Snowden? No comment

In by Simone

Per quanto ufficialmente nessuno si sia ancora espresso, la vicenda di Snowden, la fonte degli scoop che hanno imbarazzato il sistema di controllo dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale americana e l’amministrazione Obama, sta creando una vera e propria crisi tra Cina e Stati Uniti. La questione ricade su una generale situazione che vede ampi campi di conflitto potenziale tra i due paesi: ci sono questioni commerciali, questioni legate alla sicurezza e equilibri geopolitici.
L’incontro informale tra Xi Jinping e Obama ha vissuto nell’ombra delle clamorose dichiarazioni di Snowden che ieri al quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, ha aggiunto il carico da novanta: da anni gli Stati Uniti effettuano controlli via internet sui cittadini di Hong Kong e della Cina. Dal punto di vista cinese la beffa è chiara: gli Stati Uniti attraverso report di società di sicurezza e attraverso il Congresso hanno lanciato una sorta di anatema mondiale contro la Cina, rea di spiare e provare a rubare segreti di stato e industriali americani, e invece oggi viene fuori che proprio gli Stati Uniti sono la massima rappresentazione del Grande Fratello.

I media cinesi sono stati letteralmente inondati dalle dichiarazioni di Snowden e l’aria che tira non è per niente buona: «ipocriti» è uno tra gli aggettivi più gentili che vengono riferiti agli americani dai netizen, ma quello che più conta sono i commentatori dei media cinesi, i quali anziché scendere in particolari che sarebbero scabrosi (la Cina fa esattamente la stessa cosa di cui è accusata l’Agenzia di Sicurezza Nazionale) pongono il problema su un più generale piano di fiducia delle relazioni. Il Global Times, spin off in inglese del Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito Comunista, ha scritto che «noi non possiamo considerarci spettatori: se una delle più grande potenze al mondo oltrepassa i limiti su internet, questo finisce per ledere i nostri stessi interessi vitali».

Se prima dell’incontro a Sunnyland tra Xi e Obama alcuni analisti cinesi avevano ritenuto che i rapporti tra le due potenze fossero al minimo storico – paragonando l’attuale periodo al 1972 quando Nixon fece la sua prima visita in Cina – oggi, se possibile, la percezione è ancora peggiore. La Cina, attraverso le voci dei suoi media, tutti ufficiali e filo governativi, accusa apertamente gli Stati Uniti di poca credibilità. Non solo sul piano della sicurezza informatica, perché la vicenda Snowden si riverbera su ogni aspetto della relazione. Un G2 che una volta dichiarato aperto, con i connotati dello storico xin daguo guanxi, ovvero del «nuovo rapporto tra due grandi potenze», già vacilla.

Come può la Cina ora, dicono i suoi commentatori, fidarsi di Obama quando promette correttezza commerciale e pari opportunità alle aziende cinesi di muoversi sul mercato americano? I cinesi si ricordano quando il marzo scorso il Congresso aveva emesso un ordine perentorio alle aziende governative americane, disincentivando l’acquisto di prodotti tecnologici da «aziende di proprietà o collegate alla Repubblica Popolare Cinese».

O ancora, quale credibilità può avere Obama quando si tratta di equilibrare la presenza americana nel Pacifico, tradizionale cortile di casa di Pechino, quando perfino nella conferenza stampa finale l’amministrazione Obama ha sottolineato il nuovo peso che l’Asia avrò nelle proprie strategie?

Dubbi che alimentano un’escalation dei rapporti e che per altro – dal punto di vista americano – sono resi ancora più tetri dalle mosse di Snowden, la cui sicurezza, unita al silenzio ufficiale di Hong Kong e della Cina, fa pensare che il ventinovenne ex Cia abbia qualche garanzia e non stia giocando proprio al buio. E le garanzie, in questo caso, possono arrivare solo da Pechino. Un sospetto che gli americani hanno provato a giocarsi subito, proprio nell’immediatezza dell’uscita dello scandalo e che poi hanno fatto rientrare, forse per non rendere troppo alta una temperatura già surriscaldata.

In questo momento un ruolo importante lo gioca anche il sistema di Hong Kong. Leung Chun-ying, il primo ministro, che nell’ex colonia britannica è chiamato chief executive, in questi giorni era proprio nella tana del lupo, negli Stati Uniti. Di fronte alle domande della stampa sul caso Snowden ha preferito non rispondere. Ugualmente no comment è arrivato da Pechino, mentre l’Fbi nella serata di ieri ha annunciato di aver aperto un’inchiesta a carico di Snowden per aver diffuso informazioni riservate dell’Agenzia Nazionale di Sicurezza.

[Scritto per il Manifesto; foto credits: abandonthecube.com]