The Leftover of the Day – “Ama” il giapponese tuo…

In by Simone

Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
4 agosto 2010, 11:46
"Ama il giapponese tuo…

Dimenticatevi i viaggi attraverso l’Italia. I ristoranti da cercare freneticamente per soddisfare l’esigente palato del vecchio capo. Le domande da mal di testa sulla storia minima di ogni luogo e città visitati. Dimenticate tutto questo.
Quello che è rimasto – quel che è diventato con il nuovo giapponese – sono squallide gite di mezza giornata all’Ipercoop Laurentina.
Giuro. Da che sta qui, ci siamo mossi solo tre volte. Una per un’intervista al Presidente della Fnsi e le altre due per dei succulenti servizi sull’ “oggetto strano dall’Italia”. Appunto: all’Ipercoop. Il primo era la bat box; il secondo una serie di merendine per i bambini, facenti parte della campagna “Dolcetto e scherzetto”.
A questo punto di surrealtà siamo arrivati. Perché non basta scrivere l’articolo sulle cazzate – e ci sta perché ne leggiamo tanti così, figurarsi – ma bisogna andare fino a lì per fotografare le merendine e comporre un’immagine gradevole con i pacchetti di merendine e scartare le merendine e vedere le poesie dentro alle merendine e persino tradurle, le poesie. C’è il direttore del supermercato che è più imbronciato di me e si vede che è solo una seccatura, io mi vergogno a tradurre le domande del reporter giapponese incallito: “Quali sono gli ingredienti delle merendine? Perché sono naturali? Allora non ci sono pesticidi? Piacciono ai bambini? Di chi sono le poesie? Cosa dicono le poesie? Quante poesie ci sono dentro i pacchetti?”. E così via, con quello che, come l’altro la volta precedente, ne sa meno di me. Io se non altro ho letto il comunicato stampa. E il giapponese, nonostante tutto, non molla: “Perché è una campagna importante? Cosa volete dire ai bambini? Come reagiscono i bambini ai sapori naturali?”

Non va meglio quando si tratta di affrontare argomenti più seri. Anzi.
Ha scritto un articolo sulla P3. Già la storia di per sé è complessa, lui poi davvero non c’ha capito nulla. Un giorno mi sprofonda la scrivania con un papiello di domande per un’intervista e in quel momento realizzo il naufragio di ogni possibilità di reciproca comunicazione e comprensione. Nei giorni precedenti gli avevo redatto un breve report dei fatti salienti e gli avevo dato da leggere tutti gli articoli in inglese. Quello che mi ritrovo tra le sue domande non ha alcuna attinenza con quello di cui parlano i giornali: è chiaro che non ha alcuna idea di cosa possa essere un’associazione segreta, non si è nemmeno letto su wikipedia cos’era la P2… basti dire che tra le domande che voleva ponessi a qualche giornalista ce n’era una sul legame tra l’arricchimento dei tre della P3 e le trame politiche. Chissà dove l’avrà letta ‘sta questione dell’arricchimento personale (una volta tanto che non era quello di cui si parlava).

Idem per il divorzio Fini-Berlusconi. Mi chiede, il giorno della separazione dei due: “Ma Berlusconi ha detto che manderà via i ministri finiani?”
“No”, rispondo, “almeno non per ora”
“E Fini, che ha detto Fini?”
“What do you mean?”
“Se Fini ha detto che vuole cacciarli?”
Spalanco gli occhi: “Fini è il presidente della Camera, non può cacciare nessuno dal governo!”
Tempo qualche giorno e mi dice che da Tokyo gli suggeriscono di scrivere un pezzo sulla conversione dell’ex-fasciasta Fini in uomo moderato, difensore della legalità e delle istituzioni. Dico: “Bene, è un’ottima idea, è un personaggio di rilievo, senza dubbio”. Gli racconto velocemente di Fini e del suo excursus. Più tardi, quando sto per lasciare l’ufficio, mi ferma e mi fa: “By the way, are you really interested in Fini?”
Stavolta aggrotto la sopracciglia: che voglia chiedermi delle mie simpatie politiche: “What do you mean?”
Così mi chiede se, per il suo articolo, mi è possibile leggere un libro su Fini e fargli un riassunto.
No comment.

Ultima nota a margine: i giapponesi in Italia restano sconvolti dai lavoratori dell’Ama. Lui vede un cartello e cerca spiegazioni sull’Ama, cos’è, è pubblica, è privata, ecc. Mi dice che in Giappone lavorano alla pulizia delle strade solo persone di mezza età, mentre qui ha notato “ci sono molti ragazzi e ragazze, anche molto belli”. Stesso commento del precedente corrispondente che si era pure un po’ innamorato di una spazzina.
Comunque metafora devastante e veritiera del ruolo dei giovani in Italia.

*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)