All’Esquilino non c’è spazio per il museo d’arte orientale

In by Gabriele Battaglia

Riproponiamo qui un’eccellente inchiesta firmata da Roberto Ciccarelli per il manifesto. Il Ministero dei beni culturali ha intenzione di spostare il museo nazionale di arte orientale Giuseppe Tucci dalla sua sede storica nel cuore del quartiere multietnico dell’Esquilino, a Roma. Finirà all’Eur, in un’ala dell’Archivio centrale di Stato. Struttura inadatta individuata per contenere i costi. Ma a guardar bene, le spese potrebbero toccare i 15 milioni di euro.
Inchie­sta. L’incredibile sto­ria del museo nazio­nale di arte orien­tale in via Meru­lana a Roma. Per la spen­ding review il Mini­stero dei beni cul­tu­rali lo tra­sfe­rirà all’Archivio cen­trale di Stato all’Eur dove pagherà un affitto tri­plo rispetto a quello attuale. E i soldi andranno all’Ente Eur, una società pub­blica par­te­ci­pata dallo Stato. Il museo fon­dato nel 1957 verrà sra­di­cato dal quar­tiere più mul­tiet­nico di Roma dove ha tro­vato una straor­di­na­ria inte­gra­zione e rischia di scom­pa­rire in un risiko di affitti con molti misteri immo­bi­liari.

Per rispar­miare un affitto da 761.333 euro annui il museo nazio­nale di arte orien­tale Giu­seppe Tucci (Mnao) in via Meru­lana a Roma verrà tra­sfe­rito in un’ala dell’Archivio cen­trale dello Stato all’Eur dove pagherà un canone da 2 milioni e 200mila euro. I reperti, e le opere d’arte, oggi ospi­tati nei 4.580 mq al piano nobile del prin­ci­pe­sco palazzo Bran­cac­cio, dovranno rien­trare nei 3700 mq in un’ala del palazzo delle forze armate, oggi sede dell’Archivio centrale.

Non solo. Il museo dovrà con­di­vi­dere gli oltre tre­mila metri qua­dri con la dire­zione gene­rale degli archivi di Stato, oggi in affitto in via Gaeta a Roma. Gli attuali quat­tro­mila e più metri qua­dri ver­ranno così dimez­zati all’Eur. E una parte delle opere oggi espo­ste a rota­zione nel museo di via Meru­lana rischiano di restare nei depo­siti, insca­to­late, lon­tane dal pub­blico. All’Eur c’è il Museo nazio­nale di arti e tra­di­zioni popo­lari e quello preistorico-etnografico Pigo­rini. Il mini­stro dei beni cul­tu­rali Dario Fran­ce­schini pre­vede per quest’area un futuro da polo museale. Un sogno vec­chio trent’anni che si è scon­trato con la realtà di un quar­tiere lon­tano e inac­ces­si­bile. I romani lo hanno ribat­tez­zato il «cimi­tero dei musei».

Molte sono le voci su que­sto pro­getto, ma ancora poche sono le con­ferme uffi­ciali. Esi­ste però una com­mis­sione che sta sti­lando i pre­ven­tivi sui costi del tra­sfe­ri­mento. E il pros­simo 12 novem­bre il piano gene­rale dovrebbe essere final­mente comu­ni­cato ai sindacati.

Deso­lante spen­ding review
Per com­porre un qua­dro tanto ambi­zioso sarà neces­sa­rio giu­sti­fi­care un’operazione che non può essere spie­gata con il senso comune o con la sem­plice razio­na­lità eco­no­mica. Il Mini­stero dei beni cul­tu­rali (Mibact) dovrà ver­sare per il museo Tucci un affitto tri­pli­cato per metà dello spa­zio attuale. In più, il museo per­derà la qua­li­fica di Soprin­ten­denza e di museo nazio­nale, cioè l’autonomia gestio­nale e scien­ti­fica, e pas­serà sotto la giu­ri­sdi­zione del polo regio­nale regio­nale secondo le linee sta­bi­lite dalla riforma del mini­stro Dario Fran­ce­schini. Il ridi­men­sio­na­mento avverrà a danno della cono­scenza delle cul­ture isla­mi­che, orien­tali e iraniche.

