Toshio Suzuki, il vento caldo degli anime

In by Gabriele Battaglia

Armato di curiosità, ha lasciato il mondo dell’editoria per diventare il celebrato produttore dell’universo Ghibli. Consigliere attento, ma anche complice un po’ dispettoso, è lui a dare il là a tutte le conversazioni. E al contempo, anche oggi è immerso in "ciò che verrà dopo". Una traduzione di China Files. Quando la mano di Toshio Suzuki (65 anni), l’ormai celebre produttore dello Studio Ghibli, ha scostato il telo appeso sulla parete sopra di lui, le persone accorse sono rimaste di stucco. Un coro di “oh” è risuonato nella sala. Sotto il telo, un enorme murales di circa ventidue metri su cui era disegnato un collage con tutti e ventuno i film dello Studio Ghibli. Da Nausicaa della valle del vento a Ponyo della scogliera, fino al più recente Kaze Tachinu (The Wind Rises).

Primo luglio 2013, cerimonia di inaugurazione del murale all’Aeon Cinema Urawa Misono, a Saitama. Suzuki è arrivato con un’aria rilassata; era sorridente in maglietta, giacca leggera e sandali.

Da piccolo, andare al cinema era qualcosa che mi emozionava moltissimo”, ha spiegato ai presenti. “Mi divertivo in quel luogo particolare, pieno di foto di stelle del cinema e locandine. A febbraio di quest’anno ho visitato diversi cinema in tutto il paese. Ciò che ho scoperto è che esistono enormi spazi vuoti. Allora, mi è venuta in mente un’idea: ‘e se questi spazi li riempissero i film del Ghibli?’”. La proposta si è trasformata subito in realtà e in poco tempo i murales dei film Ghibli sono stati messi in tutte e ventisei le sale Aeon Cinema del Giappone.

Nell’estate 2013, Toshio Suzuki, il produttore cinematografico che per trent’anni ha supportato i registi Hayao Miyazaki e Isao Takahata ha lavorato duramente alla promozione del nuovo film di Hayao Miyazaki, Kaze Tachinu, a cinque anni dall’uscita di Ponyo. In origine, anche il nuovo film di Isao Takahata, Storia della principessa Kaguya, sarebbe dovuto uscire negli stessi giorni. Ma causa di un ritardo nei lavori, l’uscita è stata posticipata all’autunno. “Sono trent’anni che siamo allo stesso tempo emozionati e spaventati dalla possibilità che i loro film escano lo stesso anno. È divertente, non c’è niente da fare”, ha detto Suzuki senza riuscire a nascondere la propria soddisfazione. “Di solito, più si invecchia, più l’energia viene a mancare. A quei due, invece, le forze non mancano mai”.

Il giornalista scafato dello “Asagei” e il rifiuto di Miyazaki
Il Suzuki di oggi è un produttore affermato da tempo. Eppure, agli inizi della sua carriera, ha lavorato come redattore in alcuni periodici e riviste. Laureatosi all’università Keio, viene assunto alla Tokuma Shoten. In seguito passa allo Asahi Geino e per un anno e mezzo lavora come giornalista per il settimanale. Cronaca nera, incidenti, scandali: ha scritto oltre 70 reportage, a cominciare da “Gang di bikers e kamikaze”. Nel 1978, Suzuki viene invitato da un suo superiore a entrare nella redazione di Animage, una rivista sugli anime.

All’epoca Suzuki si era interessato dell’anime La grande avventura del piccolo principe Valiant e aveva chiesto un’intervista al regista Takahata e a Miyazaki, che allora faceva parte del team di animatori. Dal loro genio erano già nati gli anime televisivi Heidi, Lupin III e Conan il ragazzo del futuro. Ma i due non avevano nessuna intenzione di farsi intervistare.

Suzuki non si perse d’animo: voleva a tutti i costi portare Miyazaki sulle pagine del settimanale. Così andò da lui per tre giorni di seguito. Il primo giorno, fu respinto con una sola frase: “Non voglio ricevere interviste”. Il secondo giorno non gli parlò nemmeno. Suzuki allora prese una sedia, si sedette vicino a Miyazaki, che intanto proseguiva giorno e notte con i suoi lavori, e gli parlò apertamente. “Comunque aveva voluto aprirmi la porta. Certo, mi aveva negato l’intervista. Ma proprio per questo, ero convinto che se fossi riuscito a fargli qualche domanda, avrei vinto io”.

