Sinologie – L’eredità del maoismo: la nuova sinistra cinese

In Cina, Economia, Politica e Società, Sinologie by Redazione

Negli ultimi anni la sinistra come movimento sociale è continuata a crescere e ad oggi comprende attivisti, operai, studenti, intellettuali progressisti, radicali della classe media e veterani comunisti. Quanto la teoria di Mao e la Nuova Sinistra riescono a influenzare il dibattito politico cinese? La tesi di Asia Marcantoni

A partire dagli ultimi decenni, i dibattiti tra gli intellettuali cinesi hanno acquisito un’importanza globale. Le elaborazioni teoriche discusse in Cina infatti, non riguardano più solo il paese asiatico, ma affrontano questioni che concernono il panorama globale nel suo complesso. La crisi del neoliberismo nel mondo globalizzato, la lotta alle diseguaglianze, la depoliticizzazione e burocratizzazione del partito, non sono problemi esistenti solo all’interno dei confini della Repubblica Popolare. Al contrario, sono questioni mondiali che, nonostante le grandi differenze politiche e culturali, accomunano l’occidente alla Cina odierna. Per gli studi occidentali, dunque, si rivelerebbe molto utile, nonché stimolante, riuscire a comprendere il
pensiero politico cinese, che potrebbe fornire un approccio differente alla comprensione di fenomeni nostrani come la crisi dei partiti politici, nonché valide alternative alle proposte elaborate dall’occidente per la risoluzione delle suddette problematiche mondiali. Questa tesi si pone l’obbiettivo di illustrare le riflessioni politiche elaborate oggigiorno in Cina, ed il rapporto di queste con il potere, fino ad arrivare alla comprensione del quadro politico odierno.

In esso risulta molto evidente il ritorno della dottrina maoista che, rielaborata alla luce degli eventi susseguitisi alla morte di Mao – come l’apertura al libero mercato ad opera di Deng -, ha stimolato la nascita di una nuova corrente di pensiero, il cosiddetto neo-maoismo, che può essere collocato all’interno di quell’area intellettuale che viene definita la “Nuova sinistra cinese”.

L’ analisi si dispiega in tre capitoli. Nel primo si cercherà di fornire le basi per un corretto approccio allo studio della Cina, evitando per quanto è possibile gli stereotipi e la distorsione della mediazione culturale. Sarà inoltre fondamentale abbandonare la visione eurocentrica e contemporaneamente distanziarsi anche da quella sinocentrica, radicatasi nel pensiero cinese fin dall’antichità. Si porrà attenzione alle categorie passate, come “società armoniosa” e “tianxia” che ad oggi, seppur con rinnovato significato, trovano nuovamente spazio nel dibattito politico. Si porrà attenzione sul corretto utilizzo delle categorie di impero, di stato-nazione, di destra e sinistra e di capitalismo e socialismo, poiché all’interno del contesto cinese assumono un significato differente rispetto a quello in uso in occidente. In ultimo si ripercorrerà la storia cinese, con attenzione nello specifico alla caduta dell’Impero nel 1911 e alla nascita della Repubblica cinese, fino alla fondazione della Repubblica Popolare. Si analizzeranno il governo maoista, la svolta di Deng Xiaoping nel 1978, e le presidenze susseguitesi fino ad arrivare ai giorni nostri, mettendo a confronto le politiche di Mao, Deng e Xi.

Come le categorie culturali e politiche cinesi odierne sono imprescindibili dalla conoscenza della storia, così, l’analisi del pensiero politico contemporaneo è imprescindibile dalla conoscenza della dottrina maoista. È per questo che il secondo capitolo sarà dedicato alla vita, alle opere e all’eredità di Mao Tse-tung. L’ideologia maoista ha influenzato e continua ad influenzare i comunisti di tutto il mondo. In Cina il richiamo al pensiero di Mao continua ad essere il nucleo storico e ideologico fondamentale del Partito comunista cinese e, nonostante i cambiamenti intrapresi dai successivi leader, l’eredità storica del maoismo ricopre ancora un ruolo fondamentale nell’identità politica della Repubblica popolare cinese.

Si analizzerà quindi l’operato di Mao, suddividendolo in quattro fasi: il periodo di consolidamento dal ’49 al ’52, quello sovietico dal ’53 al ’58, il Grande balzo in avanti – un grande tentativo di incrementare la produzione agricola, industriale, scientifica e culturale – dal ’58 al ’65 e la Rivoluzione culturale dal ’66 al ’76, che fu un tentativo di mettere in pratica la democrazia economica e di restituire voce al popolo, ma allo stesso tempo anche una lotta sanguinosissima di un gruppo di potere, quello legato a Mao, contro altri gruppi del Pcc. La Rivoluzione culturale fu inoltre una grande rivolta del popolo contro i dirigenti imborghesiti, contro l’eccessiva burocratizzazione dell’apparato statale – la lotta tra la burocrazia e il popolo
è una costante nella millenaria storia cinese – di cui Mao era allo stesso tempo l’esponente principale ed il suo più accanito osteggiatore. Anche gli studenti, incitati da Mao, si ribellarono, organizzandosi in gruppi di Guardie rosse e scagliandosi contro i loro professori, nel tentativo di distruggere la vecchia cultura, le vecchie idee, le vecchie tradizioni ed i vecchi costumi. Il movimento studentesco prenderà poi delle pieghe anarcoidi, finendo però per recuperare vecchie credenze.

