Per elaborare un numero così impressionante di riforme come quelle comunicate dal Terzo Plenum, la Cina ha bisogno di mettere al lavoro cervelli di tutti i tipi. In questa operazione, svolgono un ruolo di primo piano i think tank, governativi e non, che a seconda della loro vicinanza al potere possono far pervenire con maggiore o minore facilità le proprie indicazioni alla "stanza dei bottoni. Ecco uno sguardo ravvicinato su questo mondo, pubblicato dal Nanfang Zhoumo poco prima che il plenum cominciasse. Siamo alla fine di ottobre del 2013 e il Terzo Plenum è quasi alle porte. Un rapporto, il “piano 383” delle riforme, nato da un think tank ministeriale, ha raggiunto l’apice della notorietà, attirando rapidamente, l’attenzione di tutti.
La ragione per la quale il piano ha suscitato un notevole interesse non è solo la ricchezza dei dettagli. Ossia argomenti come la decentralizzazione amministrativa, il contrasto ai monopoli, la riforma del sistema della terra. Praticamente segue la strada delle riforme provenienti, negli ultimi anni, dalle sfere governative, delineando, comunque, l’itinerario delle riforme per i prossimi dieci anni. Ma ha attirato l’attenzione di molti grazie anche ai due suoi promotori: Li Wei, direttore del Centro per la ricerca e lo sviluppo del Consiglio di Stato, e Liu He, vice direttore della Commissione nazionale per le riforme e lo sviluppo.
Il primo è stato segretario del premier Zhu Rongji, il secondo, invece, è stato considerato dai media, il fiore all’occhiello dell’economia del nuovo governo.
Il piano 383 non è stato l’unico tentativo di influenzare le politiche del governo. Il Nanfang Zhoumo ha scoperto l’esistenza di dieci piani, così definiti tali, che sono stati inviati alle sfere decisionali del governo cinese.
Oltre ai think tank governativi, ci sono i think tank non-governativi, le banche d’investimento e altri numerosi organismi. Tutti utilizzano diversi canali e mezzi a loro disposizione per presentare i report alle sfere decisionali o per promuovere al pubblico il proprio piano per le riforme.
In Cina, molti operatori all’interno dei think tank hanno percepito un evidente cambiamento e un approccio molto più di serio nei loro confronti, da parte del nuovo governo.
Zheng Xinli, vice direttore del Centro cinese per gli scambi economici internazionali, in passato vice direttore del Laboratorio di ricerca per le politiche centrali, ha dichiarato al Nanfang Zhoumo, che il Segretario generale Xi Jinping ha redatto, in merito al tema, una comunicazione scritta, in cui viene espressa la volontà di sfruttare al meglio le funzioni dei think tank.
“Questa volta, l’ambito delle idee a cui si è dato ascolto è stato più ampio, anche perché è più ampio il progetto completo di tutte le riforme”.
“Dobbiamo sfruttare al meglio le loro funzioni, dobbiamo essere capaci di trasformare il risultato della ricerca e applicarlo alle proposte politiche del macro processo decisionale. Dobbiamo offrire al governo delle idee costruttive. Bisogna proporre argomenti fattibili, se non sono applicabili è meglio lasciar perdere”.
L’interlocutore più importante per la promozione di questi report è la sfera decisionale del Paese. La chiave del problema sussiste nel trovare il canale giusto per arrivare ai livelli più alti. Per il sistema interno dei think tank governativi, come il Centro per la ricerca e lo sviluppo del Consiglio di Stato o l’Accademia delle scienza sociali, il passaggio dei report non è ovviamente un grande problema. Ma per i think tank non governativi, è essenziale e allo stesso tempo complesso. Anche all’interno del sistema dei think tank non governativi è interessante notare l’esistenza di diverse realtà: quelle più popolari e quelle più intellettuali.
Ad esempio, il sopracitato Centro cinese per gli scambi economici internazionali di Zheng Xinli, appartiene ad un think tank autofinanziato non governativo, ma fa parte della sfera “intellettuale”. All’inizio nel 2009 quando è stato istituito, era formato da centoventidue persone. Uno schieramento di leader extra lusso tra gli alti esponenti del governo, c’erano poi diplomatici, accademici ed economisti.
E’ stato definito dai mezzi di informazione “il think tank cinese di più alto livello”. Secondo la spiegazione di Zheng Xinli, il piano di riforme che ha presentato il suo centro di ricerca ha come punto centrale la creazione di un meccanismo sistematico per promuovere la trasformazione e dare un nuovo approccio allo sviluppo. Nel concreto, le sue proposte riguardano la creazione di un sistema di indicatori che valutino questa trasformazione: la riforma del sistema di redistribuzione, la riforma delle imprese statali, la promozione dell’innovazione, un allentamento delle restrizioni per l’accesso al settore finanziario, la riforma del sistema della terra e altro ancora.
