Birmania – Il ritorno di Aung San Suu Kyi

In by Simone

Continua il percorso delle riforme in Birmania, sempre più impegnata a ritagliarsi un ruolo internazionale meno sino-dipendente. Il ritorno alla legalità del partito del premio Nobel Aung San Suu Kyi e le manovre di avvicinamento verso gli Stati Uniti e l’India lasciano ben sperare per il futuro del Paese.
Aung San Suu Kyi è sempre stata una figura presente nella scena politica per i birmani, anche quando la leader democratica era costretta dal regime agli arresti domiciliari.

Il suo ritorno nell’agone elettorale ha ora il segno dell’ufficialità: il voto unanime con cui il comitato centrale della Lega Nazionale per la Democrazia (Nld) ha deciso di far tornare il partito nella legalità e partecipare alle suppletive per 48 seggi parlamentari vacanti.

In politica bisogna pensare a ciò che deve essere fatto. Se riterrò necessario candidarmi lo farò”, ha detto la Signora ai suoi sostenitori accorsi davanti alla sede del partito nell’ex capitale Rangoon.

È trascorso un anno e mezzo da quando i dirigenti del movimento decisero di boicottare le elezioni dello scorso novembre, le prime indette dalla giunta militare in vent’anni, e non registrare l’Nld per protesta contro le norme che escludevano la premio Nobel per la pace, allora ancora agli arresti, dal voto.

I generali al potere per oltre sessant’anni hanno ora smesso la divisa, lasciando la guida del governo ai civili. Per molti oppositori si è trattato di una strategia per rifarsi un’immagine internazionale e attirare nuovi possibili interlocutori, allentando così la dipendenza troppo forte dalla Cina.

Guidato dal capo di stato, Thein Sein, 67 anni, ex braccio destro del generalissimo Than Shwe, il governo ha avviato un graduale processo di riforme, tale comunque da far cadere i veti sull’assegnazione a Naypyidaw della presidenza dell’Associazione dei paesi del Sudest asiatico (Asean) nel 2014.

“Dopo anni di oscurità, nelle ultime settimane abbiamo assistito ai primi progressi”, ha detto Barack Obama in partenza per Bali dove partecipa al vertice delle nazioni dell’Asia orientale, “vogliamo cogliere quella che potrebbe essere un’opportunità storica e chiarire che se la Birmania continuerà a viaggiare sulla strada delle riforme democratiche, potrà costruire un nuovo rapporto con gli Stati Uniti”.

Un primo passo in questa direzione sarà, all’inizio di dicembre, la visita nel Paese di Hillary Clinton, la prima di un segretario di Stato Usa in cinquant’anni. Di questo Obama ha parlato in una lunga telefonata con Aung San Suu Kyi, commentando le recenti aperture del regime, a partire dall’amnistia concessa a oltre 6.300 detenuti, tra cui almeno 300 degli oltre 2.000 prigionieri politici.

In un anno il clima politico è cambiato”, ha sottolineato Aung Myo, militante della Nld intervistato da Al Jazeera. La scorsa estate Thein Sein aveva avuto un faccia a faccia con Aung San Suu Kyi. E ai primi di ottobre, dopo aver allentato la censura sulla stampa, il governo aveva sospeso la costruzione della diga di Myitsone, osteggiata dalle popolazioni locali, provocando il disappunto dei cinesi che si erano aggiudicati gli appalti e la gestione.

Oltre alle aperture statunitensi, Pechino assiste ai più stretti contatti del regime con l’India, da sempre buon alleato birmano, ma con credenziali democratiche migliori rispetto alla Cina. La svolta riformista era stata enfatizzata a settembre da un rapporto del International Crisis Group. Mentre Andrew Selth sull’Asian Times aveva addirittura tracciato un parallelo tra il presidente e Mikhail Gorbaciov, pur sottolineando il controllo che i militari continuano a esercitare sulla politica birmana.

La scelta dell’Nld è molto importate. Bisogna sfruttare tutti gli spiragli a disposizione per la promozione dei diritti umani”, ha detto al Riformista Cecilia Brighi, responsabile per l’Asia della Cisl, “La decisione è però stata possibile soltanto dopo una riforma della Costituzione che ha cancellato il giuramento cui il partito si era sempre opposto. Le aperture del regime non sono però ancora sufficienti”.

Ad esempio, ha sottolineato, la nuova legge sul lavoro non è ancora entrata in vigore e persiste lo sfruttamento del lavoro forzato, dei bambini soldato e del lavoro minorile. Temi su cui, quando sono trascorsi 12 anni dall’ultima, si attende una commissione d’indagine.

[Pubblicato su Il Riformista] [Foto credit: thedailyzombies.blogspot.com]