Caccia aperta alle “Big V”

In by Gabriele Battaglia

La popolarità ti fa montare la testa. Soprattutto quella online. Questo è quanto si può dedurre dalla vicenda di Xue Manzi, blogger da 12 milioni di follower. Xue è una delle "Big V" della rete cinese, popolari blogger accusati dal Partito di turbare l’ordine pubblico. Xue si è pentito, ma la caccia è aperta.  E alla fine arrivò la confessione, con tanto di pentimento. Nella riedizione contemporanea di una scenetta da Rivoluzione Culturale, il noto blogger Xue Manzi (all’anagrafe, Charles Xue Biqun) ha ammesso che la popolarità su internet (12 milioni di “followers” su Sina Weibo) gli ha dato alla testa e l’ha indotto in errore.

L’uomo d’affari sino-americano era stato arrestato il 23 agosto con l’accusa di adescamento di prostitute. Da allora, è cominciata una vera e propria campagna di rettifica contro le “Big V” (celebrità con account Weibo verificato), “le cui opinioni e i talvolta falsi messaggi possono influenzare milioni di persone”; parola dell’agenzia ufficiale Xinhua. Il 19 agosto, il presidente Xi aveva dichiarato esplicitamente che il Partito comunista deve “scatenare una guerra per conquistare l’opinione pubblica” e che i new media sono un terreno privilegiato di questa lotta.

Oggi Xue non solo si pente, ma si offre anche come “collaboratore di giustizia”“Internet è una realtà virtuale, ma ha bisogno di ordine; un cyberspazio maturo necessita di essere tenuto sotto controllo dal diritto”, ha detto, aggiungendo di sperare di “uscire prima” se contribuirà a “facilitare il lavoro di propaganda”. Si è anche offerto di comparire ammanettato in uno spot, per ammonire sulle conseguenze delle proprie cattive azioni su internet.

Quanto alla confessione dei misfatti, il blogger dichiara che i 12 milioni di follower l’hanno fatto sentire come “un imperatore che curava gli affari di Stato” e che negli oltre 85mila messaggi postati sul suo account ha diffuso anche informazioni non verificate, rivelatesi poi semplici voci. “Così facendo, da un lato risparmiavo tempo, mentre dall’altro pensavo che non sarei stato ritenuto responsabile, dato che non ero l’autore originale”, ha detto Xue, che secondo il Global Times pubblicava in prima persona o ripostava nei periodi caldi oltre 100 messaggi al giorno su Weibo.

“La mia irresponsabilità nel diffondere informazioni non verificate, come quella dei farmaci contraccettivi trovati nell’acqua di un fiume, è stata uno sfogo di alcuni stati d’animo negativi e ha rivelato la mia negligenza nell’impegno di mantenere un ambiente sociale positivo” ha riconosciuto. Xue ha ammesso anche di avere pubblicato alcuni annunci per fare soldi e che molte aziende hanno beneficiato delle sue raccomandazioni. La polizia, dal canto suo, lo tiene in sospeso e dichiara di avere ricevuto molte segnalazioni da utenti internet circa presunti comportamenti criminali di Xue. Il suo caso, dunque, è ancora sotto inchiesta.

Oltre al blogger sino-americano, altre “Big V” se la stanno passando male in questi giorni. Venerdì scorso, l’avvocato Wang Gongquan – 230mila follower – è stato arrestato per “avere turbato l’ordine pubblico”. Mercoledì era invece toccato a Dong Liangjie, un popolare commentatore online con oltre 300mila follower, che sarebbe stato messo sotto custodia a Suzhou. La famiglia di Dong ha confermato la notizia al Beijing Times e ha rivelato che la detenzione dovrebbe avere a che fare con la diffusione di “rumors” online.

Citando un presunto “documento accademico”, lo scorso ottobre, Dong aveva diffuso su Weibo la notizia secondo cui la carne di maiale venduta a Nanjing contenesse una quantità eccessiva di piombo. Il governo locale ha negato in seguito la veridicità dell’informazione.

Il Global Times cita Chen Yang, professore di scienze dell’informazione all’università di Wuhan, secondo cui un gruppo di circa 250 blogger particolarmente popolari e con con una media di 100.000 seguaci a testa controlla gran parte dell’opinione pubblica online. Ora, sono sorvegliati speciali.

[Scritto per Lettera43; foto credits: wsj.com]