Taiwan, non c’è soltanto il fattore Cina

In by Gabriele Battaglia

Domani seggi aperti a Taiwan per le elezioni presidenziali. La candidata dei democratici progressisti, Tsai Ing-wen. è favorita e punta a diventare la prima donna alla guida dell’isola. I nazionalisti al governo scontano il malcontento per l’economia, che questa volta conterà più dei rapporti con la Cina. Questa volta sull’orientamento degli elettori taiwanesi l’economia peserà più dei rapporti con la Cina e della questione identitaria. Domani in 18 milioni si recheranno ai seggi per le presidenziali.

I sondaggi danno per vincente Tsai Ing-wen, candidata del Partito democratico progressista, principale forza di opposizione, che strizza l’occhio alle posizioni autonomiste. Eric Chu, candidato dei nazionalisti del Kuomintang ora al governo, rischia invece di scontare il malcontento per i risultati ottenuti dalle amministrazioni del presidente Ma Ying-jeou.

Per il 41 per cento dei taiwanesi le performance economica è il maggior rischio per l’isola. A fine dicembre lo Yuanta-Polaris Research Institute, uno dei principali centri di ricerca del Paese, ha tagliato le stime di crescita a +0,8 dall’1,1 per cento previsto a settembre. Sul rallentamento pesano il calo delle esportazioni e le aspettative sulla domanda globale.

Le tematiche economiche si intrecciano comunque ai rapporti con la Cina che, pur essendo il principale partner commerciale, continua a non accettare un rapporto da Stato a Stato. Negli otto anni di presidenza di Ma c’è stato il riavvicinamento con Pechino, fino allo storico incontro di novembre tra il leader taiwanese e il presidente cinese Xi Jinping.

Il faccia a faccia ha riaffermato il cosiddetto consenso del 1992, in base al quale esiste un’unica Cina, concetto interpretato dalle due parti a loro piacimento. Tsai, che potrebbe diventare la prima presidente donna, non si è espressa apertamente contro tale principio.

Come sottolinea la Us-China Economic Security Review Commission, il risultato avrà ripercussioni commerciali. Il Pdp è per la partecipazione al Tpp, l’accordo di libero scambio Transpacifico a guida Usa. I nazionalisti invece guardano alla partnership economica promossa da Pechino.  

[Scritto per MF-Milano Finanza. Foto credit: straitstimes.com]