China Post Rock: intervista a Wang Wen

In Interviste by Simone

惘闻- Wang Wen

Post-rock, le categorie sono un esigenza, ma Wang Wen è prima di tutto sé stesso, un progetto di 5 musicisti con una strada da percorrere, incurante di etichette e reazioni. A seguire l’intervista integrale rilasciata a China-files da Xie Yugang, classe 1976, chitarrista e voce della band, nonché membro del progetto parallelo di Spiral Cow, altra formazione del vasto panorama musicale post-rock cinese con influenze che muovono dal jazz al country.

Line-up:
Xie Yugang: Voce e chitarra
Gang Xing: Chitarra
Xu Zengzheng: Basso
Zhou Lianjiang: Batteria
Zhang Yanfeng: Keyboard

Links:
My space page: www.myspace.com/wangwenchina
Neocha page: www.neocha.com/wangwen
Band blog (chinese): http://unknownband.blogcn.com

Wang Wen ha già quattro album all’attivo. Puoi spiegarci che differenze esistono fra i vari lavori e come si è evoluto il vostro progetto?
I cambiamenti fra i quattro album ci sono senz’altro, ma non so se si può chiamarla evoluzione. Parlerei più di singoli procedimenti psicologici, legati alle diverse esperienze vissute. E’ un po’ come un diario che ti dice quello che ti è successo a scuola, poi al liceo e cosi via. Tutte le fasi alla fine rappresentano la nostra vita e le esperienze accumulate; mentre quello che scriviamo è frutto dei diversi sentimenti che quelle esperienze hanno suscitato.

Dal punto di vista stilistico invece? Da dove siete partiti e dove siete arrivati finora?
Prima dell’uscita del primo album abbiamo fatto tre o quattro demo e sin da allora ci sono stati cambiamenti. I Wang wen sono nati nel 1999, all’inizio facevamo molto grunge, con un suono più sporco, ci piaceva una musica aggressiva, esplosiva. Poi ci siamo avvicinati al post-punk e a sonorità più ricercate. Per me il cambiamento più forte è avvenuto intorno al 2002; allora ci riunivamo per provare  i pezzi, io ero il cantante del gruppo, dopo aver preparato una musica scrivevo un testo e poi lo cantavo. Ma mi sono reso conto di avere delle difficoltà sempre maggiori ad inserire il cantato e così abbiamo iniziato a suonare senza di esso. Contemporaneamente ho conosciuto un ragazzo canadese di Montréal, è venuto a vedere le prove e ha detto che la nostra musica somigliava a quella di alcune band canadesi. Per me è stato importante peché pensavo che tutte le canzoni rock avessero una musica, un testo ed un cantato e questa carenza mi scoraggiava. Improvvisamente ho realizzato l’esistenza di una musica strumentale ed ho iniziato ad apprezzare il post-rock.

Parlando dei nostri cd, credo che il primo album del 2003 (Diary of 28 Sleepless Days) rappresenti un momento in cui avevamo appena iniziato a recepire questo tipo di musica; inoltre all’interno dell’album c’erano anche dei pezzi vecchi. Ripensandoci lo vedo come un lavoro eterogeneo, anche caotico. Nel secondo album, Re-Re-Re (2006), c’è un’attenzione più specifica per la musica strumentale; all’epoca abbiamo riflettuto anche su alcuni aspetti della Cina, per cui mi sembra un album in parte ispirato dalla tradizione cinese. 7 Objects… (2007) è stato un naturale proseguimento della strada intrapresa, la band è di cinque persone ed è stato come concretizzare che stessimo andando tutti nella stessa direzione con maggiore determinazione. L’ultimo cd, IV (2008), lo vedo come un’espressione più matura per ognuno di noi, non solo musicalmente ma anche psicologicamente e di fronte alla vita; è un lavoro più equilibrato. Ora abbiamo iniziato la registrazione del nuovo album, per cui abbiamo già pronte molte canzoni. Ho già l’impressione di una distanza da IV. In questo lavoro la base resta il rock strumentale, ma ho la sensazione che in relazione al cantato, il nuovo album possa contenere più cambiamenti ed essere più ricco, con maggiori elementi al suo interno e soprattutto con un impianto più narrativo. Ultimamente ci siamo avvicinati all’idea di colonna sonora, ci piace l’idea di una musica che possa esprimere una storia.

