SINOLOGIE – Il Vaticano nello Shanxi

In by Simone

La tesi La missione cattolica nella provincia cinese dello Shanxi tra XIX e XX secolo illustra la complessa e vastissima storia del cattolicesimo in Cina dal XIII secolo ai giorni nostri. La regione dello Shanxi per via della sua posizione geografica all’estremo asiatico delle vie della seta, fu uno dei punti di avvio del dialogo con l’Occidente e quindi della diffusione dei vari culti cristiani nell’Estremo Oriente.
Le prime tracce dei cristiani nello Shanxi vanno fatte risalire al periodo dell’arrivo dei cristiani nestoriani a partire dal 635 durante il regno dell’imperatore Taizong della dinastia Tang. Nel XIII secolo dei missionari francescani guidati in una missione in Cina dal frate Giovanni da Montecorvino, incontrarono il metropolita d’oriente della chiesa nestoriana chiamato Yahballah III, la di cui famiglia era nativa dello Shanxi, sarebbero questi quindi i primi cristiani Shanxinesi certificati storicamente.

All’epoca delle conquiste coloniali spagnole e portoghesi inizia una penetrazione profonda e radicata nella regione da parte dei cattolici con l’arrivo a Jiangzhou nella parte meridionale della regione del missionario Giulio Aleni, definito il “Confucio d’Occidente” per la sua intelligenza e preparazione nella cultura locale. Da questo momento il cattolicesimo si espanderà sempre più tra la popolazione locale riuscendo a raggiungere anche le impervie terre all’estremo settentrione della provincia nell’arco di un secolo.

Con la Questione dei Riti nel XVIII secolo si ebbe invece una parziale clandestinità a livello legale della Chiesa che bloccò l’attività di proselitismo. In questo periodo ai gesuiti, il cui ordine scomparve, si sostituirono i francescani alla guida del vicariato apostolico dello Shaanxi-Shanxi.

Nella prima metà del XIX secolo, lo stato di semiclandestinità della Chiesa proseguì subendo varie ondate persecutorie. Per difendersi dalle denunce di attività religiosa, i sacerdoti europei si nascondevano nelle case dei fedeli e sempre più davano la possibilità ad aiutanti nativi di amministrare le attività parrocchiali.

Ricordiamo che a questo punto la presenza cattolica nella regione era già vecchia di duecento anni e che quindi si era già andato a formare un panorama di differenze culturali nella forma del culto che spesso indispettiva i missionari occidentali e che creava dei conflitti all’interno della comunità.

In questo contesto la Questione dei Riti va letta come un esplicito atto di ingerenza del Vaticano nella politica cinese, in un momento in cui non tollerava che il culto universale cattolico, come uniformato a quello europeo-romano, assumesse forme e contenuti puramente cinesi, come di fatto avveniva per garantire la stessa sopravvivenza del culto in Cina secondo il modello di adattamento culturale promulgato dai padri gesuiti nel XVII secolo.

Ad un lato la problematica dello scontro culturale tra i missionari occidentali, con mandato ufficiale del Papa, ed i propri fedeli per quanto riguardava numerosi aspetti della religione, dall’altro le questioni eminentemente politiche che inserivano lo Shanxi in un più ampio contesto mondiale. Con la firma dei trattati ineguali infatti, la protezione delle missioni cattoliche avvenne ad esclusiva della potenza francese, la quale garantiva delle pressioni fortissime sul governo centrale cinese in caso di ritorsioni contro i missionari ed i cattolici in genere.

Fu così che i francescani si avviarono nella regione ad un mezzo secolo di forte influenza politica e di allargamento economico nel tessuto della società locale. In poco più di cinquanta anni il numero dei fedeli triplicò dai circa seimila registrati nell 1838 ai 17.330 fedeli dl 1899; ed innumerevoli furono anche le costruzioni di chiese maestose ed altre strutture utili alle attività ecclesiastiche, nonché gli investimenti in attività commerciali ed agrarie.

Numerosi sacerdoti europei accorsero alla missione di Cina e vennero creati nella regione seminari e scuole cattoliche, queste ultime gestite prevalentemente dalle suore, allevate nella moltitudine di orfanotrofi gestiti dalla Chiesa.

Alla fine del secolo esistevano però anche in Europa delle realtà critiche rispetto alla conduzione degli affari religiosi in Cina, come quella di alcuni studiosi dell’università di Leuven. Essi si scagliarono ferocemente contro il francescano olandese vicario dello Shanxi meridionale Martinus Poell, additato come esempio della malacondotta dei missionari europei in Cina.

Poell era accusato di non conoscere la realtà della propria gente e di procedere alle conversioni in massa di persone di dubbia fede attraverso la proposta di un qualche vantaggio economico, o grazie all’aiuto nei processi per quegli accusati di ogni sorta di reato che avessero professato di essere cattolici ed avessero richiesto la presenza di un sacerdote straniero all’udienza, richiamando, di conseguenza, anche la protezione delle potenze militari occidentali.

