UPDATE Chen Guangcheng. Un cieco assetato di luce.

In by Simone

Questa volta gli attivisti cinesi ci mettono la faccia. Un sito raccoglie autoritratti fotografici. Tutti i volti hanno un tratto in comune: gli occhi coperti. La rete vuole così esprimere la sua solidarietà all’attivista cieco Chen Guangcheng, in isolamento totale anche se ha già scontato comlpetamente una condanna a quattro anni e tre mesi per aver denunciato 130mila casi di aborti forzati. UPDATED
16 dicembre 2011 – Update
Christian Bale, in Cina per presentare il suo ultimo film The Flowers of War, diretto da Zhang Yimou, ha provato a raggiungere la residenza di Chen Guangcheng assieme ad una troupe della CNN. Non appena giunti nei pressi dell’abitazione del dissidente, numerose guardie in borghese si sono avvicinate all’attore, ai reporter Stan Grant e Steven Jiang ed all’operatore Brad Olson, intimando loro di allontanarsi. "Perché non posso fare visita ad un uomo libero?" ha chiesto Bale aiutato nella traduzione da Jiang; le guardie sono passate alle maniere forti, strattonando e spingendo l’attore e i giornalisti. Risaliti in macchina, racconta Steven Jiang sulla CNN (con video), sono stati inseguiti da un camioncino grigio per oltre 40 minuti.

2 novembre 2011 – Update
Il primo novembre alcuni petizionisti hanno raggiunto Pechino per denunciare alle autorità i supposti abusi subiti dagli attivisti che provano a raggiungere l’abitazione di Chen Guangcheng.

25 ottobre 2011 – La storia
Questa volta gli attivisti cinesi ci mettono la faccia. In soli venti giorni sono stati raccolti online oltre 210 autoritratti fotografici (e continuano a crescere al ritmo di una decina al giorno), tutti con un tratto in comune: hanno gli occhi coperti. La rete vuole così esprimere la sua solidarietà all’attivista cieco Chen Guangcheng. Il signor Chen  ha portato avanti una campagna contro gli aborti e le sterilizzazioni forzati nello Shandong. Dopo la denuncia di 130mila casi di operazioni forzate a causa della pianificazione familiare della provincia, è stato condannato a quattro anni e tre mesi che ha scontato interamente. Nonostante questo ora è in ruanjin, letteralmente, detenzione morbida. Morbida proprio come sono morbidi i sedili di prima classe, ruanzuo. Di fatto è agli arresti domiciliari, confinato in casa con la sua famiglia.

Il signor Chen è un contadino quarantenne del villaggio di Dongshigu, afferente alla municipalità di Linyi, nella provincia nordorientale dello Shandong. È diventato cieco prima di compiere un anno di vita ed è rimasto analfabeta fino a quando, nel 1994, non fu accettato nella scuola superiore per ciechi di Qingdao. E neanche questo è stato facile. I ciechi, secondo una legge della Repubblica popolare cinese del 1991 “per la protezione delle persone fisicamente handicappate”, sono esentati dal pagare le tasse, anche quelle scolastiche. Così quando alla scuola superiore di Qingdao gli chiesero di pagare l’iscrizione, Chen denunciò una violazione del diritto dei disabili. Nel 2003,  fece causa alla società statale della metropolitana di Pechino, perché non gli consentiva di viaggiare gratis – esentasse – come la legge stabiliva. Queste esperienze ebbero tutte risultati positivi: il diritto allo studio riconquistato, biglietti della metro effettivamente gratis per i disabili, una discreta copertura mediatica e tutta l’opinione pubblica dalla sua parte.

Dopo essersi laureato in medicina, Chen torna al suo villaggio per fare quello che gli riesce meglio: riaffermare i diritti negati. Lo fa così bene, che in paese tutti lo chiamano l’avvocato – pure che il titolo non l’ha mai avuto – e che i suoi quattro fratelli passano il loro tempo a leggergli a turno la legislazione vigente. Riesce perfino a impedire a una cartiera di rovesciare rifiuti tossici nel fiume del villaggio. E’ diventato così famoso che quando si sposa, una televisione locale manda in onda alcune riprese della cerimonia.

Ma a un certo punto fa il passo più lungo della gamba, forse senza neanche accorgersene. In Cina succede.

Molte delle donne della municipalità di Linyi, che avevano già avuto due figli vengono costrette all’aborto del terzo embrione o, addirittura, alla sterilizzazione forzata. Queste pratiche erano state abbastanza comuni una ventina d’anni prima, quando la legge sulla pianificazione familiare era entrata in vigore. Ma poi erano state vietate: si può infliggere una multa salatissima  per ogni figlio in eccesso, ma non si può agire direttamente sul corpo delle donne.