La sera del terzo giorno, Miyazaki finalmente aprì bocca. Stava disegnando gli storyboard di Lupin III, il castello di Cagliostro. Mentre era al lavoro sulla scena dell’inseguimento, chiese :“Come si dice quando le auto si affiancano? Esiste un termine tecnico?”. Fu cogliendo quest’opportunità che Suzuki iniziò a parlare con Miyazaki. Poco dopo, la notte di quello stesso giorno, il discorso aveva virato sui problemi a scuola del figliodi Miyazaki. “D’accordo. Facciamola, quest’intervista”, disse all’improvviso il regista.

La distanza tra i due si andava rapidamente riducendo. Nel 1981 Suzuki curò uno speciale di 24 pagine su Miyazaki. Era rimasto ammirato dalla straordinaria qualità delle sue storie, aveva riconosciuto in lui un talento eccezionale. Così, a partire dal 1982, Nausicaa della Valle del Vento iniziò a essere pubblicata sulla rivista Animage. Alla fine di quello stesso anno, ne venne deciso l’adattamento cinematografico.

Naturalmente non si può dire che in quegli anni le storie di Miyazaki e Takahata godessero di grande popolarità. Tai Yukari che lavorò a Animage sotto la direzione di Suzuki e poi con lui si spostò allo Studio Ghibli, ricorda così quei momenti:

Anche se tutti avevano capito che i loro lavori erano ottimi, le vendite della rivista calavano ogni volta che dedicavamo ai loro lavori un numero speciale. Ma Suzuki ristabiliva l’equilibrio inserendo Gundam che vendeva di più. Ho sempre pensato che questo suo senso del bilanciamento fosse straordinario. Da caporedattore, aveva l’intuito per decidere che qualcosa doveva assolutamente essere fatto e momenti in cui pensava al profitto, perché in fondo era parte di un’azienda”.

Formati degli appositi comitati di produzione, Suzuki iniziò a produrre un film dopo l’altro: Nausicaa della valle del vento, Laputa castello nel cielo e il mio vicino Totoro. Nel 1985 venne fondato lo Studio Ghibli. Sotto la guida dell’allora presidente Yasuyoshi Tokuma, aveva iniziato a supportare le attività dello Studio mantenendo il suo lavoro di caporedattore in una sorta di strategia di media mix. Ma nel 1989, quando uscì Kiki consegne a domicilio, arrivò il primo vero ostacolo.

Suzuki venne raggiunto da un responsabile Toei. “Forse avrà capito perché la Toei distribuisce questo film. Dentro c’è la Yamato Transport [nota società di spedizioni giapponese, con un gatto nero nel logo ndt] e pensavamo che le prevendite dei biglietti fossero tante quanti sono gli uffici della Yamato in tutto il paese. Ma non è andata così”. Alla fine si era addirittura sentito dire che forse anche per Miyazaki Kiki sarebbe stato l’ultimo film.

Suzuki rimase disorientato. A conti fatti, i risultati al botteghino dei film di Miyazaki erano stati scarsi. Nonostante il giudizio sui suoi lavori fosse buono, gli spettatori restavano scettici. Alle proiezioni congiunte de Il mio vicino Totoro e Una tomba per le lucciole ci furono solo 450mila spettatori in 4 settimane.

Da qualche parte in cuor suo era convinto che a lungo andare sarebbe andata bene perché stava facendo qualcosa di buono. Forse questo atteggiamento era motivato anche dal fatto che la sua occupazione principale era di redattore. Una rivista deve vendere, ma lui aveva voluto fare film slegandosi spensieratamente da quel modello”.