Nei gruppi cinesi i cambi di formazione sono una realtà frequente, credi che questo possa comportare dei limiti per lo sviluppo di un progetto?
Questa è una realtà comune soprattutto in una città come Pechino. Noi veniamo da Dalian e la nostra struttura è molto più stabile, dal 2003 non ci sono stati più cambiamenti. La nostra è la mentalità di un piccolo centro, molto calma. Pechino è perfetta per venire a diverstirsi per un paio di giorni, ma viverci uno, due anni non lo sopporterei, è troppo frenetica, rumorosa. Per divertirsi va bene, ci sono molte persone, molte cose diverse, ma alla lunga è caotica. A Dalian le persone sono di meno, l’ambiente è migliore e l’aria più pulita. Poi c’è più tranquillità, la nostra vita è molto più semplice e ripetitiva, magari vista da fuori sembra noiosa, ma io mi sento felice così; la mattina vado a lavoro, la sera incontro gli altri del gruppo. La loro vita di base è come la mia, abbiamo un punto in comune che ci unisce, cioè la passione per la stessa musica, e speriamo tutti di sposarci, costruire una famiglia e portarla avanti. Tutto questo aiuta la stabilità del gruppo.
Dal punto di vista musicale invece abbiamo sempre delle divergenze: spesso quando proviamo c’è chi non ama una parte di una canzone che invece magari a un altro piace. Ma tutti cerchiamo di andare oltre i gusti personali, avere un gruppo non significa lasciare le decisioni a un singolo, ma lavorare insieme. Noi da questo punto di vista siamo molto democratici e in caso di divergenze arriviamo a votare un pezzo per vedere a chi piace e a chi non piace, capire quanto meriti di essere portato avanti. Wang Wen probabilmente è un gruppo atipico, noi non abbiamo un… Non saprei… Io non sopporto quando c’è una ‘Mister X’ band… Quando ad esempio leggo Xie Tianxiao and the Cold Blooded Animal band, questo per me proprio non ha senso, proprio non ha senso.
Vuoi dire che non apprezzi quando all’interno di un gruppo emerge una personalità troppo dominante?
Credo che in un gruppo bisogna rispettare tutti gli artisti, tutti i membri di un gruppo sono artisti, ed anche se c’è un leader, deve rispettare ed ascoltare ogni parere.

Come prende forma una canzone dei Wang Wen?
Agli inizi preparavo delle linee musicali su cui lavorare, da provare e migliorare con gli altri. Negli ultimi tre-quattro anni invece tutti hanno cominciato a presentare qualcosa di proprio, poi lo si prova e viene arricchito con delle jam session. Dopo un’oretta di jam raccogliamo le idee migliori in un pezzo con un inizio e una fine ed interveniamo più razionalmente sul materiale, organizzandolo e sviluppandolo. Ultimamente si sono aggiunti altri procedimenti che precedono e prescindono dalle jam session, magari pianifichiamo alcune cose, ad esempio cerchiamo di tirare fuori dagli strumenti a corda alcuni effetti e poi aggiungerne altri dal pianoforte, dalle tastiere o dalle percussioni. Questo per dire che prima della registrazione adesso c’è una fase di programmazione e riflessione.

Wang Wen nasce nel 1999. Da allora la musica indipendente cinese si è evoluta molto ed anche il pubblico si è moltiplicato. Che idea hai di questo processo?
Questo è interessante. Guardando a questo processo mi viene in mente che al nostro primo concerto a Pechino, al Nameless Highland vennero tre persone… o cinque, non ricordo bene ma sicuramente non hanno venduto più di dieci biglietti. Ora è diverso, molte persone vengono a vedere i nostri concerti, dopo l’esibizione c’è gente che vuole scambiare delle opinioni con noi. Ci sono molti sedicenni e diciassettenni che vengono a fare domande sul post-rock e sui Mogwai ed io rimango un po’ attonito, perché mi sembra strano che a quell’età possano apprezzare questo tipo di musica, perché secondo me si adatta più a persone con una certa maturità estetica, a chi ama riflettere. Quando parlo con loro cerco di capire cosa amano di questo genere musicale e loro ti rispondono le esplosioni che seguono il silenzio, un po’ come quando ci si riconosceva nel fragore del grunge. In realtà vorrei proprio sapere perché l’ascoltatore può apprezzare questo tipo di musica, ma credo che chi fa musica non debba soffermarsi troppo su questi problemi. Quelli creativi sono processi individuali, che partono dalla psicologia dei musicisti; ogni persona è diversa dalle altre, inoltre quando rappresentiamo è come se raccontassimo una storia che gli spettatori recepiscono a loro modo, e la storia che loro ascoltano non è quella che raccontiamo noi. Questo credo basti, ci sono ragazzi che in questo tipo di musica amano le esplosioni e il rumore? Ok, va bene; poi c’è chi cerca uno stato d’animo pessimista, doloroso ed amaro, chi felicità e spensieratezza. Va tutto bene, penso che questo sia abbastanza e non voglio di più, per me l’importante è permettere alla mia musica ed alle mie idee di uscire fuori. Per questo anch’io non posso rispondere bene ad una domanda sulla crescita dell’audience, non so se sia il segno di una maggiore conoscenza da parte del pubblico o di una società sempre più complessa ed eterogenea: prima o ti piaceva il metal, il rap o il punk, ora a Pechino e nelle altre parti della Cina è tutto più sottile, puoi apprezzare questo e quell’altro genere, le divisioni fra stili si sono attenuate. Questa è una buona cosa, avere uno spirito sempre più indipendente significa proprio questo, il pubblico è diventato più indipendente, ognuno sa di per sé di cosa ha bisogno. Poi se si guarda a Pechino c’è un abbondanza di scelta che ti permette di scegliere cosa e quale gruppo vuoi vedere. Comunque, il fatto che la gente sia aumentata o possa diminuire a noi artisti non porta grandi cambiamenti, non può determinare cambiamenti reali, il fatto che prima a vedere i nostri concerti c’erano tre persone e ora ce ne sono trecento non ci permette di lasciare il lavoro e dedicarci completamente alla musica. Nei nostri guadagni non c’è alcun cambiamento.