Secondo voci interne al Mibact, l’ala dell’Archivio di Stato all’Eur desti­nata ad ospi­tare la metà del Mnao e gli uffici dell’Archivio cen­trale ha biso­gno di un’imponente opera di ristrut­tu­ra­zione che costerà tra 5 e 10 milioni di euro. Ci sono poi i costi di rial­le­sti­mento: in base a pre­ven­tivi rea­liz­zati da ditte spe­cia­liz­zate sono pari a circa 1 milione di euro. Poi ci sono i costi di tra­sporto e imbal­lag­gio delle opere, cal­co­lati tra 1 milione e 400 mila e 1 milione e 800 mila euro. Lo Stato spen­derà così una cifra tra i 11,822 e i 15,830 miioni di euro. Resta da cal­co­lare l’ammontare dell’affitto di palazzo Bran­cac­cio in attesa dell’adeguamento dei locali all’Eur. Per tre anni di attesa il Mibact spen­derà 2 milioni e 283 mila euro. Dun­que, per rispar­miare 761 mila euro all’anno, lo Stato potrebbe arri­vare a spen­dere fino a 20 milioni di euro nei pros­simi quat­tro anni. La spen­ding review gene­rerà nuovi costi pas­sivi e aggiun­tivi. Un affarone.

La pas­sione per il mat­tone
L’assurdo sem­bra avere una logica. Il Mibact ver­serà i 2.200 milioni di euro all’Ente Eur pos­se­duto al 90 per cento dal mini­stero dell’Economia e al 10 per cento dal sin­daco Igna­zio Marino con Roma Capi­tale. Quella che si sta pro­spet­tando non è tanto una par­tita di giro dove lo Stato (Fran­ce­schini) paga un affitto allo Stato (cioè al mini­stro dell’Economia Padoan), quanto un uso di que­sti fondi per altre ope­ra­zioni immo­bi­liari. Tra l’archivio di stato e il museo c’è più di qual­cuno che pensa che una simile mano­vra sia la con­se­guenza di un atto della Corte dei Conti nel 2013.

La magi­stra­tura con­ta­bile ha impo­sto al Mibact di tagliare di 2,5 milioni l’affitto da 7,5 milioni di euro ver­sati all’Ente Eur per i locali dell’Archivio di Stato. Qual­cun altro ritiene che un ruolo in que­sta vicenda lo abbia anche la Nuvola, il nuovo cen­tro con­gressi pro­get­tato dall’architetto Massimiliano Fuk­sas su un ter­reno di pro­prietà dell’Ente Eur. Su que­sto eterno can­tiere, che il sin­daco Marino vor­rebbe inau­gu­rare il pros­simo primo mag­gio in occa­sione dell’inizio dell’Expo a Milano, la Corte dei Conti ha aperto un’indagine per danno era­riale: in sette anni i costi per costruire un cen­tro con­gressi più grande della Basi­lica di San Pie­tro sono aumen­tati di 55 milioni di euro. E ancora oggi nulla si sa sui tempi di consegna.

Que­sti e altri misteri finan­ziari avrebbe voluto risol­vere il cava­liere soli­ta­rio della spen­ding review, Carlo Cot­ta­relli. Senza riu­scirci. In com­penso ha lasciato una testi­mo­nianza signi­fi­ca­tiva, scritta sul suo blog: «Ci chie­diamo per­ché il Tesoro debba pos­se­dere ancora il 90 per cento di Eur Spa, immo­bi­liare che ha rac­colto l’eredità dell’ente che doveva orga­niz­zare l’Esposizione uni­ver­sale del 1942 a Roma. Che ovvia­mente non si tenne mai, causa seconda guerra mon­diale. Pro­prio qui sta il punto: le Regioni e gli enti locali hanno usato le società par­te­ci­pate spesso per aggi­rare le norme sta­tali, come il blocco delle assun­zioni, ali­men­tare il con­senso o pagare dazi politici».

Lo scri­gno
Tra pro­getti monu­men­tali e misteri immo­bi­liari, il futuro del museo di arti orien­tali sem­bra essere segnato. Invece di poten­ziare uno spa­zio cre­sciuto gra­zie a impo­nenti dona­zioni di archeo­logi, esplo­ra­tori, amba­scia­tori e alla pas­sione del fon­da­tore Giu­seppe Tucci si pre­para una lenta spa­ri­zione pro­gram­mata. Nato nel 1957, il Mnao verrà smar­rito nei para­dossi della spen­ding review.

