sia questo. Esprimere un’atmosfera, condurre l’ascoltatore al suo interno, far sì che se ne appropri, e poi una volta dentro spingerlo ad immaginare, sognare”.

Post-rock targato Cina: Discografia Essenziale

 

Wang Wen: Diary of 28 Sleepless Days (2003)
RE:RE:RE: (2006)
7 Objects in Another Infinite Space (2007)
0306 (box set) (2007)
IV (2008)
Zhaoze (The Swamp): Lost Dreams (2007)
The Boat (ep, 2008)
Godot: Godot I (2005)
Spiral Cow: Strange Meat (2006)
Like Playing to a Cow (2007)
Hualun: Silver Daydream (2008)
21 Grams: 21 Grams (2006)
Slept in Spray: Albiero (Debut Single, 2008)
Ashes on Wednesday: Ashes on Wednesday (ep, 2006)
oNEwAY: When the Princess Heared It Shaked Her Head (ep, 2009)
Fangao: Quiet Noise (2006)
V.A.: Post-rock (2007)