Il problema sono funzionari locali: il mancato raggiungimento degli obiettivi del controllo delle nascite  influisce negativamente sulla loro carriera. I compaesani hanno ragione a lamentarsi e Chen  Guangcheng organizza una sorta di class action e denuncia circa 130mila casi di operazioni  illegali.

All’epoca, era il 2005, fu addirittura intervistato dal Time e alla fine la Commissione nazionale per la pianificazione famigliare gli diede ragione. Non si preoccupò però di tutelarlo. Né lui, né i suoi cari.

Le autorità dello Shandong lo imprigionarono più volte e con differenti scuse fino a quando, nel giugno del 2006, lo condannarono a quattro anni e tre mesi per aver danneggiato immobili e per aver organizzato una manifestazione che aveva bloccato il traffico.

Il signor Chen ormai ha scontato tutta la sua pena ed è uscito di prigione a settembre dello scorso anno, dopo 51 mesi di reclusione. Ma solo “per entrare in una cella più grande”, come afferma in un video che è riuscito a fare uscire dalle mura di casa sua a febbraio di quest’anno. È sotto ruanjin, agli arresti domiciliari, nonostante abbia passato in galera tutto il tempo a cui è stato condannato. E anche i suoi famigliari sono nella stessa condizione, pur non avendo commesso alcun reato.

L’intera vicenda ha colpito profondamente una certa parte di opinione pubblica, sicuramente quella che ha avuto occasione di studiare. Nelle ultime settimane decine di giornalisti e di attivisti hanno provato a raggiungere la casa del signor Chen senza fortuna. La campagna supportiamo Guangcheng, liberate Guangcheng si sta diffondendo sui microblog. E il piccolo e testardo gruppo di avvocati che si era occupato delle dozzine di arresti di “dissidenti” avvenuto a febbraio scorso – proprio quando in altre parti di mondo infuriavano le cosiddette rivolte del gelsomino – si è rinvigorito.

Hu Jia, un importante attivista recentemente uscito di galera, ha postato una sua foto con gli occhiali scuri e in molti l’hanno imitato. Il New York Times scrive che Lei Yu, uno storico dell’Accademia cinese delle scienze sociali, ha composto una poesia che denuncia le sofferenze di Chen e che Mao Yushi, un economista piuttosto famoso, ha chiaramente fatto intendere che il trattamento riservato a Chen Guangcheng potrebbe rompere la tanto agognata armonia sociale. Alcuni attivisti hanno addirittura appeso sulla facciata del palazzo della regione Shandong a Pechino uno striscione in cui si accusano le autorità dello Shandong di rovinare l’immagine della Cina.

Il 12 ottobre un accorato editoriale del Global Times, spinn off in lingua inglese del Quotidiano del popolo, significativamente intitolato “Non trasformate un villaggio in una pentola a pressione” chiedeva di lasciar fuori la politica dalla vicenda perché “più attenzione verrà catalizzata sull’incidente, più sarà  difficile risolverla”.

La versione cinese dell’articolo è più cinese. Chiede agli attivisti di comprendere che seppure i movimenti per i diritti umani non hanno raggiunto i risultati sperati, non è con “assalti di tipo sportivo” che si produrranno risultati reali perché le campagne per i diritti possono essere inserite solo in un più complesso sviluppo della società cinese.

Qualche giorno dopo, un articolo intitolato “Chi è Chen Guangcheng?” dell’Oriental Morning Post di Shanghai – uscito solo sulla versione cartacea ma reperibile comunque in rete – criticava il Global Times per aver trattato il governo con i guanti di velluto e raccontava chi era l’attivista in questione e come erano stati trattati i giornalisti e i blogger che avevano provato a raggiungere la sua casa.

Il movimento che supporta Chen Guangcheng cresce, e sono sempre più individui a correre il rischio. Ogni giorno almeno una decina di persone mette la propria faccia su un blog e si copregli occhi a sostegno di Guangcheng. Altre testimonianze di lotta sono raccolte su almeno un’altra pagina web. La raccolta dei volti e delle testimonianze di chi si è unito con uno scopo comune, trasforma semplici pagine web in piazze virtuali.

In un’intervista che ci aveva rilasciato a luglio, il vignettista Crazy Crab indicava la rete come unico mezzo che permette l’espressione artistica e il dissenso in Cina e riteneva graffiti e flash mob forme di satira politica, “perché richiedono la presenza di un autore che esprima le sue opinioni”. Chissà cosa ne pensa delle frasi che accompagnano i volti con gli occhiali scuri, siamo quasi sicuri che si commuove. Ne cito una, tanto per rendere l’idea: il Celeste Impero – democratico, benestante, forte e prospero – non è in grado di ospitare un cieco assetato di luce.

[China Files vi propone una galleria dei volti e delle parole che accompagnano la campagna di solidarietà. Guardatela qui]