Visti di residenza: una riforma per razionalizzare le città

In by Gabriele Battaglia

Lo hukou cambia. Lo ha annunciato il governo cinese nella sua politica sempre più incalzante di urbanizzazione delle città medio-piccole. Le procedure per un visto di residenza saranno probabilmente snellite. O il rischio è che le già popolose metropoli cinesi non sostengano il peso delle scelte di Pechino. Il Consiglio di Stato cinese ha annunciato la riforma dello hukou, in quella che appare la vera leva legale per favorire il processo di chengzhenhua, l’urbanizzazione delle città medio-piccole che auspica la leadership di Pechino.

Lo hukou, introdotto nel 1958, è un permesso di residenza che concede diritti e servizi pubblici (sanità, istruzione, welfare) solo nel luogo dove si è registrati, generalmente dalla nascita. Varato all’epoca delle comuni popolari, serviva a legare i cinesi alla terra, alla propria dimensione lavorativa e abitativa, facilitando così l’organizzazione complessiva del territorio ed evitando il rischio di fenomeni di emigrazione di massa.

Oggi è superato dai fatti: da trent’anni i cinesi emigrano massicciamente in tutto il Paese a caccia di lavoro e opportunità. Lo fanno senza avere accesso ai diritti di cittadinanza nei luoghi d’approdo e questo fa sì che in Cina esistano una popolazione di serie A e una di serie B: i residenti e la “popolazione fluttuante”. La situazione acuisce una diseguaglianza già ai limiti del sopportabile e aumenta i rischi di instabilità sociale.

Attualmente, in Cina il tasso di urbanizzazione è del 52 per cento, relativamente basso rispetto ad altri Paesi. È su questa constatazione che si basa la leadership di Pechino per identificare il futuro cinese in un enorme trasferimento di contadini in città, dove dovrebbero gradualmente trasformarsi in ceto medio consumista e soddisfatto. Se il livello di urbanizzazione dovesse aumentare di un punto percentuale ogni anno, il 70 per cento della popolazione cinese sarebbe urbana entro il 2030.

Secondo il rapporto che il Consiglio di Stato (il governo cinese) ha inoltrato all’Assemblea Nazionale del Popolo (il parlamento) questa settimana, lo hukou sarà “rilassato” in tutte le piccole città mentre la registrazione sarà liberalizzata “in modo ordinato” nei centri di media grandezza e nelle maggiori città.

L’impressione è che la leadership cinese voglia introdurre una riforma a diverse velocità, proprio per razionalizzare il processo di urbanizzazione: materia particolarmente delicata, dato il grado di insostenibilità a cui è arrivata ormai la vita in molte megalopoli.

Nel rapporto si legge infatti che nelle metropoli sono ormai sorte piazze enormi, autostrade e zone industriali, che hanno sottratto disordinatamente ettari alle campagne. Al tempo stesso, molte piccole città, se investite da una urbanizzazione non graduale, non riuscirebbero a funzionare in modo efficiente e non potrebbero offrire abbastanza posti di lavoro.

Così, l’urbanizzazione deve procedere al passo con la redifinizione dello spazio urbano, in modo da “ampliare il sistema di servizi pubblici esistenti”, dice Chen Yue, direttore dell’Istituto di Economia Industriale presso l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali.

Per le grandi città come Pechino, il ritmo di integrazione dei nuovi residenti sarà inevitabilmente lento. Il costo della fornitura di servizi sociali quali l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’assicurazione per i lavoratori migranti è infatti alto. Alcuni studiosi stimano che ogni nuovo residente urbano può costare alla città circa 200mila yuan (quasi 25mila euro).

Il problema, in definitiva è: come far andare di pari passo urbanizzazione e organizzazione delle città? Come evitare la nascita spontanea di enormi slum?

Li Tie, funzionario della Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo ha detto all’Osservatore Economico che il modo più facile per avviare la riforma è concedere inizialmente la registrazione agli immigrati che hanno già un lavoro stabile e hanno vissuto in città con la propria famiglia per un lungo periodo di tempo.

Nonostante i limiti odierni, tra il 2010 e il 2012 oltre 25 milioni di cinesi provenienti dalle aree rurali hanno completato la registrazione nelle città. Grandi metropoli come Shanghai, Pechino e Chongqing, hanno infatti quote annuali per l’ammissione alla residenza urbana. Nel 2012, il 35,3 per cento dei cinesi è in possesso di tale residenza.
Sono invece circa 200 milioni i migranti che, nonostante siano sprovvisti di hukou cittadino, vengono ormai stabilmente inseriti nelle statistiche come abitanti delle aree metropolitane.

[Scritto per Lettera43; foto credits: scmp.com]