Bo Xilai, il nostalgico maoista

In by Simone

L’Oriente non è più rosso come nell’inno che celebrava la nascita e le gesta di Mao Zedong, lo è invece il palinsesto di un’emittente satellitare di Chongqing, nella Cina sudoccidentale, che all’intrattenimento ha preferito programmi che esaltano il passato rivoluzionario del Paese e il ruolo del Partito comunista.

La mente dell’iniziativa, come ha ammesso il direttore del canale, Chen Xiushen, è il segretario del Pcc locale, Bo Xilai. La scelta dell’emittente, definita “controversa” dal quotidiano Global Times, non è però una novità per i 32 milioni di abitanti della megalopoli sul fiume Yangtze, dove canzoni rivoluzionarie, slogan per le strade e letture pubbliche dei classici marxisti sono la norma da almeno due anni.

Così dalle sette alle undici di sera sugli schermi di milioni di persone andranno in onda film, documentari e spettacoli che rimandano agli anni in cui i cinesi “fondarono una Repubblica”, per citare il colossal cinematografico che nel 2009 celebrò i 60 anni della Rpc. Tra i titoli dei programmi: Liberare il Sudovest, Spari sull’altipiano, Tutti i giorni canzoni rosse, Liberazione, Verso una Nuova Cina.

Una novità assoluta per la prima serata, che fa dell’emittente la prima in tutto il Paese a non trasmettere programmi d’intrattenimento nella fascia oraria di punta. Una svolta accolta con scetticismo da una parte della dirigenza dell’azienda, che teme un calo di ascolti, e dagli inserzionisti, alcuni dei quali hanno già ritirato le sponsorizzazioni.

E secondo quanto riferito dal Quotidiano del popolo, dieci secondi di pubblicità fruttano al emittente 120mila yuan al mese (15mila euro circa), il 25 per cento in più rispetto l’anno appena trascorso. Così mentre il pubblico giovane è diviso, lo spettatore su cui molti puntano appartiene alle vecchie generazioni che potranno ricordare gli anni ormai passati. “Vogliamo assumerci le nostre responsabilità e diffondere i valori e la morale necessari alla nostra sopravvivenza e alla nostra crescita”, ha aggiunto Chen.

Con lui si schiera anche il direttore dell’amministrazione Statale per le telecomunicazioni, Wang Taihua. “Non possiamo fare dell’audience il solo criterio per decidere i programmi”, ha detto in conferenza stampa, “il bene della società deve essere al primo posto”. È questo il senso della campagna dal sapore maoista lanciata nel 2008 dallo stesso Bo Xilai -già ministro del Commercio e tra i negoziatori nel 2001 dell’ingresso della Cina nel Wto- pochi mesi dopo essere stato nominato capo del Pcc nella megalopoli, dove ha proclamato guerra alla corruzione e alla criminalità organizzata. Da allora, il conto è del quotidiano online Asia Times, nella città si sono tenute 28mila recite pubbliche dei classici e 128mila manifestazioni con canti rivoluzionari, entrati anche negli ospedali psichiatrici sui cui muri sono appese foto in bianco e nero di Mao acclamato dalla folla e di Lei Feng, l’eroe dell’Esercito popolare di liberazione, diventato il prototipo dell’abnegazione e dell’altruismo.

Terapie, secondo il personale medico, utili per rafforzare lo spirito dei pazienti e renderli ottimisti verso il recupero. Senza contare l’invio di 13 milioni di sms con le citazioni di Mao. Il risultato, secondo un sondaggio dell’agenzia Xinhua, è un 93 per cento di cittadini che si sente felice. Mentre 750mila studenti e universitari parteciperanno a “progetti sociali per la comunità” e partiranno per le campagne dove proveranno di prima persona l’esperienza della vita nei campi.

Una rivisitazione in chiave moderna dell’esortazione rivolta dal Grande Timoniere a milioni di giovani negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso: andare nelle zone rurali e imparare dai contadini. Il successo delle iniziative non ha lasciato indifferenti le più alte cariche dello Stato, tanto che nelle scorse settimane a complimentarsi con Bo Xilai è stato niente meno che il vice presidente Xi Jiping, nominato alla vice presidenza della Commissione militare centrale del Pcc e di fatto il più probabile erede di Hu Jintao alla guida del Partito e della Cina.

L’eco nazionale che la campagna per una cultura rossa sta avendo potrebbe anche essere il trampolino per già popolare Bo verso un possibile posto come membro del comitato permanente del Politburo. La data è il 2012, quando il Partito si riunirà in congresso. Teoricamente la ristretta cerchia di nove dirigenti che guida il Paese gli potrebbe essere preclusa per ragioni anagrafiche. In Cina a settant’anni si è costretti a ritirarsi dall’attività politica e il sessantaduenne “principino” Bo, anche lui come Xi figlio di un alto funzionario di epoca maoista, potrebbe essere già troppo vecchio. Ma come ha scritto con una citazione di Mao in uno dei primi messaggi sul suo microblog ‘rosso’: il mondo è nostro e dobbiamo lavorare insieme