Lo stipendio dello staff raddoppia: successo di contenuti e di botteghino​
Poiché doveva confrontarsi con la dura realtà della Toei, Suzuki iniziò a considerare la necessità di farsi pubblicità. Senza aspettare oltre, si recò alla Nippon Television che fino a quel momento aveva messo in onda i lavori da lui prodotti e, di sua iniziativa, chiese un finanziamento. Anche grazie alla promozione in tv, Kiki – consegne a domicilio sarebbe diventato un successo enorme, superando i 2 milioni 600mila spettatori.

Fu a partire dall’uscita di Omohide poroporo [1991, Only yesterday nella versione internazionale, ndt] che Suzuki iniziò a rendersi veramente conto del carattere commerciale dei film. “Basta”, si oppose Miyazaki che dopo Kiki pareva intenzionato a chiudere lo Studio Ghibli. “Pensavo che per uno studio tre film fossero sufficienti. Invece ne abbiamo già fatti cinque. Se ne facessimo altri, rischieremmo solo di rovinare i rapporti tra noi.”

In cuor suo, però, Suzuki pensava che sarebbe stato un peccato e confermò il suo intento di andare avanti. Inizialmente, non trovava un accordo con Miyazaki. “Per prima cosa devi trasferirti qui, Suzuki. Lascia la rivista”, gli propose il regista. E aggiunse: “Abbiamo collaboratori a progetto. Finito l’incarico, lo studio chiuderà e loro non avranno di che vivere. Assumiamoli a tempo indeterminato e facciamo anche nuove assunzioni”.

Nell’ottobre del 1989, Suzuki, che nel frattempo si era licenziato dalla Tokuma Shoten, si trasferì allo Studio Ghibli. Iniziò a lavorare con grande impegno nella produzione del nuovo film di Isao Takahata, Omohide poroporo. Intanto, aveva raddoppiato gli stipendi dello staff. Significava che anche i costi di produzione sarebbero raddoppiati. Bisognava “azzeccare” il film. D’ora in poi era necessario un altro sistema “con l’obiettivo di vendere”.

“È stato tra i primi a utilizzare il comitato di produzione del film, uno strumento che oggi è la norma, e tra i primi a ridurre il numero delle sale di proiezione delle premiere, in modo da riempirle di spettatori”, spiega Naoya Fujimaki dell’agenzia Hakuhodo parlando dell’abilità di Suzuki. “Insomma, a ogni nuova uscita nelle sale, ha apportato una qualche innovazione nel mondo del cinema”, conclude Fujimaki, che nel 2008 aveva cantato con Nozomi Ohashi il tema principale di Ponyo della scogliera.

Il cd con le canzoni cantate da Fujimaki, in effetti era già piuttosto popolare, visto che era uscito più di sei mesi prima della pellicola. La campagna pubblicitaria del film, invece, era rimasta bloccata fino a tre settimane prima dell’uscita nelle sale per poi partire in un solo colpo con pochissimo anticipo.

Anche questa era una strategia pensata da Suzuki. “Sono convinto che fare un bel film e riuscire a sbancare il botteghino siano cose diverse”, dichiara ora con sicurezza il produttore. “Com’è noto, il successo di un film ha due facce: può essere un successo per il suo contenuto o per il suo incasso. In ogni caso, non accade mai che un film sia un successo a prescindere da un’adeguata campagna pubblicitaria. A meno che non si tratti di un film estremamente importante”.

Anche Kaze Tachinu (The Wind Rises), in uscita quest’estate e che racconta del progettista dei caccia Zero, è originato da un’intuizione di Suzuki. Ancora una volta è stato lui a suggerire di trasformare un fumetto di Miyazaki apparso a puntate su una rivista di modellismo in un lungometraggio. Ma a Miyazaki l’idea di farne un film non piaceva.

Un giorno di agosto 2010, quando Suzuki propose l’idea a Miyazaki, il regista divenne rosso dalla rabbia. “L’abbiamo già fatto, in qualche modo”, si infuriò. In tanti anni di rapporto, era la prima volta che aveva una reazione del genere. Suzuki aveva di che riflettere.

Il fatto è che Miya-san l’aveva disegnato traendo da una complessa riflessione intima sul suo io: glipiacciono molto gli aerei da guerra, ma non la guerra. Era un piacere privato e segreto. Si deve essere interrogato sul perché gli proponessi di fare un film su qualcosa che in cuor suo giudicava di estrema importanza e sul perché gli chiedessi di rivelare a tutti quel suo io così privato, anche se il suo viaggio alla ricerca di se stesso era terminato”.

