Xinjiang -Breve/ Disordini a Urumqi

In by Simone

156 morti, più di 800 feriti, scene di rivolta, cadaveri per strada, esercito in azione: è il bilancio dei disordini scoppiati a Urumqi, capoluogo dello Xinjiang, regione nord occidentale della Cina, a maggioranza islamica. Sulle cause e la reazione, durissima, dell’esercito cinese, ancora poca chiarezza: Pechino accusa gli indipendentisti musulmani, che negano responsabilità, addebitando all’esercito cinese le cause dei disordini.

Una notizia di qualche settimana fa, passata inosservata, sarebbe la causa scatenante: in una fabbrica di giocattoli, persone di etnia han (la maggioranza della popolazione cinese) accusano due uighuri, abitanti dello Xinjiang, di avere violentato una ragazza cinese. Scoppiano scontri, due uighuri sono uccisi. Domenica una manifestazione percorre le strade di Urumqi, in solidarietà alla vittime. Contemporaneo scoppia il caos, si contano i primi morti e le voci incontrollate divampano.

China News Service afferma che tra le 20 e le 22 locali di domenica sera «circa 700» uighuri si sarebbero abbandonati alla violenza bruciando veicoli, erigendo barricate e attaccando negozi e abitazioni di cinesi.
Lo Xinjiang è da sempre una spina nel fianco del governo di Pechino: ricco di risorse e confinante con sei paesi, costituisce un crocevia fondamentale per la Cina, impegnata da sempre a contrastare le forze separatiste musulmane.

[Pubblicato su Metro, il 7 luglio 2009]