Che tipo di relazioni può innescare la musica in Cina? All’estero gli artisti rock spesso sono vere rockstar ed hanno una loro influenza nella società, i cantanti possono apparire come dei modelli fra i giovani. La mia impressione è che in Cina sia diverso, come se il rapporto fra musicisti e pubblico sia più distante, senza fenomeni di mitizzazione.
Per rispondere devo partire ancora da Dalian, il posto dove siamo nati, dove viviamo e facciamo il maggior numero di esibizioni. Le persone che hanno iniziato ad ascoltare la nostra musica erano degli amici, gente con cui poi ci ritrovavamo a bere o con cui ci si è supportati nel momento in cui sono uscite fuori delle difficoltà nelle nostre vite private. Fuori da Dalian la comunicazione col pubblico è limitata all’esibizione o all’uscita di un album. In realtà io apprezzo entrambe i modelli, perché nella realtà non esiste alcun eroe rock del cazzo, e la musica rock non può cambiare assolutamente nulla. La musica rock è solo un qualcosa che io amo e che tu ami, tu ami ascoltare e io amo ascoltare e fare. Allora se ti piace assistere a dei concerti o sentire un cd, puoi farlo, se non ti piace un tipo di musica puoi trovarne un’altra. Dalian è una realtà più intima e piccola, chi sente questo tipo di musica alla fine si conosce tutta e ci si ritrova a bere insieme. Questo è il rapporto che preferisco, ma anche se non dovesse accadere l’importante è che uno spettatore che assiste ad un’esibizione riesca a ricevere qualcosa, raggiungere uno stato d’animo.
Quindi non apprezzi molto l’idolatrazione dei musicisti rock.
No, non l’approvo affatto, lo trovo idiota. L’anno scorso eravamo a Glasgow, dove abbiamo suonato in un locale con altre quattro band locali molto preparate, ho notato che il loro pubblico somigliava molto a quello di Dalian, avevano molta familiarità coi musicisti, chiacchieravano con loro; è questo il rapporto che preferisco, voglio dire un rapporto fra uguali.

Cosa volete trasmettere con la vostra musica? Vi ponete più su un piano sociale o strettamente emotivo?
Credo che la musica dei Wang Wen a livello di sensazioni sia avvicinabile a quella elettronica, perché vuole esprimere uno stato d’animo, un’atmosfera; credo che la vera musica sia questo. Esprimere un’atmosfera, condurre l’ascoltatore al suo interno, far sì che se ne appropri, e poi una volta dentro spingerlo ad immaginare, sognare. E’ come se fungessimo da catalizzatori.

