Breve storia del punk cinese (prima parte)

In by Simone

Se l’apertura cinese al mondo esterno ampiamente promossa da Deng Xiaoping dal 1978 fosse cominciata un decennio prima, è probabile che la scena musicale asiatica come la conosciamo oggi si sarebbe sviluppata in maniera radicalmente diversa.

Soprattutto per quanto riguarda quelle frange più estreme del caleidoscopio post rock and roll che generalmente prendono le macronomenclature di metal, punk e alternative, e invariabilmente funzionano da definizioni ombrello per contenere decine e decine di sottogeneri, sottoculture e stili musicali.

Queste hanno da tempo raggiunto una chiara demarcazione nel mondo musicale occidentale, mentre ancora rappresentano fonte di confusione identificativa nelle proprie trasposizioni asiatiche. Soprattutto in Cina, nazione così vasta e dal recente passato storico così complesso e rapidamente in evoluzione, lo sviluppo e la consolidazione di stili musicali alternativi e relative sottoculture è stato segnato da una storia curiosa, rapida come la definizione della società post-maoista e decisamente spiazzante. Il punk rock ha specialmente infettato la Cina con la sua anima ubriaca, putrida e purtroppo anche filtrata dai commercialismi a stelle e strisce, creando un fenomeno musicale e culturale che trova correntemente la sua massima espressione artistica tra i fumi grigi della macrocapitale Pechino e i locali del quartiere studentesco di Wudakou.

Punk, Cina, e il suo perché

La domanda spontanea che viene all’ascoltatore medio osservando i corpi sudati di questi deditissimi perfomers cinesi, chi intrecciato attorno all’asta di un microfono, chi martellando le corde di uno strumento o le pelli di una batteria, è di chiedersi perché in Cina il punk ha trovato così tanti fedeli tra i giovani.

La prima considerazione da fare riguardo le differenze tra i due mondi musicali e la corrente situazione del punk in Cina viene da una differenza storica: se la tradizione punk occidentale viene da un trentennio di storia della musica rock che è passato dalla concezione e trasformazione del rock and roll da “musica del diavolo” ad accettatissimo strumento economico di etichette discografiche nei floridi e complicati anni ’70 (post blues, post cultura hippy, post eccessi di Morrisoniana memoria, coltelli di Hell’s Angels che scintillano ad Altamont, Rolling Stones, cocaina, Black Sabbath e iniziazione del metal), la nascita di una cultura punk in Asia e in Cina arriva solo di seconda mano, importata, trapiantata.

Senza un supporto storico e culturale pronto a difendere le proprie differenze. Nei primi anni ‘90, le idee con cui i musicisti cinesi si confrontavano venivano prevalentemente dal mercato nero di CD e cassette piratate, fortemente saturo di classici rock and roll o heavy metal americani. Con il cambio di direzione del mainstream americano e l’entrata in scena del grunge (essenzialmente, i Nirvana), il materiale che lentamente permetteva ai cinesi di conoscere la cultura occidentale e abituarsi ai suoi nuovi modelli cambiò rotta verso la semplicità e immediatezza di quel suono grunge pesantemente influenzato dal garage dei 60 e dal punk.

Entro la fine del 1995, i Nirvana avevano raggiunto uno status di successo asiatico di ledzeppeliniana memoria, e costituivano la prima fonte di ispirazione per centinaia di bands underground. Dopo il grunge, la nuova evoluzione dell’alternative mainstream americano fu la rinascita del punk, quello di più commerciale memoria; di conseguenza, il mercato nero musicale cinese cominciò a riempirsi di Green Day, Fugazi, Sex Pistols, Ramones, Rancid, NOFX e purtroppo anche artisti decisamente poco punk come i Blink 182.

Se il punk in Cina sembrava molto infantile, troppo ancorato ai classici settantasettini e a volte privo di quella personalità tutta asiatica che gli avrebbe dato dei caratteri più definiti, il motivo è di queste prime influenze. Parlando di punk, in occidente si distingue ampiamente tra un mainstream blasonato e criticato e una forte scena underground, che è il motore di definizione dei trend e dell’autenticità del movimento.

Al contrario, pare che in Cina il punk sia nato ricalcando a carbone gli stili e le suggestioni di quei famosi gruppi del punk più mediatico americano e inglese, senza poter andare più a fondo e capire le radici e il senso del movimento.

