Un’altra tigre in gabbia

In by Simone

Zhou Yongkang, ex numero nove dell’Ufficio Politico del Politburo cinese, già a capo di tutto il mastodontico apparato di sicurezza cinese, sarebbe sotto inchiesta per crimini economici. La notizia è un ordigno clamoroso all’interno delle beghe del Pcc benché Zhou non sia mai stato un personaggio particolarmente noto in Occidente.
Il teorema del «mantenimento della stabilità» che ha portato a dieci anni di arresti e repressione, sbandierato dal duo al potere nel decennio d’oro è stato intessuto proprio da Zhou Yongkang, uno degli uomini più potenti della Cina. La sua incriminazione è ancora più clamorosa delle vicende che hanno portato al processo a Bo Xilai, ex leader di Chongqing, recentemente protagonista di un procedimento show, in attesa della sentenza.

E proprio il collegamento tra i due, dati da sempre come alleati, potrebbe essere una delle tante spiegazioni di fronte a questa notizia shock, pubblicata nella mattinata asiatica del 30 agosto dal South China Morning Post di Hong Kong. Stando a fonti citate dal giornale, la decisione di sottoporre Zhou a indagine, sarebbe arrivata durante il meeting estivo di Beidaihe, tradizionale incontro dei vertici del Partito Comunista.

Solo alcune settimane fa, alcune voci serpeggiate tra i corridoi popolati dei beni informati delle vicende interne del Partito Comunista, davano Zhou in una botte di ferro; ci si chiede dunque cosa possa essere cambiato, quali fattori possano essere intervenuti per portare ad un eventuale processo un funzionario del rango di Zhou. Si tratterebbe nel caso, del primo boss politico già appartenente all’Ufficio Politico del Politburo sotto inchiesta, dai tempi della Rivoluzione Culturale.

Muoversi e indagare quanto accade nei meandri più nascosti del Partito Comunista è un esercizio divertente quanto ambiguo e difficoltoso; le strade che portano a una reale comprensione della potenziale caduta di un politico del calibro di Zhou sono tante e disparate. Di sicuro tutto sembra partire dall’alto, ovvero da Xi Jinping.

Il nuovo capo del paese, di fronte ad un rallentamento economico che potrebbe assumere toni ben più drastici, sembra intenzionato a stringere le maglie del suo potere, facendo tabula rasa dei potenziali guastatori. In questo caso Zhou, che secondo molti controlla in toto il mercato petrolifero cinese, ex alleato di Bo Xilai, costituisce un pericolo da eliminare.

Sicuramente, ma siamo sempre nel campo delle ipotesi, Xi Jinping ha informazioni più dettagliate di tutti circa quelle voci che diedero in corso un tentativo di colpo di stato a Zhongnanhai, il Cremlino cinese, quando Bo Xilai venne messo sotto indagine interna dal Partito. Zhou sembrava essere il protagonista di un clamoroso ammutinamento, bloccato solo dall’intercedere in suo favore, presso l’allora presidente Hu Jintao, di Jiang Zemin. E il grande vecchio della politica cinese, di rimbalzo, potrebbe essere la vittima del siluro a Zhou Yongkang, in un domino tutto cinese.

Eliminare dalla scena politica Zhou e i suoi alleati, significherebbe dare un colpo letale proprio a Jiang Zemin (ancora influente se si pensa che secondo molti osservatori l’attuale Comitato Permanente del PCC sarebbe una sua diretta emanazione). In questo modo Xi Jinping in un colpo solo farebbe fuori due delle correnti che animano l’intensa vita del Partito Comunista; dove non hanno potuto le campagne anti corruzione e la propaganda, sembrerebbe riuscire la sempre «utile» epurazione.

Leggere i segnali, unire eventi distanti nel tempo, provare a interpretare: è l’arte della comprensione degli affari politici cinesi. Così si può pensare a quando alcune settimane fa proprio Jiang Zemin si rese protagonista della classica captatio benevolentiae quando elogiò pubblicamente il vigore di Xi Jinping, tratteggiato come l’uomo forte di cui la Cina ha bisogno.

C’è poi la chiave Bo Xilai: come abbiamo sottolineato a margine del suo processo, il Partito Comunista e tutto l’intrigo vero, quello politico, è rimasto fuori dalle testimonianze di Bo. Secondo alcune fonti, rivelate dal New York Times, in realtà Bo avrebbe fatto riferimento ai giochi di potere del Partito Comunista, ma quella parte di testimonianza sarebbe stata censurata al pubblico. Che Bo si sia «venduto» il suo vecchio alleato Zhou per motivi politici ancora misteriosi? O solo per una condanna più mite? Supposizioni, naturalmente.

Zhou sarà presumibilmente indagato per crimini economici e tutte le supposizioni puntano sull’inchiesta in corso nei confronti di top manager della China National Petroleum Corporation. Un feudo di Zhou, attualmente nel mirino dell’ufficio investigativo del Partito. Il cerchio si stringe e se Bo era un pesce grosso, Zhou Yongkang potrebbe essere la prima «tigre» a finire nel sacco del repulisti ordinato dal sempre più potente Xi Jinping.

[Scritto per il Manifesto; fotocredits: mostwantedchineseplayingcards.com]