Che posto è la Cina per un artista che ci vive? Che visione hai dell’ambiente a voi circostante?
Solo mettendo a confronto diverse realtà si può esprimere un’opinione. L’anno scorso siamo stati in tournée in Europa e quest’anno a Taiwan. Noi abbiamo avuto l’impressione di un contrasto, per come la vedo io la Cina è troppo particolare: le persone sono tante e poi è ancora un paese in via di sviluppo, economicamente anche abbastanza arretrato, specie in confronto ad altri paesi. Queste sono le condizioni… Inoltre in Cina il livello di democrazia e libertà è molto basso, molto basso per entrambe, anche se all’interno dei parametri di controllo è possibile avere una propria libertà. Quello che voglio dire è che mentre noi siamo qui a parlare, intorno a noi c’è un festival di musica e siamo tutti felici [l’intervista si svolge in occasione dello Strawberry Music Festival 2009 di Pechino. N.d.T.]. Questo è ciò che sento. Quello che spero è che l’Occidente, i paesi occidentali e gli USA possano continuare a fare pressioni sul governo cinese, lo sviluppo è sempre nella contraddizione: se l’Occidente non mettesse pressione alla Cina, ad esempio sulla democrazia, l’atteggiamento cinese sarebbe ancora più chiuso, le pressioni invece suscitano l’opposizione del governo ed è nel perdurare di questo confronto contraddittorio che in Cina si può assistere a uno sviluppo sulla questione della democrazia. Ma anche il mio pensiero è molto contraddittorio: se il Presidente Hu Jintao mi lasciasse il suo incarico non ho idea di come riuscirei a gestire una realtà così enorme. Se qualcuno mi dicesse di voler rovesciare il Pcc direi ok, però vi chiedo chi potrebbe gestire una realta di un miliardo e duecento milioni di persone, come si potrebbe garantire un miglioramento delle loro condizioni di vita. Allo stesso modo, se qualcuno dicesse “cazzo, freghiamocene dell’economia e garantiamo a tutti libertà e democrazia”. Ok, ma vi chiedo quanta gente c’è in Cina che la pensa così, quanta gente vi sentite di rappresentare? Perciò, quello che spero è solo che in questa compresenza di contraddizioni si possa elevare il grado di democrazia e libertà, ne sarei contento.

Il post-rock è un genere che viene dall’Occidente e che in Cina subisce un’influenza molto ridotta da parte della tradizione musicale locale. Secondo te che identità è racchiusa nella musica che fate?
Credo che io, i miei compagni di classe, o anche ragazzi più giovani di noi la prima volta che abbiamo sentito musica rock era senz’altro occidentale, allora in Cina non c’era rock ed eravamo tutti molto eccitati, felici. Le influenze iniziali sono state forti, le forme musicali introdotte hanno costantemente occupato un posto relativamente alto, e in Cina, dove la storia del rock è ancora breve, ci si è abituati ad ascoltare il rock occidentale. Ma credo che tutti gli artisti, se si riconosce il fatto che la musica rock sia una forma d’arte, abbiano un valore in quello che fanno. Nella musica rock la forma è occidentale, ma il contenuto è creazione, cioè legata all’artista e al musicista. La forma, lo stile, ‘rock’, ‘post-rock’, ‘bla-bla-bla rock’ viene tutto dall’Occidente, ma il contenuto è dell’artista, dell’individuo. Ritengo che che nella vera arte la forma non debba sovrastare il contenuto, è solo una cornice in cui poni il quadro, con quello che hai dipinto, con un contenuto. E la vera arte viene dalla vita, il suo contenuto viene dalla vita. E la vita? La vita viene dalla Cina, io sono cinese, il mio è un gruppo cinese e viviamo in Cina. Poi magari viene qualcuno e mi dice che faccio qualcosa di occidentale, che faccio le stesse cose dei Mogwai, dei Godspeed you! Black Emperor  o degli Explosions in the Sky; ognuno ha le proprie sensazioni, ed io credo che l’ascoltatore possa capire cosa sia un copiato e cosa no, se si assume una forma e ci si aggiunge un proprio contenuto credo non sia copiare, perché il contenuto viene dall’esperienza individuale. Per questo quando voglio capire se una canzone mi piace o no, vado a vedere se una musica è vera o falsa, e se una musica è vera vedi subito che viene dall’interiorità di una persona, a prescindere dalla forma. Se è falsa allora è un’imitazione e con orecchie e cuore un ascoltatore può capire che c’è solo una maschera di superficie e che un pezzo non viene dal cuore o dal vissuto. Credo che un vero ascoltatore possa riflettere e distinguere. Occidentalizzazione? Sì, probabilmente il post-rock cinese ha una forma occidentale ma poi su questa forma puoi fare una musica vera o falsa.