Da tre mesi i fun­zio­nari del museo, i sin­da­cati e le scuole dell’Esquilino, il quar­tiere umber­tino che negli ultimi vent’anni è diven­tato mul­tiet­nico, non si danno pace. Hanno lan­ciato una peti­zione su change​.org, orga­niz­zato mani­fe­sta­zioni con le scuole che ospi­tano i bam­bini delle comu­nità cinesi, paki­stane, ben­ga­lesi, rac­colto quasi due­mila firme per fer­mare un treno che corre verso il precipizio.

Anche il comi­tato di quar­tiere della vicina Piazza Dante si è mobi­li­tato. «Il tra­sfe­ri­mento è osteg­giato dal per­so­nale non per­ché l’Eur sia lon­tano dalle nostre abi­ta­zioni – si legge in un appello — ma per­ché signi­fica sra­di­care il museo dal suo quar­tiere di ele­zione, dal suo natu­rale bacino d’utenza. Sarebbe come tra­sfe­rire la Soprin­ten­denza all’Etruria in Puglia».

Nella prima fila di que­sta bat­ta­glia c’è una donna appas­sio­nata. Si chiama Dona­tella Maz­zeo. Dal 1980 al 2005 ha diretto il museo. Oggi è in pen­sione, ma è ancora legata a que­sti spazi. Scrive, si batte, par­te­cipa alle mani­fe­sta­zioni di soste­gno, rico­strui­sce la sto­ria di un bas­so­ri­lievo o di una than­gka tibe­tana, di una dona­zione oppure di un acqui­sto con una pas­sione ori­gi­nale. «L’ho visto cre­scere poco a poco, prima da fun­zio­na­ria nel 1965 poi come diret­trice – rac­conta – Lo spa­zio si è tra­sfor­mato dopo i lavori di messa a norma tra il 1991 e il 1994. Que­sto palazzo è uno scri­gno che ci ha rega­lato molte sorprese».

I lavori sono costati al mini­stero cifre con­si­de­re­voli e hanno pro­dotto un valore che andrà per­duto una volta tra­sfe­rito il museo all’Eur. In quell’occasione ven­nero eli­mi­nati falsi sof­fitti e pareti, costruiti in molti palazzi sto­rici romani secondo una moda discu­ti­bile. E sono apparse le deco­ra­zioni e gli affre­schi com­mis­sio­nati al pit­tore acca­de­mico Fran­ce­sco Gai dal prin­cipe Sal­va­tore Bran­cac­cio e da sua moglie Eli­sa­beth Bra­d­hurst Field, discen­dente di una ric­chis­sima fami­glia ame­ri­cana di indu­striali dell’acciaio che finan­ziò la costru­zione dell’immenso palazzo.

Oggi il museo è un mira­colo di equi­li­brio: tra l’intimità dei vec­chi appar­ta­menti prin­ci­pe­schi e le sale del Gan­d­hara, del Tibet e del Nepal, della Cina o del mondo ira­nico o isla­mico. I legami tra il museo e le stanze rea­liz­zate secondo lo stile eclet­tico di fine Otto­cento, tra liberty e un barocco varie­gato, è ormai sal­dato. Cinquant’anni di lavori li hanno resi inscin­di­bili. «Spero che il museo resti qui – con­ti­nua Maz­zeo – pensi a quanto sia utile per le scuole che hanno i bam­bini i cui geni­tori sono nati in que­sti paesi ma che non avranno facil­mente l’occasione di tor­narci a causa anche delle guerre. Qui invece pos­sono com­pren­dere le ori­gini delle loro culture».

L’agnello sacri­fi­cale
Il museo Tucci non rien­tra nei canoni della pro­dut­ti­vità. È dis­so­nante rispetto alle inten­zioni di creare spazi colos­sali che attrag­gono turi­sti, biglietti a volontà, mostre ecla­tanti che fanno noti­zia e diven­tano di moda. Il Mnao è un museo spe­cia­li­stico, che ha matu­rato una voca­zione sociale man mano che l’Esquilino è stato tra­sfor­mato dalle migrazioni.