Le ben evidenti conseguenze negative di questi atteggiamenti sottolineate dagli studiosi di Leuven furono essenzialmente due, tra loro connesse. La crescita di un forte sentimento xenofobo e il calo relativo del numero di conversioni, le quali costituivano il fine ultimo della missione. Sebbene nello Shanxi non vi furono gli scoppi di violenza antistraniera che avvennero nel resto della Cina per via della diminuzione dell’importanza economica e politica della regione avvenuta in quei decenni in favore della crescita di importanza delle aree costiere, la politica di rigetto della cultura locale da parte dei missionari portò ad una difficoltà dell’avvicinamento alle persone comuni verso la conversioni alla fede cristiana.

Con questo sistema fu più semplice arrivare a convertire persone molto povere o di strati sociali spesso avversi al potere costituito, generando un complessivo rifiuto da parte della popolazione che lasciò la presenza cattolica ad una marginalità assoluta rispetto ai circa 13 milioni di abitanti della provincia.

La condensazione degli elementi di disapprovazione della presenza dei cattolici in seno alla popolazione locale assieme ai più grandi movimenti della storia cinese portarono nel 1900 al momento di massima criticità nei rapporti tra comunità cattolica e resto della società ed al pericolo dell’estinzione della presenza cristiana stessa nella regione.

L’arrivo dei guerrieri Boxer nello Shanxi nell’estate del 1900 segnò l’avvio di una guerra civile durata circa tre mesi che portò all’uccisione dei missionari stranieri, nonché allo sterminio di un quarto dei fedeli cattolici ed alla demolizione di gran parte degli edifici della Chiesa se non di interi villaggi.

Questo evento scatenò tensioni accumulate nei secoli, con l’eclatante esplicitarsi di credenze millenaristiche e della credenza profondissima nel magico all’interno della realtà quotidiana. Fu la prima volta che i cristiani vennero attaccati in massa in quanto tali con lo specifico scopo di essere eliminati. Questo cambiò in maniera profonda l’atteggiamento psicologico tra le comunità, tracciando quella che sarà una frattura psicologica per tutto il corso del ‘900 tra cattolici e maggioranza della popolazione.

Nel decennio seguente, parallelamente allo sgretolarsi del sistema culturale e di comando tradizionale, il potere dei cattolici aumentò in ogni campo, e specialmente in quello educativo, dove vennero profusi i maggiori sforzi, data la nuova crescente richiesta di studi di stampo occidentale. In questo solo arco di tempo il numero di fedeli nello Shanxi raddoppiò, ed aumentò anche la loro influenza nella società; infatti ben il 14% dei fedeli cattolici riusciva nei primi decenni del ‘900 ad avere un’istruzione, contro il 2% della media nazionale.

Questo fattore divenne ancora più decisivo con la definitiva abolizione del sistema degli esami imperiali nel 1905, che dette il passo al sistema educativo occidentalizzato. La prima metà del ‘900 sino alla guerra antigiapponese fu il vero periodo d’oro della missione cattolica nella regione. Quello in cui si ebbero il maggior numero di conversioni e in cui l’importanza della presenza cattolica ebbe un’evoluzione in senso positivamente localistico rispetto ai lacci dell’imperialismo europeo.

Con l’affermarsi di una forte ideologia nazionalista non estranea ai fedeli cattolici, il Vaticano decise infatti di avviare una indigenizzazione del clero per accattivarsi a un tempo la popolazione ed i nuovi potenti della Repubblica, nazionalisti cinesi, ma culturalmente occidentalizzati. Con la perdita del controllo territoriale da parte del governo nazionalista ricominciarono con gli anni ’20 una serie di atti di banditismo a scapito dei cattolici dovuti al latente pregiudizio antistraniero della società, ma soprattutto alla ricchezza dei fedeli crsitiani.

Per venti anni tuttavia, nonostante la crescente instabilità politica, la comunità cattolica della regione fu egregiamente trasportata attraverso le turbolenze dai suoi capi missionari, ed anzi si registrò un progressivo miglioramento nei numeri dell’attività pastorale. Allo scoppio della guerra antigiapponese però, essendo la maggior parte dei francescani presenti nella regione di origine italiana, si ebbe un distacco tra questi ed il resto della comunità in quanto alleati degli occupanti.

Allora già erano presenti sul territorio shanxinese ben tre vescovi nativi che si pronunciarono a favore della resistenza nazionale, come da sentimento nella più parte dei cuori dei cattolici locali. L’Internunzio responsabile del settore dell’Estremo Oriente Celsio Costantini si scagliò fortemente contro il coinvolgimento dei cattolici negli affari politici contemporanei.

Padre Vincent Lebbe, originario del Belgio e già cacciato dalla Cina per via delle sue idee ritenute troppo a favore di un clero nativo indipendente, formò addirittura delle milizie cattoliche per combattere, e quando passò dallo Shanxi durante una ritirata fu acclamato come un santo, ricevendo la visita di migliaia di fedeli provenienti da tutta la provincia.

Il periodo della guerra civile tra nazionalsiti e comunisti seguente alla guerra antigiapponese vide invece i cattolici schierarsi compattamente per il fronte nazionalista, al cui esercito vennero anche fornite le strutture della missione come ricovero per i feriti.