Nel 2005 avete aperto un locale a Dalian, dove si poteva assistere a delle esibizioni. Da allora la scena musicale locale come è cambiata? Si è sviluppata?
Sì, il Rock Action Club, lo abbiamo aperto nel 2005, era uno spazio per concerti, un livehouse, in teoria un vero affare, aprivamo solo quando c’erano concerti. Era un buon locale, con sala underground e palco; l’attività ci rendeva felici ma dopo un anno e mezzo-due… mi rendo conto di non avere alcuna idea di come fare affari e nonostante fosse veramente economico, c’era sempre un affitto da pagare e così alla fine è fallito. Per un po’ non c’è stato un posto che abbia rimpiazzato il Rock Action, dove fosse possibile esibirsi. Poi un amico ha aperto un locale, e dopo un po’ di discussioni abbiamo iniziato a suonarci. All’inizio di quest’anno anche il nostro chitarrista ha inaugurato un pub, il Dimple, l’atmosfera è più o meno la stessa del Rock Action Club, c’è un palco e tutte le attrezzature necessarie. Il nostro batterista invece ci sta provando con l’African Drum Club, uno spazio molto grande; anche questa è diventata una delle case della band. In realtà siamo davvero soddisfatti di Dalian, credo che il nostro gruppo si stia dando molto da fare per dare degli spazi a chi vuole entrare in contatto con un certo tipo di musica. Credo che tutto questo sia positivo.

Cos’è il post-rock?
Non sopporto la definizione di post-rock. Anch’io ho controllato, mi sono connesso a internet, un giornalista diceva che il post-rock è la sovversione della tradizione musicale rock, dei suoi arrangiamenti. In realtà io credo che il rock strumentale non stravolga nessuna tradizione, affatto; io non voglio stravolgere la tradizione, quella che ho scelto è solo una forma d’espressione musicale. Ci sono dei sovvertitori? Andate pure a sovvertire, per quello che mi riguarda post-rock, rock strumentale è musica ambient, creo un’atmosfera, non mi importa se sono rumoroso o tranquillo, comunque creo un’atmosfera. Secondo me post-rock è un tipo di musica ambient.

Quando hai iniziato ad interessarti alla musica rock e indipendente? Attraverso quali esperienze la musica ha occupato un posto così importante nella tua vita?
Se torniamo indietro di una decina d’anni mi piaceva sentire musica rock, la amavo veramente e l’idea di diventare un musicista mi eccitava. Poi sono diventato davvero un musicista, un chitarrista. Credo che le persone che prima con me apprezzavano il rock ora sono cresciute, hanno messo da parte soldi; penso di non essere come loro, ma so di essere felice, lo dicevo poco fa, in dieci anni la mia mentalità non è cambiata molto. Sempre nella stessa condizione per dieci anni, dai 23 ai 33 anni senza cambiamenti nella mia testa, ancora mi piace la musica, mi piace fare musica; tutto questo mi sembra fantastico. Quello che amo di più sono le prove e il processo creativo, sono questi i momenti che preferisco e che mi fanno sentire realizzato.
Ma come è iniziato il tutto?
Fammi pensare… Mah, in realtà mi è sempre piaciuto da quando ero bambino, amavo ascoltare musica, mi animava. Poi con un amico abbiamo iniziato ad ascoltare la musica straniera dall’Occidente, i Guns’n Roses, eravamo eccitatissimi. E ha iniziato a piacermi veramente.

Nelle vostre presentazioni compaiono spesso gruppi occidentali fra le vostre principali influenze. In Cina oggi ci sono gruppi che apprezzate particolarmente o hanno avuto un’influenza su di voi?
A livello personale credo che Dou Wei sia un personaggio eccezionale, lo ritengo il miglior musicista cinese, ha sempre difeso la sua essenza. A parte lui amo Zuoxiao Zuzhou, è un’altra grande personalità.

Nei vostri pezzi è difficile che ci siano dei testi, la vostra è una scelta stilistica o personale?
Non lo so bene neanch’io. Nei nostri pezzi le parti vocali vogliono essere più un accompagnamento, al pari degli strumenti. I testi quando ci sono sono molto frettolosi, pensati prima delle registrazioni in un’oretta di tempo, non sono riflettuti, sono solo parole pensate e messe lì. I testi non li ritengo importanti, uso l’inglese perché ha un suono più morbido e avvolgente del cinese, che invece è troppo duro. Usando il cinese poi la gente inizierebbe a interrogarsi sui miei testi ed io non voglio che la gente presti attenzione a quello che scrivo, con le parole voglio solo rendere più ricco un pezzo.

Che tipo di stato d’animo è Wang Wen [L’espressione Wang Wen –letteralmente ‘odore deluso’- è un diretto richiamo fonetico a una parte di una frase idiomatica che letteralmente significa ‘non prestare volutamente attenzione a qualcosa’. N.d.T.]?
Wang Wen è un qualcosa di vicino, come un capofamiglia; sembra un padre, un capofamiglia. E’ una sensazione molto calorosa.

Links and Sources:

China Post Rock (Italiano)

Intervista a Hualun (Italiano)