C’è una forte sin­to­nia tra il fuori e il den­tro che ha per­messo di sco­prire anche una mis­sione sto­rica: sal­vare la memo­ria di interi popoli dalle guerre dove opere d’arte e reli­giose ven­gono bom­bar­date. Lo aveva com­preso prima di morire nel marzo scorso Fran­ce­sca Bonardi, la vedova di Giu­seppe Tucci, che ha donato una rac­colta di oltre 2 mila pezzi rac­colti in anni di viaggi ed esplo­ra­zioni. Un valore supe­riore ai 5 milioni di euro. Ad una con­di­zione: che il museo restasse aperto nel suo quar­tiere di adozione.

L’ansia di con­ser­vare il ricordo di civiltà che stanno scom­pa­rendo, insieme al rispetto verso le comu­nità che cre­scono a Roma, oggi rischiano di essere tra­dite. «Al mini­stero devono sacri­fi­care qual­che strut­tura per far vedere al governo che stanno appli­cando la spen­ding review – sosten­gono i lavo­ra­tori del museo – Quello che stanno facendo è assurdo, non ha né capo né coda. Il museo è diven­tato un agnello sacrificale».

Si gioca al risiko degli affitti
Nel risiko degli affitti che gli archivi di Stato pagano per le loro sedi, il mini­stero dei Beni cul­tu­rali (Mibact) sta cer­cando di rispar­miare su quello della dire­zione gene­rale degli archivi. Que­sti uffici sono ospi­tati in un palazzo in via Gaeta a Roma dove il mini­stero versa un canone di 500mila euro all’anno. Qual­che mese fa il Mibact ha cer­cato di tra­sfe­rirli al terzo piano della biblio­teca nazio­nale nella vicina via Castro Pretorio.

Lo abbiamo rac­con­tato nell’inchiesta «Manuale per ucci­dere una biblio­teca» (Il Mani­fe­sto 4 giu­gno). La pro­te­sta dei lavo­ra­tori e dei sin­da­cati della Nazio­nale ha bloc­cato un tra­sfe­ri­mento che avrebbe pro­dotto con­se­guenze deva­stanti nel lavoro quo­ti­diano della biblio­teca, già sof­fe­rente per l’esiguità del per­so­nale e dei fondi a disposizione.

Il mini­stero ha pro­spet­tato un’altra solu­zione: tra­sfe­rire la dire­zione degli archivi nel ferro di cavallo della sede cen­trale dell’archivio di stato nel quar­tiere dell’Eur. L’affitto ver­rebbe ver­sato all’Ente Eur spa e andrà ad aggiun­gersi a quelli ben più cospi­cui pagati per il museo Pigo­rini (3.600 milioni), quello per le arti e le tra­di­zioni popo­lari (1.890 milioni), per l’alto medioevo (370 mila euro), senza con­tare quello pre­ven­ti­vato da 2.200 milioni per il museo nazio­nale di arte orien­tale (Mnao), per il museo della civiltà romana, il palazzo dei con­gressi e il Pala­lot­to­ma­tica. L’ala di piaz­zale degli archivi che dovrebbe ospi­tare gli uffici, insieme al Mnao, è attual­mente occu­pata da 50 chi­lo­me­tri di mate­riale archivistico.

Una rico­gni­zione del com­plesso monu­men­tale che avrebbe dovuto ospi­tare la «mostra dell’autarchia» nell’Esposizione uni­ver­sale del 1942 non è in grado di ospi­tare il museo e gli uffici. Nella descri­zione che ne ha fatto il sovrin­ten­dente Ago­stino Atta­na­sio, in un lungo e arti­co­lato docu­mento pub­bli­cato anche sul sito dell’Archivio cen­trale di Stato, emerge un’immagine inquie­tante: fuori l’archivio si mostra in tutta la mae­stosità dell’architettura fasci­sta, den­tro la situa­zione è molto diversa.

