Inaugurato ad Harbin, in Cina, un memoriale dedicato ad Ahn Jung-geun, eroe dell’indipendenza coreana, che nel 1909 uccise il quattro volte premier nipponico Ito. Una decisione che crea nuove tensioni tra Pechino, Seul e Tokyo. A seconda dei punti di vista Ahn Jung-geun è considerato un patriota, un assassino, un eroe, un terrorista. Il 26 ottobre 1909 nella stazione di Harbin, nel nordest della Cina, Ahn, con l’aiuto dei compagni e attivisti indipendentisti Woo Deok-sun e Yu Dong-ha, uccise il quattro volte premier giapponese e primo governatore militare della Corea, Hirobumi Ito.
Nella stessa stazione, domenica scorsa, è stato inaugurato un memoriale dedicato all’uomo che i coreani considerano un eroe dell’indipendenza nazionale. Duecento metri quadri nell’area Vip della stazione ferroviaria, in cui sono raccontati i giorni che vanno dall’arrivo in città di Ahn fino al momento dell’attentato e alla carcerazione prima dell’impiccagione a marzo del 1910. Al centro della sala un busto che lo ritrae. L’orologio bloccato sulle 9:30, l’ora in cui sul binario numero uno, Ahn sparò e uccise Ito.
Il memoriale, la cui costruzione fu proposta durante la visita della presidentessa sudcoreana Park Geun-hiye a Pechino lo scorso giugno, ha scatenato la reazione di Tokyo. Tanto più che di Ahn non si conosce ancora la tomba, una scelta all’epoca dettata dal timore che potesse diventare luogo di pellegrinaggio per gli attivisti anti-nipponici. Per Yoshihide Suga, capo del Gabinetto nel governo guidato dal liberaldemocratico Shinzo Abe, “l’azione coordinata di Cina e Corea del Sud si fonda su una visione unilaterale della storia che non porta alla stabilità e alla pace”. Per l’esecutivo nipponico Ahn è un “terrorista condannato a morte”.
Di tutt’altro parere sono cinesi e sudcoreani. “La memoria di Ahn è stata celebrata per tutto il secolo passato. Oggi abbiamo eretto il memoriale in suo onore e esortiamo chiunque ami la pace a unirsi, a resistere alle invasioni e a opporsi alla guerra”, ha detto Sun Yao, vicegovernatore dell’Heilongjiang, citato dall’agenzia ufficiale cinese Xinhua.
“Un grande uomo che ha lottato contro il fascismo”e ancora “un partigiano contro il dominio coloniale giapponese che ha lottato per liberare i popoli dell’Asia”, commentano alcuni visitatori intervistati dal quotidiano sudcoreano Hankyoreh. Parole che trovano eco nelle dichiarazioni del ministero degli Esteri di Seul. Secondo cui Ahn Jung-geun fu un eroe che decise di sacrificarsi per l’indipendenza della Corea e la pace nel Continente, contro l’imperialismo nipponico nella prima metà del secolo scorso è la postilla che l’agenzia Yonhap mette tra parentesi.
Il tutto avviene quando sono trascorse poche settimane dalla visita di Abe al santuario shintoista Yasukuni, in cui sono ricordati anche criminali di guerra di classe A. Una decisione considerata come un’offesa sia in Cina sia a Seul, dove è ancora profondo il ricordo delle atrocità compiuta durante l’occupazione nipponica.
Questo mentre il governo liberaldemocratico sembra procedere nell’intento di rivedere la costituzione pacifista imposta al Paese e per la prima volta in anni ha decretato un aumento della spesa per la difesa, sebbene ieri a Davos lo stesso Abe abbia sottolineato la necessita di contenere l’espansione militare nella regione. Un ammonimento che sembrava rivolto più alla Cina che alle proprie politiche.
Tensioni a geografia variabile. Se Seul e Pechino si trovano dalla stessa parte quando si tratta di storia, i sudcoreani sono stati più vicini al Giappone, e al comune alleato statunitense, nel criticare l’istituzione lo scorso novebre di una zona di identificazione aerea che interseca tratti di mare contesi.
È ironico, commenta il Wall Street Journal, che proprio Ahn fu a suo tempo un sostenitore del panasiatismo, favorevole a migliori rapporti tra Cina, Corea e Giappone.
[Foto credit: blogs.wsj.com/japanrealtime]