Shanxi: lo scandalo dei vaccini

In by Simone

«Nello Shanxi, quasi 100 bambini hanno sofferto per malesseri improvvisi. Quattro sono morti. I loro costernati genitori hanno chiesto più volte aiuto, sopportando oneri immensi. Quali sono le cause di queste tragiche malattie? I genitori hanno una loro teoria: “Come può mio figlio contrarre l’encefalite giapponese, dopo che è stato vaccinato contro di essa”? “Mio figlio potrebbe aver contratto l’encefaliomelite acuta per colpa di medicinali assunti contro questa malattia?” I genitori dei bambini puntano il dito contro ciò che avrebbe dovuto aiutare i propri figli: i vaccini! Cosa è andato storto in Shanxi dove ai bambini ne sono stati somministrati migliaia?» Di certo c’è una sentenza di un tribunale dopo la morte di uno di loro: a procurarne il decesso sarebbe stato un vaccino contaminato, scaduto, pericoloso.

Un reportage esplosivo, con alcuni dati cambiati recentemente: sarebbero 136 i casi sospetti e ben 20 le morti. Una taglia della mafia sul suo autore. La risposta delle autorità: articolo cancellato dal web e conferenza stampa di appena quindici minuti per smontare le accuse. Una storiaccia che ormai si è diffusa tra le infinite maglie dell’internet cinese e rischia di diventare enorme come fu lo scandalo del latte alla melamina: una vicenda nascosta e poi esplosa con condanne a morte per molti dei suoi protagonisti. Potrebbe succedere lo stesso. Quattro bambini morti e almeno 74 ammalati in Shanxi, provincia settentrionale cinese. Paradossale: dopo aver ricevuto vaccini contro alcune malattie, sono morti o si sono gravemente ammalati.

Il reportage di Wang Keqin, noto giornalista d’assalto, pubblicato sul China Economic Times attribuiva le cause delle morti e delle malattie ai vaccini, mettendo al centro della propria inchiesta il monopolio da parte della Beijing Huawei Era Pharmaceutical Biotechnology con il beneplacito delle autorità locali, che fin da subito hanno tentato di smorzare i toni della polemica. Così il Southern Metropolis Daily ha perfino pubblicato un editoriale per evidenziare le parti del reportage che ancora necessitavano fonti e dati certi, sottolineando altresì i fatti salienti dell’inchiesta: «un’altra priorità importante da indagare riguarda il rapporto tra la società Huawei (che controllava il mercato locale per i vaccini), il Centro per il Controllo delle Malattie dello Shanxi e il Dipartimento della sanità provinciale dello Shanxi. Dal reportage del China Economic Times emerge in modo chiaro, con un gran numero di fatti a sostegno di questa ipotesi, che la Huawei è una società (privata ndr) di copertura per il controllo monopolistico del settore, creata con lo scopo di generare profitti inattesi».

Le grandi distanze che spesso i vaccini devono percorrere per giungere agli ospedali locali e una scarsa attenzione, potrebbero essere le cause della morte e della malattia di molti bambini, vera e propria fascia debole, spesso colpita dalla corruzione o dal progresso cinese, come nel caso del latte, del terremoto del Sichuan e adesso con i vaccini.

Wang Keqin, l’autore del primo reportage sui fatti, contattato telefonicamente si è rifiutato di parlare, precisando semplicemente di avere provato quanto scritto. In Cina i giornalisti locali non amano concedere interviste a giornalisti stranieri (per alcuni di loro è anche vietato). Su di lui inoltre pesa l’ombra della mafia locale, che in passato – a seguito di suoi articoli di inchiesta – ha posto una taglia sulla sua testa. Da quanto ci è stato dato di capire, tra parole sussurrate rapidamente al telefono, qualcosa di rilevante accadrà a breve, forse altri dati, forse qualche arresto. In Cina funziona così.

Come per il latte alla melamina, quello che sconcerta è la scadenza temporale: anche nel caso dei vaccini contaminati molti dei fatti risalgono al 2008, periodo olimpico (alcuni addirittura al 2005). Un altro enorme danno nei confronti dei bambini cinesi, nascosto e tenuto segreto per consentire alla Cina un’esposizione internazionale serena ai tempi dell’Olimpiade. Nel suo reportage Wang Keiqing intervista genitori, inserisce nomi inventati per garantirne la privacy, ma il quadro è desolante. Come afferma l’editoriale del Southern Metropolit Daily: «molti hanno paragonato questo incidente allo scandalo del latte avvelenato del 2008 e del 2010. Solo quando il fatto è emerso come un grosso problema anche quest’anno, la gente ha capito che la vicenda non era stata affrontata nel migliore dei modi. Guardando indietro, a quel dramma sconvolgente, come operatori della comunicazione sentiamo un profondo senso di colpa».

I nomi dei responsabili sono usciti on line: «c’è collusione tra governo e aziende, una commistione che finisce per favorire la corruzione. I responsabili sono noti: Jian-Guo Tian boss della Huawei, Li Shukai del dipartimento della Salute dello Shanxi e Li Wenyuan ex capo del Centro per il Controllo delle Malattie dello Shanxi», si legge in un forum cinese. Per i presunti colpevoli, il web locale ha già trovato una soluzione: pene severe ed esempio per tutti, per porre fine alla corruzione dilagante che finisce per coinvolgere le vite dei bambini cinesi. Le autorità hanno promesso indagini, qualcosa sembra essersi mosso. Non a caso, dopo aver provato a bloccare tutto, perfino il China Daily, su imbeccata della Xinhua, agenzia governativa, qualche giorno fa, si è occupato della vicenda indicando tra i possibili responsabili, guarda il caso, proprio l’ex capo del Centro per il Controllo delle Malattie: «Ju Xianhua, vice segretario generale del governo provinciale, ha detto in una conferenza stampa che l’ex direttore Li Wenyuan avrebbe violato le regole, collaborando con il produttore di vaccini, la Huawei Company. Li è accusato di appropriazione indebita di 270mila yuan (quasi 30 mila euro, ndr)». Un’affermazione che sembra andare incontro a chi sul web ha esposto la sua teoria: «troveranno un capro espiatorio, lo condanneranno a morte e ci dimenticheremo di tutto».
Già nel 2007 l’ex responsabile cinese per la sicurezza alimentare e sanitaria, Zheng Xiaoyu, era stato giustiziato a seguito di uno scandalo analogo.

[Pubblicato su Il Manifesto il 2 aprile 2010]