Alla sua salita al potere nel 1949 il Partito Comunista Cinese promise la libertà di culto ai fedeli cattolici nella logica del Fronte Unito. Il concetto della libertà di culto venne ribadito nella costituzione del 1950, la presente costituzione cinese, e di fatto venne dato l’ordine di rispettare le proprietà e le persone della comunità cattolica.

Nel decennio seguente però, le nuove autorità comuniste misero in atto un lento strangolamento culturale della religiosità ed un ostracismo sociale verso i fedeli. Il culto cattolico venne in maniera specifica attaccato per i suoi lacci con le entità imperialistiche, ed i credenti invitati al risveglio da un incubo di servilismo durato generazioni.

All’atto pratico vennero messe in campo manifestazioni di massa in cui si faceva propaganda anticristiana e si accusavano i missionari di aver commesso delitti antirivoluzionari o peggio. Allo stesso tempo con l’auspicio del Partito veniva fondato da alcuni ecclesiastici nativi il Movimento delle tre Autonomie, rinominato più tardi Associazione dei Cattolici Cinesi Patriottici, il quale si riproponeva il distacco dalle relazioni con il Vaticano per seguire le posizioni politiche dei comunisti.

Nel 1951 i missionari stranieri presenti nello Shanxi furono arrestati con diversi capi d’accusazione, e poi cacciati, nel 1954 non vi era più un sacerdote straniero sul suolo della regione. Frattanto le redini della missione di Taiyuan furono lasciate al padre He, il quale si allineò con il vescovo ribelle di Shanghai, Gong Pingmei, che rimasto fedele al Vaticano protestava fortemente contro il governo per l’autonomia della Chiesa negli affari religiosi, e come lui venne arrestato nel corso dell’anno 1955, anno in cui gli uomini designati dall’Associazione dei Cattolici Patriottici prendeva il definitivo controllo sulle comunità di fedeli.

Fattivamente, l’Associazione era piena di elementi laici che promulgarono una politica atta allo svuotamento del senso religioso nelle persone ed al rendere difficile la vita per i fedeli. Il Vaticano non aveva più contatti in Cina e sembrava che la realtà cattolica fosse in via di svanimento.

Il Movimento di Educazione Socialista precedente alla Rivoluzione Culturale, fu il secondo momento di maggiore criticità nei rapporti tra comunità cattolica e resto della società cinese per i fedeli dello Shanxi. La campagna fu infatti promossa nella regione con lo specifico compito di rieducare le “intenzioni perverse” di quelli che avevano tenacemente mantenuto la fede nonostante le campagne di diffamazione e le insidie dei vicini non cattolici.

Manifestazioni di massa, studi di gruppo, nonché atti di violenza e tortura vennero perpetrati ai danni dei cattolici per costringerli alla rinuncia della fede, ricreando così una realtà non dissimile a quella della rivolta dei Boxer, credenze millenaristiche mai sopite uscirono fuori e predicatori visionari fecero proseliti radunando fedeli in movimenti di disobbidienza.

Dal 1962 al 1970-71, lo Shanxi fu teatro di fatti di violenza gravissima che tuttavia non scivolarono mai nella guerra civile, anche perché i cattolici non erano in grado di opporsi efficacemente alle Guadie Rosse. Solo con l’arrivo dell’esercito a ristabilire l’ordine la situazione tornò ad una relativa calma, e allora, dopo aver subito tante e tali vessazioni, sembrava che i cattolici avessero finalmente espiato tutte le loro colpe di seguaci imperialisti agli occhi del resto della società.

Dalle aperture degli anni’80 si può in effetti parlare di una riabilitazione della comunità cattolica all’interno della società cinese. Una legalizzazione del suo culto tramite forme giuridiche via via più precise che garantiscono i diritti e doveri del cittadino cinese cattolico, e più in generale credente di qualsiasi altra religione, ha iniziato a svilupparsi a partire dal fondamentale documento numero 19 sulle religioni emanato nel 1982 dal governo.

Per quanto riguarda la comunità dello Shanxi, essa ha avuto con la liberalizzazione una esplosione dell’attività religiosa, con numeri di fedeli sempre maggiori. V’è da dire che i rapporti tra stato cinese e Vaticano, con aperture e passi indietro improvvisi e continui, ha dato forma ad un tipo di culto a un tempo legato alle tradizioni locali ed ad una rete religiosa globale che costituisce una forma comunitaria di raro interesse e che sicuramente darà un forte apporto allo sviluppo delle relazioni tra Cina ed Occidente, con l’autorevole voce di una comunità culturalmente ibrida che ha vissuto sulla propria pelle tutti i grandi contrasti che questa relazione ha creato.

*Luigi Corbelli corbelli.luigi[@]gmail.com Romano, nato il 10 novembre 1991. Dopo il diploma linguistico decide di intraprendere lo studio di una lingua extraeuropea, scegliendo il cinese mandarino. Ama scrivere e studiare perché crede in un certo bisogno di pedagogia culturale, specialmente tra i suoi coetanei.

**Questa tesi è stata discussa presso l’Università degli studi Roma3. Relatore: prof. Mauro Crocenzi.