Suzuki comunque non cedette e in uno dei numerosi colloqui avuti con lui, Miyazaki alla fine rispose: “Mi prendo un po’ di tempo, da qui a fine anno. Provo a pensarci”.

Sapevo che aveva letto libri e guardato documentari sulla guerra. Andava per i settanta e non poteva lavorare ancora a lungo. Ho pensato che certo avrebbe fatto bene a fare un film su questo tema. E poi ero semplicemente curioso di vedere come lo avrebbe disegnato”.

Un giorno di dicembre, Miyazaki, senza anticipare niente a nessuno, si presentò con due proposte di lavoro. In poche parole,la settimana successiva il regista aveva già definito i dettagli delle due proposte che intanto erano convogliate in un unico progetto e a partire dai primi giorni del nuovo anno aveva iniziatoa disegnare gli storyboard difilato. Dopodiché a distanza di due anni e mezzo, vide la luce Kaze Tachinu ispirato alla vita di Jiro Horikoshi, il progettista dei caccia Zero, e al romanzo dello scrittore degli anni Trenta Tatsuo Hori.

Il piacere di un “dispetto” verso il mondo: al lavoro con la stessa curiosità di un bambino
Suzuki-san si è fatto disegnare da due artisti i film che lui stesso voleva vedere. Anche per l’uscita del nuovo film, il Ghibli aveva annunciato che, dopo tutto, un film su un tema simile non avrebbe venduto e che nessuno l’avrebbe distribuito. Eppure, l’hanno fatto uscire lo stesso, pensando che se quel film fosse esistito sarebbe stato divertente vedere tutte le reazioni. È come trarre piacere da un crimine”, è la descrizione di Suzuki fatta da Nobuo Kawakami, presidente di Dwango, azienda di download di video e musica.

Tre anni fa Kawakami, in adorazione per il lavoro di Suzuki, si era dichiarato disposto a entrare allo Studio Ghibli come apprendista; i due hanno poi continuato a partecipare a meeting e conferenze uno di fianco all’altro. Una delle ragioni per cui Kawakami voleva fare un periodo di prova al Ghibli era che continuava “a interrogarsi sugli straordinari risultati al botteghino dei film Ghibli. Infatti, nonostante erano molti anni che lo Studio faceva film ottimi e di successo, a partire da un certo momento in poi, era esploso tutto d’un colpo”.

Kawakami non era riuscito a trattenere il suo entusiasmo per Suzuki che aveva gestito di persona tutto il marketing dello Studio Ghibli. Non gli interessava essere uno in grado di attrarre una massa di decine di milioni di persone attraverso i new media come Niconico video in maniera estremamente pianificata.
Ciò che Suzuki-san aveva intuito è estremamente importante. Non si è fidato di quello che dicono in tanti e ha ragionato su dove stesse la verità. Al mondo le cose che fa possono sembrare scriteriate, proprio perché il generale senso comune le ignora totalmente. Ma in realtà è tutto straordinariamente logico, tutto rientra nella logica di Suzuki”.

La prima volta che ho sono entrato nell’ufficiodi Suzuki allo Studio Ghibli di Koganei a Tokyo, mi sono ritrovato ad affrontare una raffica di domande. Ho avuto l’impressione che mi stesse esaminando, ma in realtà mi stavo sbagliando. Mi sono accorto che voleva semplicemente esprimere con forza il proprio pensiero. Shuichi Kato, Soichi Oya, Musashi Miyamoto, il romanzo storico Daibosatsu Toge, Edward H. Carr, Masakazu Yamazaki, i film di yakuza…Sono rimasto stupito dalla sua grande curiosità, non si è limitato alle persone o alle cose che gli piacevano e di cui avremmo dovuto parlare.

Suzuki mi ha raccontato la sua visione del mondo. “La scala di valori del mondo si fonda su tre opposizioni: giusto o sbagliato; bello o brutto; e divertente o noioso” “Però, nel mondo di oggi la dialettica giusto/sbagliato prevale su tutto il resto. E di conseguenza credo che il mondo sia diventato noioso. Una volta che qualcosa è predeterminato, la vita non fa che diventare più difficile. Bisogna essere tolleranti”.