Sempre nel secondo capitolo verrà analizzata la dottrina maoista: la concezione di partito, la specifica interpretazione del marxismo-leninismo e il materialismo dialettico, esaminando i pensatori – Hegel, Marx, Lenin e Rousseau su tutti – che hanno influenzato e ispirato Mao, contribuendo all’elaborazione del suo pensiero. Confrontando le opere di Mao con la sua vita emergerà come egli fosse attratto dall’idea di rivoluzione permanente, ma prigioniero della concezione leninista di partito al governo. Ricercò costantemente un possibile meccanismo di controllo da parte della base produttiva e sociale, in modo tale che il potere politico proletario trovasse espressione istituzionale. Il ruolo del partito, secondo Mao, era di consultare le masse, interpretare la loro volontà e attuare politiche nei loro interessi. A questo proposito si analizzerà il principio della linea di massa, indivisibile dal maoismo, che secondo alcuni intellettuali funse proprio da garanzia affinché il partito non degenerasse in un’organizzazione politica
depoliticizzata.

Dalle opere di Mao, inoltre, si evince come il suo pensiero si voglia costituire come pratica rivoluzionaria. Si approfondirà a riguardo la sua teoria del materialismo dialettico, e si vedrà come lo storicismo maoista sia segnato dalla convinzione che il soggetto possa cambiare la storia intenzionalmente: la struttura portante del materialismo dialettico di Mao è proprio la lotta degli esseri umani contro il corso ordinario della storia.

Si rifletterà poi sulla situazione delle classi lavoratrici – nello specifico dei mingong, ovvero dei lavoratori migranti – che, nonostante il ruolo centrale a loro assegnato dalla costituzione cinese, persero importanza con l’avvento di Deng. Si metterà quindi a confronto la condizione dei lavoratori durante l’epoca maoista con quella dei lavoratori nell’epoca post maoista e si noterà come sia scomparso il concetto di lotta di classe, che era alla base della
dottrina maoista. In ultimo si vedrà come alla morte di Mao seguì la demaoizzazione della Cina, e si esamineranno le conseguenze che ha portato il cambio di strategia iniziato con Deng.

Con queste premesse, nel terzo capitolo verrà affrontato il rapporto degli intellettuali con il potere politico. Si vedrà come da parte del governo ci siano stati atteggiamenti ambivalenti nei confronti degli intellettuali, e nello specifico ci si concentrerà sul pensiero politico degli anni ‘80 e ‘90 e la nascita di una nuova formazione intellettuale: la Nuova Sinistra cinese. Sicuramente un punto di svolta per il pensiero politico intellettuale fu la repressione delle proteste studentesche in piazza Tienanmen nell’89; proteste che affondavano le loro radici nei movimenti del 4 maggio 1911, movimento culturale e politico studentesco di matrice antimperialista, che ha portato all’istaurazione della Repubblica cinese, e del Doppio cento del
1986, che si rifaceva a quello dei Cento fiori del ’56 auspicando una politica di maggiore apertura da parte del Pcc.

Da quel momento in poi il rapporto tra Stato e intellettuali non fu più lo stesso. In passato ci furono diversi momenti in cui il partito collaborò con gli intellettuali per la promozione dell’ideologia ufficiale, ma dopo Tienanmen gli studiosi si allontanarono dalla politica. Il dibattito intellettuale non venne completamente annientato, ma si congelò per poi riapparire negli anni ‘90 totalmente rinnovato, dinamico e capace di andare oltre le limitazioni che gli erano imposte. La nascita di una cultura popolare, le disparità sociali che si vennero a formare dopo più di un decennio di riforme, la differenza di reddito tra chi lavorava per le imprese statali e chi lavorava per quelle private e l’attenzione per il funzionamento dei sistemi economici dell’Asia orientale, stimolarono l’interesse sulle possibili alternative per lo sviluppo sociale ed economico della Cina. Al centro di questi nuovi dibattiti c’era l’analisi sulle conseguenze che l’apertura al libero mercato aveva portato. La liberalizzazione infatti portò ad una forte
inflazione, ad una nuova ed emergente classe di capitalisti che guadagnò con speculazioni e manovre disoneste, alla corruzione dilagante e all’aumento del divario tra ricchi e poveri. Ad oggi il quadro politico poggia sulla dicotomia che vede nell’ala sinistra i sostenitori del socialismo di stato, e in quella di destra i sostenitori dell’economia liberale e capitalista.