“Dobbiamo trarre una lezione dell’esperienza della riforma dell’economia statale in Polonia. La loro è stata una trasformazione partita dall’amministrazione degli asset esistenti e giunta poi sul capitale: hanno dato l’amministrazione delle imprese statali in mano a società di gestione di capitali finanziari. Sotto queste società di gestione sono state fondate un certo numero di società per azioni, che garantiscono una competizione equa.
Promuovendo l’innovazione proponiamo anche l’utilizzo e la messa in pratica del risultato della ricerca universitaria, con la possibilità per le università di accedere agli introiti derivati dagli investimenti”.
Questa serie di proposte provengono proprio da Zeng Peiyan, il direttore del Centro cinese per gli scambi economici internazionali, in passato vice direttore del consiglio di Stato, ed oggi, al comando di una schiera di ricercatori di tutto rispetto.
Zheng Xinli afferma che il loro report è arrivato alle più alte sfere della politica. Il think tank di alto livello formato dall’esponente governativo e direttore in pensione, è stato ovviamente visto con una luce nuova. Secondo le rivelazioni di Zheng Xinli il CCSEI è rappresentato al governo, “può partecipare, come delegato senza diritto al voto, alle riunioni esecutive del Consiglio di Stato” e il governo potrebbe affidargli alcuni argomenti di ricerca da approfondire.
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Sebbene il rapporto con la sfera decisionale del paese sia consolidato, se si pensa di influenzare la politica bisogna condurre una attività di lobbying intensa.
Nei due anni passati, il CCSEI ha esercitato pressioni per due importanti politiche. Per le fusioni e le acquisizioni da parte di imprese cinesi in ambito internazionale, nel 2012, ha suggerito al Governo centrale che le banche commerciali utilizzassero una percentuale fissa di riserva obbligatoria come garanzia, ottenendo il sostegno della Banca centrale per la valuta estera. In precedenza le banche commerciali potevano fare credito in valuta estera solo avendola acquistata.
“Per tre volte abbiamo spedito un report sull’argomento e alla fine si è arrivati ad un accordo” afferma Zheng Xinli.
Nel 2013 il CCSEI ha proposto di istituire una banca d’investimento per le infrastrutture in Asia e agli inizi di ottobre è stata resa nota al pubblico la scelta del Governo centrale di istituirla.
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In Cina il ruolo dei think tank si è definito negli anni Ottanta, quando la politica di apertura era ancora agli inizi. L’Accademia delle scienze sociali, l’Ufficio e la Commissione per la riforma del sistema economico ed altri organismi, avevano riunito un gruppo numeroso di giovani talenti, tra cui Zhou Xiaochuan e Lou Jiwei (oggi ancora molto attivi nell’ambiente accademico e in quello governativo).
Sono sotto la guida della vecchia generazione di economisti, come Du Runsheng, Wu Jinglian e Li Yining; alla fine hanno consegnato alle sfere decisionali l’interno piano delle riforme e aperture.
Dopo gli anni Novanta, questi think tank sono tornati al silenzio, oppure si sono trasformarti in organismi di ricerca all’interno delle commissioni e dei ministeri del Governo centrale. Non sono indipendenti finanziariamente, né per l’organizzazione delle risorse umane e né per i compiti che portano avanti.
Da cinque o sei anni a questa parte, la sfera decisionale si sta rendendo conto che il potere dei think tank governativi non è sufficiente, così si rivolge ad economisti pro-mercato.
Vi ricordate Teng Tai? (Amministratore delegato della West Brothers e direttore dell’istituto di ricerche economiche dell’omonima società). Dal 2006 è stato invitato a partecipare, come capo economista dell’ente finanziario, al Laboratorio di ricerca sulle politiche del Governo centrale, al Laboratorio di ricerca del Consiglio di Stato e ad altre conferenze consultive di esperti in materia. “Perché gli esperti in materia di mercato possono avvicinarsi ai margini del circolo decisionale? Perché alle politiche economiche non basta più appoggiarsi solo agli organismi di ricerca governativi o semi-governativi, devono essere supportate dalle risorse di mercato” afferma Teng Tai.
“Invitare un economista di un ente finanziario ha dei vantaggi, intanto, oggi, sono solo questi enti che spendono annualmente quasi cento milioni di yuan, si avvalgono di un team di cento o duecento analisti, per portare avanti ricerche in qualsiasi settore. Sono i più sensibili riguardo a temi economici.”