Primi fuochi della rivolta: Pechino brucia

Per spiegare brevemente un fenomeno che meriterebbe molte più righe, in America e in Europa la musica punk e hardcore nasce e si sviluppa in un underground dominato da pubblicazioni indipendenti, concerti in centri sociali e club, circoli di persone che definiscono il movimento e la sua direzione. Una band che finisce su una major generalmente acquista molti fans, ma perde il substrato di quelli che punk lo sono sul serio.

Di conseguenza, l’influenza underground che fatica a entrare in contesti ben più liberali di quelli asiatici, come ad esempio la stessa Europa continentale, in Cina ci arriva solo quando qualcuno ce la porta: lo sviluppo del punk cinese ha visto dunque la partecipazione chiave da una parte di quella musica punk istituzionalizzata che dal mainstream occidentale veniva piratata e venduta sulle bancarelle pechinesi, e dall’altra dall’ondata di stranieri che, chi per studiare il cinese, chi per insegnare l’Inglese, chi per lavorare, arrivavano in una Cina dai confini fisici e mentali sempre più aperti e curiosi verso “l’ignoto straniero”.

Pechino, come da copione, fu la prima città cinese a essere aperta e quindi “invasa” da queste idee rivoluzionarie. Indicativa della doppia tendenza e influenza del punk underground/mainstream è la nascita della prima scena punk pechinese nel 1995: Underbaby, la prima vera ‘punk’ band spilloni e creste, e i Catcher in the Rye, la prima pop-punk band. Benché dividendo un background culturale e ideologico, il suono delle due bands era totalmente antitetico, un po’ come tra i Sex Pistols e Blondie: marci, veloci e rancidi i primi, melodici, poppeggianti e a cappella i secondi.

Anche la scelta di un nome di pari passo preso dal classico romanzo di formazione post moderno americano di J.D. Salinger la dice lunga sulle influenze, e pare sia stata suggerita da un professore straniero di lingua inglese. Nel 1997, Pechino è pronta per una nuova generazione di punk che si raduna ai concerti del celeberrimo Scream Club: non solo ormai le influenze si sono fatte più variegate e più storicamente accurate, pescando anche dal calderone dell’hardcore di metà anni ’80 (band americane come Fugazi, Operation Ivy, Misfits, NOFX, Bad Brains etc.), ma anche l’età dei fan si abbassa di molto, includendo ragazzini dai sedici anni in su, a differenza della prima ondata di punk che avevano generalmente scoperto questa nuova cultura alternativa nei vent’anni avanzati.

È da questa generazione che nascono le band più significative del movimento: Brain Failure, 69, Reflector e Anarchy Boys. Una compilation con queste quattro band testimonia la prima vera uscita discografica del punk cinese, il doppio CD album rilasciato da Jing Wen Records e rapidamente esaurito. Ed è appunto in questi anni e nel 1998 soprattutto –a seguito dell’arrivo e del successo di bands come Qiutian de chongzi (Autumn Bug) e Niuqu de jiqi (Twisted Machine), le prime ad usare costumi di scena ed effetti speciali di Marylin Mansoniana memoria- che la stampa straniera si interessa al punk cinese, e Pechino diventa un esempio di libertà culturale e musicale attirando musicisti, fan e studenti da tutte le parti della Cina.

Questo è il periodo in cui, stando alle parole di David O’Dell, studente di Cinese texano e uno dei “laowai” (stranieri) chiave nell’ambito dello sviluppo e informazione della scena punk cinese, bands e concerti abbondano, e non è raro poter scegliere tra una quindicina di band che suonano in tre o quattro locali diversi nella stessa serata. Un fermento incredibile, una scheggia impazzita che si è guadagnata l’attenzione della stampa internazionale in vari paesi, tra cui celeberrimi reportage su Newsweek, Time Magazine, CNN ed MTV.

La miccia del punk era accesa, e la bomba pronta ad esplodere. Ma proprio durante l’arrivo del nuovo millennio, l’atmosfera cambia: Pechino è satura di musicisti e pronta a scrollarsi di dosso il passato, per lanciarsi nel nuovo millennio. Il punk cinese, quasi spodestato, non vuole morire e decide invece di prendersi una vacanza al sole, infettando tutto quello che trova sul suo cammino.

[Segue]

* Marco Ferrarese ha suonato per 10 anni nei The Nerds Rock Inferno, una delle poche punk rock bands italiane capaci di infiammare i palchi di Europa e Stati Uniti. Dal 2007, incuriosito dall’Asia, si trasferisce in oriente. Ha vissuto in Europa, Cina, Stati Uniti ed Australia, e viaggiato in circa 40 paesi. Al momento vive, scrive e lavora a Penang, Malesia. Il suo sito è www.monkeyrockworld.com

 [Foto di Janek Zdarski]