L’ala è col­le­gata all’edificio cen­trale dove si trova la sala stu­dio per i ricer­ca­tori, gli uffici e gli spazi pub­blici, solo da un pas­sag­gio sot­ter­ra­neo. Il piano terra ha un’altezza di sette metri e ci sono scaf­fa­la­ture su tre livelli a cui si accede da due bal­la­toi. Secondo il soprin­ten­dente que­sta solu­zione impe­di­sce di muo­vere con i car­relli i mate­riali all’interno dell’archivio. Il primo piano ha un’altezza di oltre sei metri, ma solai di scarsa por­tata. Per que­sto non sop­porta scaf­fa­la­ture di oltre 2,5 metri d’altezza. Que­sto rende inu­ti­liz­za­bili i due terzi dei 4mila metri qua­dri dispo­ni­bili. A que­ste dif­fi­coltà logi­sti­che e strut­tu­rali si aggiun­gono quelle climatiche.

L’umidità, le infil­tra­zioni d’acqua, le fine­stre pano­ra­mi­che che lasciano pas­sare il freddo d’inverno e il caldo d’estate, ren­dendo impos­si­bile la crea­zione di un archi­vio a norma e di un museo. Strut­ture che hanno biso­gno evi­den­te­mente di un ambiente cli­ma­tiz­zato e fun­zio­nale, sia per gli stu­diosi che per i cit­ta­dini o il pub­blico. Il pro­blema è noto da anni a tutti, al punto da avere costretto l’Archivio – che da anni affronta ingenti spese di manu­ten­zione di que­sto colosso – a instal­lare pompe d’areazione che con­su­mano enormi quan­tità di ener­gia elet­trica. Il Mibact intende tra­sfe­rire il museo di arte orien­tale e la dire­zione gene­rale per gli archivi al primo piano, e in una parte del piano terra.

L’intera area andrebbe prima ristrut­tu­rata e messa a norma con una spesa tra i 5 e i 10 milioni di euro. Il mini­stero dispone di simili cifre? Senza con­tare che dovrà con­ti­nuare a ver­sare l’affitto da 4 milioni e mezzo all’Ente Eur, risul­tato di un taglio di 2,5 milioni richie­sto dalla Corte dei Conti nel 2013. Fino ad allora l’Archivio aveva ver­sato circa 7 milioni all’anno, senza otte­nere in cam­bio gli inter­venti di messa a norma da parte dell’ente proprietario.

La cifra resta impo­nente per una strut­tura che non è inte­ra­mente dedi­cata alle esi­genze dell’archivio, visto che ospita gli uffici dell’agenzia per la mobi­lità del comune di Roma in un’altra ala. Que­sta situa­zione pre­ca­ria ha spinto l’Archivio a depo­si­tare una quan­tità di carte pari alla con­si­stenza degli archivi col­lo­cati negli spazi ina­de­guati dell’ala late­rale in un magaz­zino a Pome­zia, vicino Roma. La spesa è di 150mila euro all’anno. Una scelta difesa dal Soprin­ten­dente Atta­na­sio per­ché a Pome­zia le carte sono al sicuro, cosa che non avviene nel loro sito natu­rale: l’archivio centrale.

Al momento si tratta di mate­riale di scarsa con­sul­ta­zione. In seguito, le richie­ste dei docu­menti potreb­bero essere gestite online e poi con un ser­vi­zio navetta, anche in pre­vi­sione di un aumento del mate­riale. Per molti que­sta scelta non è affatto con­vin­cente, e infatti non man­cano pole­mi­che e pro­po­ste alter­na­tive. La prima è la dema­nia­liz­za­zione dell’archivio che per­met­te­rebbe di dirot­tare il costo degli affitti sulla ristrut­tu­ra­zione mai rea­liz­zata e per l’assunzione del per­so­nale fermo agli anni Ottanta e in gran parte in età pen­sio­na­bile. La seconda sarebbe quella di acqui­sire una delle aree mili­tari in dismis­sione dove orga­niz­zare un sistema di depo­sito a costi ben più con­te­nuti. Su que­ste ipo­tesi il mini­stero, per il momento, tace.

[Pubblicato su il manifesto; foto credit: panoramio.com]

*Roberto Ciccarelli (@furiacervelli), giornalista, filosofo, blogger ha scritto Diritto e beatitudine in Baruch Spinoza, (Carocci) e Immanenza per il Mulino, La furia dei cervelli (manifestolibri, con Giuseppe Allegri) o 2035. Fuga dal precariato (Il Saggiatore, 2011), Il Quinto Stato per Ponte alle Grazie 2013, con Giuseppe Allegri.