Tuttavia il paesaggio della sinistra è molto più complesso, essendo composto da almeno due correnti. La prima è incarnata dagli estremisti di sinistra, che sono i più radicali sostenitori delle politiche maoiste. La seconda è chiamata appunto Nuova sinistra. La Nuova Sinistra (新左派 xin zuo pai) è una corrente di intellettuali che sostiene l’esistenza di un’alternativa al sistema capitalista globale, auspicandola come via per la propria nazione. Essi non sopportano l’idea di doversi omologare al sistema occidentale, reputando già disastrose le conseguenze che l’introduzione del libero mercato ha comportato.

Generalmente gli intellettuali della Nuova Sinistra criticano l’illusoria promessa dei liberali, che predicavano la possibilità di ottenere un maggior benessere se si fosse abbracciata una serie di riforme. Gli esponenti di questa scuola di pensiero credono che la redistribuzione, della quale la Cina avrebbe enormemente bisogno, non si possa ottenere con la privatizzazione, quanto con la statalizzazione. Essi si battono per una maggiore attenzione alle condizioni dei contadini e degli operai, nei confronti dei quali lo Stato manifesta un forte disinteresse, e per un aumento dell’intervento statale, che secondo loro è l’unico modo per creare una società più giusta ed equa. Non credono che l’ingresso nel libero mercato sia stata la strada giusta per la Cina, o perlomeno che non si siano prestate le giuste attenzioni alle conseguenze sociali. La maggiore critica mossa al neoliberismo, infatti, riguarda l’assenza d’interesse per l’uguaglianza sociale e la giustizia, nello specifico per l’eguaglianza nei rapporti sociali tra generi, tra nazioni, tra città e campagne e nella sfera economica. È per questo motivo che i dibattiti sollevati dalla Nuova Sinistra su femminismo, nazionalismo, post-colonialismo, ecologia, Asia e sviluppo possono essere considerati come prolungamenti della critica principale. Nonostante il movimento al suo interno presenti una grande diversità di correnti, la caratteristica comune a tutti i membri di questo gruppo di intellettuali è di voler trovare dei rimedi al processo diseguale di sviluppo, ricercandoli nel rapporto tra politica ed economia. Sono determinati ad estendere la domanda politica di democrazia all’ambito economico, per ricercare una strada verso riforme che siano più condivise e attente all’uguaglianza sociale. La rivalutazione positiva del maoismo sembra essere un altro comune denominatore tra questi intellettuali. Questa rivalutazione, tuttavia, non
esprime il desiderio di una nuova rivoluzione, quanto quello che la politica si ispiri alle istanze egualitarie di Mao e all’idea della democrazia economica, e che si curi della classe lavoratrice. Attraverso l’esame delle condizioni oggettive che hanno portato alla rivoluzione, questi intellettuali cercano di analizzare le possibilità per la creazione di una società più libera, più giusta e più democratica.

Negli ultimi anni la sinistra come movimento sociale è continuata a crescere e ad oggi comprende attivisti, operai, studenti, intellettuali progressisti, radicali della classe media e veterani comunisti. Tanto che, soprattutto dagli anni 2000, quando si parla dell’élite intellettuale della Nuova Sinistra, si è soliti collegarla al suddetto movimento sociale. Questa unione, secondo gli intellettuali, è ciò che è mancato alle proteste di piazza Tienanmen, e che avrebbe portato al successo della rivolta, ed è la stessa unione che auspicava Mao in Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo.
Ci si occuperà infine del neo-maoismo, corrente interna alla Nuova sinistra sempre più in crescita negli ultimi anni, che nasce dalla reazione alla corruzione e all’arricchimento dei quadri e dei dirigenti. Alla radice di questa rinascita del maoismo c’è però una causa assolutamente materiale: il rallentamento dell’economia.

Alcuni concetti della dottrina maoista, come la costruzione di un fronte unito in tempo di guerra, l’idea che tutto ciò che esiste si divide invariabilmente in coppie, e che l’universo stesso è in un perpetuo dinamismo, sono radicati all’interno del tessuto sociale cinese. L’idea maoista di
democrazia popolare ha esercitato una grande influenza sull’intera società. Questi principi riescono a riemergere perché Mao ha fornito una serie di metodi analitici con cui gli intellettuali sono in grado di analizzare il rapporto tra conoscenza, potere, politica ed economia capitalista.

L’eredità del pensiero di Mao quindi è sia oggetto di studio di molti intellettuali della Nuova Sinistra, sia un metodo che questi possono utilizzare per riflettere sulle pratiche politiche contemporanee. Questa tesi perciò vuole proporsi di analizzare cosa rimane oggi della teoria di Mao, di individuare se vi sono speranze per la lotta dei lavoratori nella loro unione con gli intellettuali, di studiare in che misura è possibile il dibattito interno alle università e nelle riviste accademiche e di comprendere se, e quanto, la Nuova Sinistra riesca a influenzare il dibattito politico cinese.

Di Asia Marcantoni

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**Questa tesi è stata discussa all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo nell’anno academico 2019/20. Relatore: professor Stefano Visentin