La firma dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e India e l’inasprimento delle norme sui diritti di proprietà intellettuale mettono a rischio le aziende del subcontinente produttrici di farmaci generici. La campagna ‘Sblocchiamoli – cibo, salute e saperi senza brevetti’ ha come obiettivo sensibilizzare istituzioni e cittadini sull’impatto dell’accordo sul diritto alla salute, sulla tutela dei saperi locali e sulla biodiversità. “L’India è la farmacia del Sud del mondo”, ha spiegato Nicoletta Dentico, direttrice di Health Innovation in Practice, ”Le aziende indiane produttrici di farmaci generici forniscono l’80 per cento dei medicinali destinati ai programmi del Fondo globale per la lotta contro l’Hiv, l’Aids e la malaria e di Medici senza frontiere. E hanno contribuito alla riduzione del costo dei farmaci retrovirali contro l’Hiv/Aids. Ma la produzione è in pericolo”.
Tra le norme contestate da attivisti, medici e dalla stessa Organizzazione mondiale della Sanità, il prolungamento della durata dei brevetti e soprattutto l’esclusività dei dati di ricerca clinica ossia la protezione monopolistica dei dati, solitamente in possesso delle grandi multinazionali occidentali produttrici dei farmaci “griffati”, per un periodo di dieci anni. Si restringe così la possibilità di azione dell’industria farmaceutica locale, costretta ad attendere la fine del periodo di protezione o a iniziare da capo la ricerca senza poter contare su dati già acquisiti, indispensabili per preparare l’equivalente generico al momento della scadenza del brevetto.
La norma sull’esclusività è smentita dal commissario europeo per il Commercio, ma confermata dalle organizzazioni non governative che hanno letto la bozza dell’accordo che dovrebbe essere siglato entro giugno. “Di fatto si cerca di superare gli Accordi sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Trips) del 1994, promossi dall’Organizzazione mondiale del commercio, che garantiscono al titolare del brevetto venti anni di monopolio sul prodotto. I farmaci non fanno eccezione”, ha sottolineato Dentico, “Tuttavia prevedono una certa flessibilità, a esempio consentono la produzione di medicinali generici anche prima della scadenza del brevetto in caso di emergenze sanitarie”.
Nel 2005 New Delhi aderì al Trips cercando tuttavia di mantenere un margine di manovra per la propria industria farmaceutica e di impedire che tutto possa essere considerato brevettabile. Una decisione costata al governo indiano lunghi contenziosi con colossi come Bayern e Novartis. “Con la scusa di salvaguardare la proprietà intellettuale del prodotto e di impedire la contraffazione si mette un freno ai farmaci generici, che hanno lo stesso principio attivo di quelli di marca”, ha aggiunto, “Di fatto le grandi aziende cercano di far passare il messaggio: generico equivale a contraffatto ossia di cattiva qualità”. Alla base di tutto c’è la difficoltà a districarsi tra i cavilli legali in un campo sempre più per esperti. “Se si dovesse chiedere in giro cos’è la proprietà intellettuale in pochi saprebbero dare una definizione”, ha concluso Dentico, “si è ormai fatta strada l’idea che non esista un’alternativa al sistema dei brevetti.
Esistono tuttavia altri tipi di licenze come le Creative Commons. Per molti scienziati il guadagno non è tutto, al contrario si sentono gratificati dal fatto che il loro nome sia associato a una scoperta. Negli ultimi venti anni invece, da quando è iniziata la globalizzazione dei brevetti abbiamo assistito alla nascita di monopoli, all’aumento del costo dell’innovazione, ma di fatto a un calo dell’innovazione in sé”.
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