C’è stato un momento in cui questa tolleranza è emersa a pieno. È successo proprio alla cerimonia di inaugurazione del murales a Urawa. In prima fila tra gli altri spettatori, c’era un attore travestito da Miyazaki. Accortosi dello scherzo, Suzuki lo ha invitato sul palco e lo ha presentato al pubblico. La somiglianza è perfetta e in un istante il pubblico si scalda: un momento spassoso. Anche questo era un fuori programma di Suzuki. In quella situazione sono riuscito a scorgere quel tratto del suo carattere così aperto che lo spinge a fare tutto divertendosi.

Anche Tomoko Yamaguchi è una dei tanti rimasti affascinati da Suzuki. “La prima impressione che ho avuto di lui è stata quella di un ragazzino che dopo la scuola vuole giocare con te. Avendo un’esperienza molto più lunga della mia, lo rispetto moltissimo ma è una persona dal fascino particolare: come quei ragazzini che provano ad avventurarsi alle pendici dei monti o in una città vicina. Quella prima impressione è rimasta tale.

Ha sia quella capacità di giudizio istintivo che riesce a capire in che direzione va il mondo, sia il coraggio di avventurarcisi. Anche se afferma di non liberarsi del suo giudizio da outsider, non ha esitato a dire a Takahata e Miyazaki che genere di film fare. Anche se si trattiene in osservanza alle regole di convivenza tra adulti – ammette con un sorriso – dà sempre l’impressione di essere un bambino”.

Suzuki attrae costantemente persone attorno a sé: tutti vengono rapiti dalla sua umanità e dalla sue parole.

La ricerca del successo in vista del futuro: “se Miya-san si ritira lo faccio anch’io”
Questa volta Takahata e Miya-san hanno lavorato intensamente fino all’ultimo. Forse vista l’età potrebbe essere l’ultimo film per entrambi. È proprio vero che l’animazione è una prova di forza. Per quanta ne abbiano, non è detto che ce la facciano dopo gli Ottanta”, dice Suzuki che aggiunge: “Ho iniziato a lavorare al Ghibli per produrre i film di Takahata e Miyazaki. Se dovessi dire a quale scopo mi sono impegnato perché fossero di successo, direi che l’ho fatto solo perché volevo garantire a entrambi la possibilità di fare ancora un altro film”.

Dall’entusiasmo delle sue parole traspare l’affetto per i due registi: lo si può forse definire lealtà. Gli chiedo allora se ha mai pensato alle future generazioni. “Sarò anche un produttore, ma non ho altri partner di lavoro oltre Miyazaki e Takahata. Non avrei gli strumenti per lavorare con altre persone. Di volta in volta ho incontrato giovani e validissimi autori, ma non ho mai pensato lontanamente di iniziare a lavorare con loro. Se Miyazaki si ritirasse, lo farei anche io. Anche perché finora non mi sono mai fermato”.

Tra i film di yakuza preferiti da Suzuki c’è La tomba dell’onore (Jingi no hakaba di Kinji Fukasaku). A un certo punto, tira fuori la frase di Rikio Ishikawa, lo yakuza protagonista che nelle battute finali del film si suicida. Con la sua grafia decisa, Suzuki scrive rapidamente con il pennello quelle parole su un foglio davanti a sé. Poi me le mostra:
Trent’anni di risate e feste sfrenate”.
L’anno prossimo dall’uscita di Nausicaa della valle del vento, saranno passati giusto trent’anni.

*Haruo Isshi
Nato a Matsumoto, prefettura di Nagano. Saggista. Con Kyouki no hidari saidobakku (letteralmente Il difensore sinistro pazzo) ha vinto il primo Premio Shogakukan per la saggistica. Tra i suoi libri Tamashii no mori o ike (Attraversa nella foresta degli spiriti) e Kofukuna Shokudosha (Il vagone ristorante della felicità)

[Tradotto per Internazionale. Foto credit: zimbio.com]