Destini dei grandi della storia che si incrociano. Nel 1973 Abbado fu protagonisti di una serie di concerti in Cina, nel pieno della Rivoluzione culturale, no dei periodi più duri della storia recente. Incrociò le vite del popolo cinese, di Jiang Qing e di Deng Xiaoping, l’uomo a cui sono dati i meriti dell’attuale forza economica del paese. Tutto in pochi, cruciali, giorni.
Il 12 aprile 1973 l’orchestra filarmonica di Vienna capitanata da Claudio Abbado, mise in atto una performance che i media cinesi hanno ricordato nei giorni successivi alla morte del grande maestro. L’evento è stato celebrato per alcuni motivi: innanzitutto la musica dell’orchestra viennese venne ospitata a Pechino nel pieno della Rivoluzione Culturale, che di fatto bandiva la musica occidentale, perché definita «borghese».
Si fece un’eccezione per i viennesi e Abbado, a suggellare un «rapporto di amicizia» tra i due paesi, scrivono oggi i quotidiani cinesi. All’epoca la Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale locale, definì il concerto – durante il quale vennero eseguiti brani di Mozart, Brahms, Schubert e Beethoven – «squisito e straordinariamente armonico».
Abbado, definito «amico della Cina», raccolse un successo personale, inoltre, grazie ad una sua apparentemente sbalorditiva scelta. Decise infatti di presentare al pubblico di Pechino una musica composta nel 1970 niente meno che da Jiang Qing, moglie di Mao nonché personaggio tra i più potenti dell’allora Repubblica popolare e sovrana illimitata di tutto quanto veniva classificato come «arte».
Il concerto per piano del Fiume Giallo raccolse uno straordinario successo. Si racconta che Abbado decise di farla suonare all’orchestra dopo aver letto solo una volta lo spartito. «Ha ricevuto la partitura completa dell’opera solo al mattino e ha condotto a memoria il concerto durante la serata. Che meraviglia» disse all’epoca Yin Chengzong, pianista e compositore.
Il direttore d’orchestra cinese Han Zhongjie, racconta il South China Morning Post, ammise che nelle mani di Abbado e dei musicisti viennesi, l’opera suonava «molto più ricca» rispetto a quando lui e altri orchestrali l’avevano riprodotta. La Xinhua ha ricordato come lo stesso maestro italiano si disse «molto felice per la possibilità di esibirmi con gli amici cinesi».
E le riviste e i quotidiani di Pechino, ancora oggi ricordano quelle serate, sottolineando per altro un fatto che lo stesso Abbado forse non poteva conoscere. Durante il concerto del 12 aprile 1973, Deng Xiaoping, l’artefice dell’apertura cinese ai mercati mondiali, l’uomo che sotterrerà Mao e il suo credo politico, faceva la sua prima apparizione pubblica dopo la purga patita ad inizio della Rivoluzione Culturale.
Un evento a suo modo storico. Come riportato dai media locali, lo stesso Quotidiano del Popolo, portavoce ufficiale del Partito Comunista, elogiò Abbado per «la sua attitudine al lavoro sobrio durante le prove del concerto in cui ha sinceramente e modestamente scambiato opinioni con il pianista cinese Yin Chengzong».
Il Beijing Evening Post ha infine ricordato un altro momento dell’esperienza cinese di Abbado, relativa alla sua ultima visita, nel 2009. Allora Abbado effettuò la performance all’interno del Centro nazionale delle arti e per la prima volta il suo spettacolo venne trasmesso in diretta su uno schermo gigante in piazza Tiananmen.
Anche in occasione di quella che è stata l’ultima volta in cui Abbado ha messo piede sul suolo cinese, non mancano gli aneddoti: «il direttore si recò al concerto in metropolitana. Dalla stazione di Guomao (uno dei centri finanziari ed economici della capitale ndr) fino a Tiananmen, non ebbe problemi a stare in mezzo alla folla. Purtroppo, ha scritto il giornalista cinese, nessuno lo riconobbe e si offrì di lasciare il posto a sedere ad Abbado che all’epoca aveva 76 anni. Ma lui – in realtà – sembrava davvero divertito da quell’esperienza».
[Scritto per il manifesto; foto credits: scmp.com]